Formazione

Master fuffa sono 1.400 , ma il 50% È un bidone

Oggi ne sono attivi 705 di primo livello e 710 di secondo. quelli di carattere sociale sono tra il 5 e il 10 %.La denuncia di due professori.

di Carlotta Jesi

Da zero a 1.400 in tre anni accademici. È l?indice di crescita dei master universitari. L?unico prodotto italiano che non sembra risentire del declino economico e della perdita di potere d?acquisto delle famiglie. I numeri, raccolti dal Centro studi orientamento (Cestor), parlano chiaro: nelle nostre università oggi sono attivi 705 master di primo livello e 711 di secondo livello. Ma attenzione: «Più del 50% non offre un reale plus formativo e competitivo a chi si iscrive», avverte Elio Borgonovi, ordinario di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche della Bocconi. Convinto che i master a tema sociale, tra il 5 e il 10% del totale, non facciano eccezione: «A fianco di programmi formativi che rispecchiano reali competenze maturate all?interno degli atenei, ce ne sono altri che rispecchiano soltanto il bisogno di autocelebrazione di alcuni docenti o l?ingolosimento verso il Fondo sociale europeo». Ingolosimento che, in parte, per Borgonovi si giustifica con la legge sull?autonomia finanziaria delle università: «Gli atenei si sono visti ridurre i fondi ministeriali e hanno pensato che i master potessero essere una fonte di finanziamento». Ma solo in parte, denuncia Antonio Colombo, presidente del Centro studi orientamento: «Siamo arrivati al punto di fare mercato dello stage: una volta allo stagiaire si dava il rimborso spese, adesso invece glielo si fa pagare 5mila euro spacciandolo per un master di 500 ore, di cui 100 di lezione e 400 di formazione sul campo». Colombo però mette in guardia anche sulle università che vendono tanta teoria e poca esperienza pratica: «Se scorrendo la faculty di un master m?accorgo che ha una presenza predominante di professori universitari su manager e professionisti del mondo del lavoro, devo insospettirmi: non sarà che i docenti impegnati solo alla mattina abbiano deciso di raddoppiarsi lo stipendio facendo lezione al pomeriggio o al sabato? La riforma, purtroppo, in alcune università è stata interpretata così». La riforma, già. Nel 2000, prima dell?entrata in vigore del 3+2, in tutto il Paese si contavano meno di 100 corsi post laurea, e tutti del tipo Mba, i Master of business administration all?americana. Pochi mesi dopo, con l?inizio dell?anno accademico 2001-2002, i master, di primo e secondo livello erano già 500. Le ragioni di questo boom che è andato crescendo in maniera esponenziale fino a raggiungere quasi i 1.500 master? «Con la riforma, molti atenei hanno giustamente pensato che dopo un percorso di tre anni gli studenti non fossero disposti ad altri due anni di studio e che cercassero uno sbocco immediato sul mondo del lavoro», spiega Borgonovi. «Da qui l?idea di lanciare master di primo livello pre esperienza, sul modello dei Master of sciences inglesi, che desse competenze specifiche e facilitasse l?ingresso nel mondo del lavoro». Ciò però non ha impedito che alcuni master venissero usati come specchietto delle allodole per attirare gli studenti verso le lauree di secondo livello: «Dalla legge non è previsto», denuncia il professore della Bocconi, «ma in pratica si fa passare il master come primo anno della laurea specialistica: consegnato il diploma, gli si dice che vale dei crediti buoni per portare a termine il biennio». Il boom Il 3+2, fabbrica di master Nel nostro Paese i master spuntano come funghi. Nel 2000, prima dell?entrata in vigore della riforma universitaria, erano appena un centinaio. E tutti di tipo Mba, i Master of business administration all?americana. A partire dall?anno accademico 2001-2002, però, erano lievitati a 500. E la crescita non s?è fermata nel biennio successivo. Secondo il Centro studi orientamento, che ogni anno realizza una guida ai master italiani monitorando tutti i nuovi titoli proposti dalle università, nell?anno accademico 2002-2003 si contavano mille diversi tipi di master e nel 2003-2004 ben 1.400. Di cui 705 di primo livello e 711 di secondo livello. La percentuale di master che riguardano il terzo settore? Per il Centro studi orientamento si parla del 10% del totale. Un 10% che bisogna stare attenti a valutare per non buttar via tempo e denaro a seguire corsi pensati per far guadagnare gli atenei più che i ragazzi.


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