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Marta e Paolo, aperti all’affido, aperti alla vita
Secondo episodio di "Genitori a tempo, genitori e basta", un viaggio nel mondo dell'affidamento familiare a poco più di 40 anni dalla legge che lo istituisce, la 184/83. A raccontare la propria esperienza una famiglia di Misinto (Mb), parte dell'Associazione Papa Giovanni XXIII. Un nucleo accogliente fin dalla sua nascita, anche grazie all'educazione ricevuta negli Scout e all'educazione familiare. Le fatiche e i "no" sofferti
Marta e Paolo, una casa parrocchiale, una casa accogliente, una lunga storia di affido.
Sono loro i protagonisti del secondo episodio di Genitori a tempo, genitori e basta, il podcast di VITA per capire l’affidamento familiare, a poco più di 40 anni, dalla legge che lo istituiva la 184 del 1983.
È un viaggio che ho intrapreso non senza una certa emozione, essendo io stesso genitore affidatario di lungo corso. Un viaggio che vuol provare a raccontare la bellezza, il guadagno affettivo, culturale e umano dell’aprirsi all’altro, senza ovviamente celare le difficoltà, le fatiche, gli incerti possibili.
Un viaggio grazie ai molti che, ancora oggi, – ma purtroppo sempre di meno – si rendono disponibili ad accogliere un minore in difficoltà. Un bambino o una bambina che non possono continuare a vivere nella famiglia d’origine, costretta ad affrontare una fase problematica e in mancanza di risorse familiari ulteriori per garantire la cura e l’educazione di questi piccoli.
Marta e Paolo
Marta e Paolo, dicevamo. Nella loro casa a Misinto, in provincia di Monza e Brianza, ho incontrato due cinquantenni sposati già da molti anni, cresciuti nello scoutismo ed entrambi, una volta uniti in matrimonio, desiderosi di diventare una famiglia accogliente.
Come mi hanno raccontano, lo hanno fatto unendosi all’Associazione Papa Giovanni XXIII che, da Rimini, seguendo il travolgente entusiasmo caritativo di don Oreste Benzi, si è allargata in tutta Italia, ma anche dentro il progetto della Arcidiocesi di Milano, Famiglie a chilometro zero.
Un’esperienza, la loro, che li ha portati ad accogliere interi nuclei familiari di profughi africani appena giunti in Italia o giovani mamme con bambini, di fatto prendendo in affido le une e gli altri, o, ancora, accogliendo bambini con gravi disabilità, come quella che, dopo molti anni, hanno potuto adottare.
Quei no sofferti e il bene del minore
Marta e Paolo mi hanno raccontato anche dei “no” sofferti che, talvolta, hanno dovuto pronunciare, dinnanzi a richieste che superavano le loro disponibilità e le loro forze in quel momento, e anche delle fatiche per i risvolti amministrativi e burocratici che l’affido – che è un istituto regolato dalle legge – può portarsi dietro.
Un racconto però che fa capire bene, comunicandone l’intensità, come l’affidamento familiare sia un’esperienza che, innanzitutto, fa il bene del minore in difficoltà e della sua famiglia naturale, ma anche e soprattutto del nucleo che accoglie, genitori e figli.
Elisabetta, Luciano e gli altri
Nell’episodio n. 1 del podcast, nel caso non lo abbiate ascoltare, potete trovare le voci di alcuni dei protagonisti di questo viaggio, come quelle di Elisabetta e Luciano di Firenze di Famiglie per l’accoglienza, Silvia e Lorenzo di Modena dell’Associazione Kayros, Enrica e Luigi di Piacenza dell’Associazione “Dalla parte dei bambini” – Coordinamento Care, Maria Teresa di Torino dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie – Anfaa, Marcella e Carlo di Cuneo anch’essi di Anfaa. Saranno loro i protagonisti dei prossimi episodi, on air settimanalmente.
Al viaggio si aggiungeranno poi Annalisa e Pasquale dell’Associazione Cometa di Como, Maria Grazia e Fabio di AiBi di Milano e Karin di M’ama Roma.
Un’opportunità
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