Non profit

Massimo, un ragazzo dolce

Antonio Papisca, docente di Relazioni internazionali, parla di Ficuciello, suo allievo.

di Carlotta Jesi

La differenza tra il volontario di una ong e un carabiniere in missione in Iraq? “Solo di vocazione. La motivazione è la stessa: portare la pace e difendere la legalità”. Parola di Antonio Papisca, docente di Relazioni internazionali presso la facoltà di Scienze politiche dell?università di Padova, per cui è identico anche l?ideale che oggi spinge tanti giovani italiani, in abiti civili o in divisa, verso l?azione umanitaria: “Un senso di cittadinanza metaterritoriale per cui ci si identifica con valori universali come i diritti umani e la giustizia piuttosto che con un determinato Paese”. Di studenti con questo ideale, il professore ne ha incontrati parecchi. Compreso Massimo Ficuciello, uno dei soldati morti a Nassiriya, che aveva preso la sua seconda laurea proprio con Papisca. Vita: Che tipo di studente era, Massimo? Antonio Papisca: Un ragazzo dolce, ispirato da forti ideali. Convinto che c?è un nuovo diritto internazionale radicato nella Carta delle Nazioni Unite. Un diritto impregnato di etica umana che ha bisogno di istituzioni multilaterali e di corpi di polizia internazionale che lo facciano rispettare. Vita: Anche andando in guerra? Papisca: No. La guerra, nel diritto internazionale di cui parlo, è vietata. Servono militari per far rispettare la giustizia, non per fare la guerra. Massimo, poi, in Iraq c?è andato proprio come volontario. Lavorava in banca. I ragazzi come lui si meritano una classe dirigente diversa. Vita: In che senso, diversa? Papisca: Una classe dirigente che rispetti i loro ideali e che metta davvero in pratica la loro idea di diritto. Perché sentire la pulsione per la pace va bene, ma poi bisogna adottare metodi coerenti. Come ha recentemente detto il Papa, i valori si propongono, non si impongono. Vita: L?hanno stupita le storie dei carabinieri di Nassiriya, uomini in divisa con un dna più da operatori umanitari che da soldati? Gente partita per l?Iraq con l?idea di assistere i bambini, distribuire l?acqua, lenire gli effetti della guerra? Papisca: Neanche un po?. Dopo l?attentato, è venuta fuori un?immagine del carabiniere molto simile a un parroco laico. Una persona vicina ai cittadini, che aiuta, che ha un forte senso di giustizia. In mezzo a ragazzi così, io ci vivo. Sono ragazzi che credono in una cittadinanza di valori metaterritoriale. Vita: Cosa spinge alcuni di loro a darsi alla cooperazione e altri alla carriera militare? Papisca: La vocazione. Quella ha spinto me a suonare il violino e qualcun altro a preferire un altro strumento. Ma il fine di tanti volontari e carabinieri è lo stesso. Pace e giustizia.


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