Sostenibilità

Martina: Grazie per il vostro contributo alla Carta di Milano

Ho letto con estremo interesse le vostre Osservazioni alla Carta di Milano e vi ringrazio per questo interessante e prezioso contributo che pubblicheremo. Ma la Carta non è una "monade senza finestre", ma il risultato di un dialogo lungo, serrato e costruttivo su un tema così centrale quale il diritto al cibo come diritto umano fondamentale.

di Maurizio Martina

Lo scorso 26 settembre in occasione della presentazione alle Nazioni Unite del documento che rappresenta la legacy morale di EXPO che avverrà oggi all’Onu, abbiamo pubblicato un contributo utile a rilanciare il dibattito sui temi affrontati nella Carta e su quelli omessi. Un documento a cui hanno dato un contributo persone e organizzazioni. Ieri il ministro per l'Agricoltura Maurizio Martina ci ha scritto, lo ringraziamo e volentieri pubblichiamo le sue considerazioni.

Ho letto con estremo interesse le vostre Osservazioni alla Carta di Milano e vi ringrazio per questo interessante e prezioso contributo. Essendo, per sua natura, un documento plurale e partecipato, la Carta non può che trarre enorme giovamento dall'accogliere tutte le idee provenienti dal maggior numero possibile di realtà, che contribuiscano anche in maniera critica e ragionata al testo del documento.

La Carta, insomma, non è una "monade senza finestre", ma il risultato di un dialogo lungo, serrato e costruttivo su un tema così centrale quale il diritto al cibo come diritto umano fondamentale.

Vorrei però entrare subito nel merito delle questioni poste dalle vostre Osservazioni. Nella vostra analisi, ritenete che la cornice concettuale attorno a cui si struttura la Carta sia sostanzialmente parziale, aderendo all'"antropologia degli stili di vita" ma non considerando l'"antropologia dei modi di vita".

La Carta di Milano, invero, si struttura su due pilastri: il momento della consapevolezza e il momento della responsabilità. In particolare,consapevolezza significa cognizione della complessità del mondo in cui viviamo, specialmente alla luce delle enormi trasformazioni dense di contraddizioni e dilemmi: nelle sezione "Consapevolezze", infatti, tutto ciò è stato esplicitato quando si afferma che "[siamo consapevoli che] per far fronte in modo sostenibile alle sfide alimentari future è indispensabile adottare un approccio sistemico attento ai problemi sociali, culturali, economici e ambientali e che coinvolga tutti gli attori sociali e istituzionali". In tale parte, dunque, la Carta assume un approccio all'antropologia dei modi di vivere, che chiede alla singolarità "di prendere l'altro sul serio", nelle vostre parole.

La parte delle responsabilità, invece, si è incentrata più sugli stili di vita, per aumentare l'efficacia penetrativa dei contenuti della Carta al maggior numero possibile di sottoscrittori. Non è quindi un caso che si sia scelto di targettizzare gli impegni in quattro macro-categorie: non una parcellizzazione, piuttosto una modalità logica di sistematizzazione delle responsabilità al fine di aumentarne l'efficacia.

È anche necessario fare un'ulteriore considerazione. La Carta di Milano vuole essere uno strumento (promosso dal Governo, ma non governativo) destinato a tutti gli abitanti di questo pianeta. Nella sua fase redazionale e, tuttora, nella sua fase di implementazione e dialogo, non bisogna mai abbandonare un approccio che sia comprensibile al più alto numero di persone possibili. Tale approccio ha implicato un enorme sforzo di rendere divulgativi e accessibili tematiche e problemi estremamente tecnici e complessi, pur non abbandonando mai un approccio scientifico alle questioni.

Nella seconda parte delle vostre Osservazioni, ponete alcune questioni di food policy. La questione dei cosiddetti organismi geneticamente modificati (OGM) è, come ben sapete, estremamente dibattuta sia sotto un profilo tecnico-scientifico (i "rischi naturali", nelle vostre parole) sia sotto un profilo di policy(i "rischi socio-economici"). Non è qui l'occasione di entrare nel merito della questione, che presenta tuttora (nonostante i decenni di dibattito) numerose zone grigie e provoca reazioni estremamente forti.

Le riflessione che proponete sui "rischi" e le proposte d'impegno che formulate per le istituzioni pubbliche, a cominciare dal governo, meritano di essere seriamente prese in considerazione.

Nella Carta si chiede alle realtà industriali e produttive di "investire nella ricerca promuovendo una maggiore condivisione dei risultati e sviluppandola nell’interesse della collettività, senza contrapposizione tra pubblico e privato", di " promuovere la diversificazione delle produzioni agricole e di allevamento al fine di preservare la biodiversità e il benessere degli animali", di "produrre e commercializzare alimenti sani e sicuri, informando i consumatori su contenuti nutrizionali, impatti ambientali e implicazioni sociali del prodotto" e di " contribuire agli obiettivi dello sviluppo sostenibile sia attraverso l’innovazione dei processi, dei prodotti e dei servizi sia attraverso l’adozione e l’adempimento di codici di responsabilità sociale".

Similmente per quanto riguarda la questione del land grabbing, anch'esso argomento estremamente complesso, si può leggere nella Carta un invito alle istituzioni a "rafforzare le leggi in favore della tutela del suolo agricolo, per regolamentare gli investimenti sulle risorse naturali, tutelandole popolazioni locali", a " sviluppare un sistema di commercio internazionale aperto, basato su regole condivise e non discriminatorio capace di eliminare le distorsioni che limitano la disponibilità di cibo, creando le condizioni per una migliore sicurezza alimentare globale", a " declinare buone pratiche in politiche pubbliche e aiuti allo sviluppo che siano coerenti coi fabbisogni locali, non emergenziali e indirizzati allo sviluppo di sistemi alimentari sostenibili", a " promuovere un eguale accesso al cibo, alla terra, al credito, alla formazione, all’energia e alle tecnologie, in particolar modo alle donne, ai piccoli produttori e ai gruppi sociali più svantaggiati".

Pur restando granitico il convincimento che la Carta non debba essere un documento tecnico di food policies, tantomeno di singoli interventi che rischierebbero di diventare un coacervo di tecnicismi, in realtà la Carta è di per sé stessa un documento di food policy, a partire dalla fondamentale dichiarazione che il "cibo non debba mai essere strumento di pressione politica" fino alla sua finalità di dichiarare il diritto al cibo come diritto umano fondamentale.

Rinnovo quindi il mio ringraziamento per il vostro lavoro, ricco di spunti e considerazioni molto approfondite e utili. Il documento è stato pubblicato quale contributo anche sul sito www.carta.milano.it

La Carta, ma in generale la sfida per vincere la malnutrizione e per assicurare il diritto al cibo, ha bisogno di un dialogo continuo e costruttivo tra tutti. E di azioni coerenti.

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