Sustainability portrait
Per una cultura sostenibile d’impresa serve coerenza
Dalle Lezioni americane di Calvino alla direttiva europea sulla due diligence. Passando per le competenze di chi "fa" la sostenibilità in azienda, senza ridurla a comunicazione e per l'integrazione dei criteri Esg nel business. Dialogo a tutto campo con Marzia Nobili di Credem
L’ultima tra le Lezioni americane, la sesta, quella che l’autore, Italo Calvino, non ha fatto in tempo a terminare, è interessante perché “rovescia” le altre cinque. È la lezione sulla coerenza o consistenza, in cui il personaggio principale è Bartleby lo scrivano tratto dal racconto di Melville, che pronuncia la famosa frase: «Preferirei di no». Questo spunto letterario ha molto a che vedere (anche) con la sostenibilità. Proprio da qui, infatti, si avvia il dialogo con Marzia Nobili, sustainability manager di Credem, nella nuova puntata dei Sustainability Portrait.
Ci svela il legame con le lezioni di Calvino?
Viviamo in un mondo diventato leggero, rapido, in cui la visibilità è dominante. Ma la coerenza è l’elemento principale con cui affrontare il rapporto con la realtà. Coerenza che non è solo un fatto letterario, ma intellettuale e umano, prioritario anche nel contraddistinguere la cultura sostenibile d’impresa.
Riavvolgiamo la bobina. Lei ha iniziato il suo percorso professionale proprio in Credem, come si è intrecciato con i temi della sostenibilità?
Inizialmente, in Credem monitoravamo l’evoluzione della Csr – Corporate social responsibility nell‘ambito della funzione relazioni istituzionali, della quale facevo parte. Dieci anni fa nessuno avrebbe previsto l’accelerazione normativa e di aspettative di vigilanza a cui abbiamo assistito, e che ha determinato una netta biforcazione tra Csr e sostenibilità d’impresa.
Qual è la differenza?
La Csr può essere interiorizzata limitandosi a comunicare gli impegni assunti, mentre la sostenibilità, applicata in senso pieno, richiede l’adozione di criteri Esg utilizzati per misurare i progressi compiuti, per valutare, attraverso i dati, la misura dell’adesione agli obiettivi di sostenibilità e responsabilità. Un cambio di paradigma che ha progressivamente contaminato tutto il Gruppo e che ho vissuto in prima persona.
Che cosa significa fare sostenibilità per una Banca che, senza una produzione diretta, incide molto di più a livello di servizi, finanziamenti e investimenti a famiglie e imprese?
In realtà, viviamo la duplice dimensione della sostenibilità: esercitiamo impatti ambientali e sociali diretti con il nostro modello imprenditoriale e di business, e impatti indiretti attraverso i nostri portafogli di finanziamento e investimento.
Come emergono gli impatti diretti?
Mediante la nostra attività di impresa, che si ripercuote sull’ambiente attraverso i consumi interni – riscaldamento, carburante per la flotta auto aziendale, energia elettrica – e sulla società attraverso, per esempio sistemi di due diligence per garantire etica, integrità e conformità normativa nella gestione del business: assenza di corruzione e riciclaggio, tutela della privacy, sicurezza dei dati e dei processi aziendali nella gestione di oltre 7.800 persone, tra dipendenti e collaboratori
Riguardo a quelli indiretti?
Con i finanziamenti e investimenti indirizziamo capitali verso attività in grado di generare un plusvalore economico, ma che, potrebbero non essere migliorativi per la società e/o a carico del sistema ambientale.
Per questo abbiamo attivato molteplici attività di analisi e monitoraggio con l’obiettivo di garantire l’integrazione e valorizzazione anche dei fattori ambientali, sociali e di governance.
Ad esempio?
Possiamo finanziare un’impresa a diversa intensità carbonica, a seconda del settore in cui opera e delle politiche di transizione che ha eventualmente attivato. Questa impronta, proporzionata alle esposizioni del finanziamento, viene attribuita alla banca, perché sta sostenendo economicamente quel modello di business.
Cosa pensa della direttiva dell’Unione Europea sulla Corporate Sustainability Due Diligence Directive – CS3D che introduce, dal 2026, il dovere di diligenza in materia di diritti umani e ambiente per migliaia di imprese europee e che operano in Europa?
Dobbiamo anzitutto ricordare che gli obblighi introdotti si estendono agli amministratori delle società, che dovranno inserire i processi di due diligence nella strategia aziendale supervisionando l’effettiva attuazione dei processi.E che anche gli stati membri dovranno fornire informazioni dettagliate per consentire alle aziende di sviluppare i piani, istituendo autorità di controllo e sanzionando il mancato rispetto delle norme.
Quale sarà l’impatto per il vostro Gruppo?
Non costituirà un cambiamento dirompente perché l’attuale informativa di sostenibilità già contempla doveri di due diligence in materia di diritti umani e il cambiamento climatico ha già integrato l’agenda strategica. Nel 2024, infatti, abbiamo aderito alla Net Zero Banking Alliance, l’iniziativa promossa dalle Nazioni Unite per accelerare la transizione sostenibile del settore bancario internazionale, allineando i nostri portafogli di prestiti e investimenti di proprietà al raggiungimento dell’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050, in linea con i target fissati dall’Accordo di Parigi sul clima.
Rispetto alla Corporate Sustainability Reporting Directive – Csrd?
Stiamo dando corso a un processo per rispondere in modo più compiuto alla definizione di una strategia climatica in linea anche con la Csrd: dal prossimo anno pubblicheremo una nuova informativa di sostenibilità in linea con gli standard europei.
Questi temi entrano nel dialogo con i vostri clienti-aziende?
L’impatto distruptive della CS3D e della nuova informativa lo vedremo nella nostra catena di approvvigionamento e nei rapporti con le nostre imprese, con le quali già da alcuni anni abbiamo intrapreso un percorso di dialogo e confronto sui temi Esg, perché entrambe le direttive si applicano ed estendono all’intera catena del valore.
Porteranno dei vantaggi per i cittadini e per le imprese?
I cittadini potranno fruire di un maggior livello di trasparenza e le imprese di una maggior attrattività nei confronti di nuovi talenti e investitori, godendo di un accesso facilitato ai finanziamenti.
Quanto la finanza sostenibile incide nel vostro business?
Nel 2023, l’incidenza delle masse sostenibili (secondo la classificazione data negli articoli 8 e 9 del regolamento europeo Sfrd, ndr)) sul totale degli asset under management ha raggiunto un 28%, le emissioni green e social (green bond e social bond) hanno superato il 40% e sono stati strutturati ed erogati nuovi prodotti verdi indirizzati a imprese e consumatori privati, in particolare mutui residenziali dedicati all’acquisto di immobili ad alta efficienza energetica.
I prodotti finanziari sono cambiati nella loro composizione rispetto a dieci anni fa?
Dieci anni fa i portafogli non erano caratterizzati da questi prodotti, ma l’evoluzione normativa e dei gusti dei consumatori sta determinando un cambiamento nella connotazione, che sarà sempre più accentuato da qui al 2050, anche in considerazione del Patto verde europeo, ovvero quell’insieme di iniziative politiche della Commissione europea per raggiungere la neutralità climatica, con obiettivi intermedi al 2030.
Considerando la “Esse”, di ESG, ci può riassumere l’approccio di Credem nella gestione delle persone?
Credem è una banca imprenditoriale moderna con una spiccata vocazione alla creazione di valore, che si riflette nella cultura e nei comportamenti aziendali. Ebbi questa impressione anche da neoassunta. Le politiche di selezione e gestione del personale e i percorsi di crescita riflettono queste caratteristiche e hanno sempre costituto un elemento distintivo.
In che modo?
Le certificazioni acquisite, top employer, equal salary e sulla parità di genere confermano questo livello di ambizione. Anche la diversità è interpretata e integrata in modo imprenditoriale: le differenze, di genere, cultura, esperienze professionale, età, vengono ancorate alla creazione di valore. Il merito, le capacità, la qualità dei comportamenti e la continuità de risultati alimentano questo obiettivo e vengono agiti sia nei rapporti interni sia nell’intera catena del valore. I comportamenti, per esempio, e il livello di soddisfazione dei servizi erogati, interni ed esterni, vengono sistematicamente valutati e si riflettono nelle politiche di remunerazione.
Torniamo agli aspetti peculiari del suo lavoro. Lei è stata la prima esponente di una banca a ottenere la certificazione di Sustainability Manager secondo la prassi UNI/PDR 109/2021. Quali abilità le ha trasferito?
Ho acquisito la certificazione nel 2021, quando l’Ente italiano di normazione ha reso disponibili le prassi di riferimento per definire i requisiti di conoscenza, abilità, responsabilità e autonomia che mi hanno consentito di definire e potenziare le corrette chiavi interpretative che continuo ad applicare quotidianamente per integrare le metriche Esg nel business model. Il rinnovo annuale della certificazione comporta il possesso di determinati requisiti, tra i quali un monte ore di formazione certificata.
Che tipo di dialogo c’è con gli altri Sustainability Manager?
Sono membro di Sustainability Makers, l’associazione italiana di settore, che riunisce oltre 300 Sustainability Manager e che promuove, tra le altre cose, workshop, momenti di confronto e aggiornamento professionale, ricerche e articoli scientifici. Siamo aperti al confronto, ci sentiamo anche informalmente, non necessariamente in occasione di nuovi adempimenti normativi o framework con impatti significativi su business, ma per un rapporto di stima e sinergia di vedute.
Lei è recentemente entrata nel comitato direttivo di Cetif – Università Cattolica. Di che cosa vi occupate?
Faccio parte dello Steering committee sustainable Finance Hub, un board costituito da Ceo, top manager e autorità di vigilanza. Si riunisce ogni sei mesi per indirizzare al meglio le attività di ricerca, analizzare le principali evoluzioni normative a livello europeo e nazionale, condividere le priorità strategiche e interpretare le principali sfide connesse alla trasformazione per offrire supporto al mercato finanziario.
Qual è il progetto che le ha dato maggior soddisfazione nel suo percorso?
L’integrazione della sostenibilità nel modello di governance mediante la creazione di un comitato manageriale dedicato, l’integrazione di obiettivi Esg nel piano strategico industriale e nelle politiche di remunerazione di tutto il Personale più rilevante del Gruppo.
Le rimane spazio per vivere la sostenibilità come un’aspirazione e non solo come una compliance?
Credo che l’aspirazione debba accompagnare ogni percorso professionale, a prescindere dall’ambito e dal ruolo. E che debba essere finalizzata a incidere concretamente nell’attività di impresa per creare valore aggiunto. In questo senso, la sostenibilità non va interpreta come aspirazione alternativa all’attività professionale. La sfida e la soddisfazione si sostanziano nell’integrazione, nella capacità di definire e strutturare l’idea, garantirle il corretto rapporto tra costi e benefici e prenderla per mano nella realizzazione, superando gli ostacoli tecnici e relazionali che, inevitabilmente, si presentano durante il percorso.
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