Cultura

Martini: «donate, ma con gioia»

È morto il Cardinal Martini. Questo lo straordinario messaggio che ha lasciato nel suo ultimo incontro con i volontari di Arché

di Redazione

Il cardinal Carlo Maria Martini è morto. Lo ha annunciato poco fa il Cardinale Scola, attuale arcivescovo di Milano. «Le condizioni di salute del cardinale Carlo Maria Martini si erano particolarmente aggravate ieri sera: Scola aveva immediatamente raccomandato a tutti i fedeli della Diocesi e a quanti l’hanno caro speciali preghiere, espressione di affetto e di vicinanza in questo delicato momento». In mattinata il neurologo Gianni Pezzoli, che da anni lo ha in cura, aveva detto che «dopo l'ultima crisi cominciata a metà agosto non è più stato in grado di deglutire nè cibi solidi nè liquidi. Ma è rimasto lucido fino all'ultimo e ha rifiutato ogni forma di accanimento terapeutico». Nato a Torino nel 1927, il cardinal Martini è stato arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002: lasciata Milano, si è ritirato a Gerusalemme e negli ultimi anni, con il peggiorare del morbo di Parkinson di cui soffre, vive nella casa dei Gesuiti di Gallarate.

È qui che lo ha incontrato di recente Arché, che per festeggiare i vent’anni dell’associazione ha regalato ai suoi volontari e operatori un incontro con lui. Ecco alcuni passi delle risposte del cardinale alle domande dei volontari, pubblicate su L’Arcobaleno, la rivista di Arché.

Alberto: Se un volontario perde entusiasmo, si sentisse troppo affaticato per continuare a remare controcorrente, lei cosa consiglierebbe?
Carlo Maria Martini: Questa è la priorità: la solidarietà è obbligatoria per essere uomini, per essere persone. Avere un’apertura sull’altro fa parte della natura dell’uomo. Dispiace che sia tanto difficile, ma i segni servono per i beni degli altri. Ho trovato molto interessante l’esperienza di alcune coppie che portavano verso gli altri la loro disponibilità nel “movimento della vita per tutti” e guardavano agli altri con delle domande. Non saprei cosa aggiungere di concreto, ma bisognerebbe dire al mondo che la solidarietà è obbligatoria.

Tiziana: Il contesto in cui siamo è sempre meno ricco di pensiero sul significato della sofferenza…
Carlo Maria Martini: Bisognerebbe insegnare la capacità di andare controcorrente. Si tratta di rinunciare a qualcosa, con sofferenza, ma di farlo con gioia. Perché così si raggiunge la vera natura dell’uomo che è fatto per dare all’altro, per parlare, per trovare un contatto con l’altro.

Anna: Come operatori ci sentiamo sempre più impotenti…
Carlo Maria Martini:  È importante rendersi conto di dove si può arrivare perché l’altro possa accogliere il nostro dono. Avere il desiderio di donare, ma non con tristezza. Che il dono sia dato con il sorriso, trasmettere la contentezza nel dare agli altri, non c’è miglior modo. Noi non possiamo fare tante cose, lasciamolo all’angelo custode e a Dio. Ma quel che facciamo, facciamolo con gioia, questo è molto importante.

Chiara: Io sono mamma e lei ha un bellissimo rapporto con i giovani, sincero. Quali sono le cose importanti da tener presenti?
Carlo Maria Martini: La lealtà, la coerenza, la dirittura. Bisogna non fare troppo la predica, perché non serve a niente. Dobbiamo insegnare la capacità di dare qualcosa agli altri e di entrare in dialogo. La capacità del cuore.

Marta: Crede sia utile che la chiesa proponga ai giovani esperienze di volontariato?
Carlo Maria Martini: È utile far fare esperienze ai giovani, invitarli a tirarsi su le maniche e a lavorare. Bisogna pensare che la fede si trova non solo nel cuore, ma anche nelle mani e nei piedi.

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