Che giornata! Dentro, i nostri ragazzi hanno partecipato alle ultime otto ore del corso sulla sicurezza. «Massima sicurezza!» Ha sottolineato umoristicamente Mike. Siamo sempre nel nostro laboratorio di sartoria a Opera, alle porte di Milano, nel carcere che viene ancora definito come “il carcere di massima sicurezza!” Più sicuri di così?! «Dovremmo ricevere l’attestato ad honorem!» dice ridendo Hu.
Fuori, al Momo di Marzia all’Isola mi sono fermata per un caffè. Alle pareti le stoffe wax della tradizione africana. Irresistibili. Le compero! E poi il ricavato va all’associazione Diappo che fa belle cose in Senegal. Potremmo fare una collezione africana by Borseggi. E’ da un po’ che l’idea mi ronza in testa. Penso a Rose, Agnes e Teddy, amiche lontane ma vicine di cuore in Uganda e a tutti i loro bambini che da anni accolgono e curano anche grazie a piccoli gesti di amici italiani.
“Chic Afrik”, cosa ne dite? Grembiuli per cucinare zuppe di matoke o gustosi risotti alla milanese, cuscini per morbidi pisolini in casa o tra l’erba pizzichina della primavera, borse e borsine per la spesa e i ricordi. Insomma, un filo che tiene insieme l’Italia con l’Africa. Forse è anche un po’ un dovere. L’Orso d’oro del regista Rosi a Lampedusa ce lo ricorda. Lunedì ne parlo con i ragazzi dentro. Sicuramente piacerà anche a loro.
Prevenire e proteggere. Obiettivi della normativa che regola salute e sicurezza sul lavoro. Un corso obbligatorio e che tutti vivono come banale e noioso, ma per noi dentro è stata un’opportunità e uno scambio. Forse non se l’aspettava neppure Giacomo, ingegnere e insegnante del corso, che non era mai entrato in un carcere.
Da fuori Giacomo ha portato passione e novità. I ragazzi dentro lo hanno certamente stimolato. Ma come spiegare a chi è in carcere da così tanto tempo che anche un corso sulla sicurezza può essere spunto di riflessione? Ero preoccupata. Alla fine del test, abbiamo stilato un nostro personale manifesto: pensa bene. Non sei solo. Previeni i rischi, agisci in sicurezza, proteggi te e gli altri. «Altro che corso sulla sicurezza… Ci fossimo sempre comportati così», sottolinea Mike, «saremmo tutti liberi». Mi ero preoccupata per nulla.
«Liberta è un concetto semplice se non ne sai il significato», ha detto una volta Gabriele durante il suo percorso di riconciliazione. «Tutti i miei compagni di sezione erano pluriergastolani. Io ero il più giovane e colui che aveva ucciso una sola volta. Ero “un cane sciolto”. Facevo a botte con chiunque: guardie o ladri, dottori e direttori; non mi importava nulla. Dovevo essere “uomo assassino” tra tanti assassini. Volevo sentirmi libero. Allora la mia libertà era quella che mi faceva credere che io potevo e dovevo vivere una vita sbagliata. Ora che ho 45 anni mi ritrovo a chiedermi quando sono stato davvero libero». Gabriele è con noi in cooperativa da tempo. Lavora fuori nella serra e dorme dentro. La sua vita sta cambiando. «E’ giunto il momento di dare un senso alla mia alla libertà. Da dove iniziare? Dal dialogo». Onesto e sincero.
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