Mondo
Massima spontaneità in massima organizzazione
Una volontaria racconta il segreto delle "truppe" pro Obama
di Rose Hackman
Giulia Pretz Oltramonti per un’estate ha lavorato gratuitamente nella macchina elettorale. «Un’esperienza entusiasmante» «Obama sa cosa significa e rappresenta il volontariato, non lo rovinerà. La struttura organizzativa che ha creato con il Serve America Act non vuole cancellare la spontaneità dell’impegno personale». Anzi. Giulia Pretz Oltramonti, 24enne italo-americana, ha lavorato come volontaria alla campagna di Obama fin dalla prima ora, nell’Iowa. E considera l’Act come «il naturale proseguimento della campagna presidenziale: organizzazione ai piani alti, ma con un movimento civile radicato sul territorio a rendere possibile ogni sfida sociale».
Vita: Come sei diventata una volontaria di Obama?
Giulia Pretz Oltramonti: Nel 2007 stavo finendo il mio Erasmus a Mosca. Seguendo i primi passi della campagna presidenziale americana, ho cominciato a leggere e ascoltare i discorsi di Obama e ho contattato il suo ufficio a Chicago. In poche ore ho mandato un curriculum, fatto un’intervista telefonica e, in giugno, ero già in Iowa a lavorare alla sua campagna. Non avevamo scrivanie e neppure sedie per lavorare: c’eravamo solo noi e la nostra voglia di fare. Poi, pian piano, sono arrivati tavoli, macchina, benzina, fogli. Tutto donato dai cittadini. Li chiamavamo, per ridere, l’Obama macchina, l’Obama sedia, l’Obama frigo. Perfino i panini che mangiavamo per pranzo erano stati donati da qualcuno. E Obama spuntava spesso in ufficio a chiedere come andavano le cose.
Vita: Che parte ha avuto la macchina dei volontari nella vittoria di Obama?
Pretz Oltramonti: Credo sia stata il suo vero successo. La campagna era sì basata sulla forza dei volontari, ma nulla era lasciato al caso. I volontari erano coordinati e stimolati a fare le cose più diverse per la campagna. Rendendola vera, umana, locale. Quell’estate,avevamo davvero l’impressione di poter cambiare qualunque cosa. E davvero è stato così: ogni singola telefonata, ogni singolo sforzo, ha portato a qualcosa.
Vita: Cosa vi spingeva?
Pretz Oltramonti: Credevamo talmente nel suo messaggio di cambiamento che avremmo fatto qualunque cosa. Io ho personalmente sorretto per ore un’enorme bandiera americana che doveva pendere dalla finestra di un granaio dell’Iowa mentre Barack parlava. Alla vigilia delle primarie, nel gennaio 2008, c’era ancora gente che bussava a ogni porta per mandare la gente alle urne con 30 gradi sotto zero.
Vita: Credi che il vostro spirito sarà in qualche modo modificato dalla legge sul volontariato?
Pretz Oltramonti: No. Il Serve America Act riflette l’uomo Obama e la sua storia. Crede nel cambiamento dal basso e, al tempo stesso, capisce l’importanza di leggi fatte dall’alto. Barack non ha eliminato la vitale spontaneità del volontariato. A capo del progetto Organising for America, per esempio, ha nominato Mitch Stewart, che ho conosciuto personalmente quella prima estate di impegno e che, posso assicurare, lancia progetti sociali costruiti sui bisogni e sulle proposte delle persone.
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