Mondo
Marocco: i media sotto tiro
Il caso del giornalista indipendente Ali Lamret, arrestato ieri, provoca preoccupazioni e polemiche
All’indomani della sentenza emessa da un tribunale di Rabat, che gli ha proibito l’attivita’ giornalistica per un decennio, il caso di Ali Lmrabet continua a suscitare reazioni contrastanti nell’opinione pubblica. Il Sindacato Nazionale della Stampa Marocchina (Snpm) ha protestato contro la sentenza, chiedendo un nuovo processo contro Lmrabet, che e’ stato condannato in base a un articolo del Codice penale, ossia ”una norma che non c’entra affatto con il Codice della stampa”. Lmrabet e’ stato condannato in seguito alla denuncia di un’associazione di parenti dei prigionieri trattenuti nei campi della guerriglia saharaoui del Polisario a Tindouf (sud dell’Algeria). Ma lo stesso segretario del sindacato, Younes Moujahid, ha sottolineato che sebbene sia contrario al modo in cui Lmrabet e’ stato processato, ”questo non significa che approviamo i metodi di Lmrabet, e particolarmente il modo in cui si comporta con i suoi colleghi”. Moujahid si riferiva alla recente polemica scatenata dallo stesso Lmrabet, che in un articolo sul quotidiano spagnolo El Mundo ha affermato che i corrispondenti esteri dell’agenzia marocchina Maghreb Arabe Presse (Map) erano agenti dei servizi segreti del paese maghrebino. L’Snpm ha protestato contro l’articolo, ricordando a Lmrabet che molti colleghi della Map erano anche militanti di organizzazioni come Amnesty International, che avevano richiesto la sua liberazione dopo una sua precedente condanna per oltraggio alla Corona. Da parte sua, l’organizzazione Reporters Sans Frontieres si e’ detta ”molto preoccupata” per la sentenza contro Lmrabet, giacche’ ”e’ la prima volta nella storia che un giornalista marocchino e’ condannato a una pena cosi’ pesante per un delitto di diffamazione”, mentre varie associazioni di saharaoui marocchini hanno definito ”troppo leggera” la pena imposta al giornalista. Lmrabet nel suo articolo ha negato l’esistenza di campi di prigionia nel sud dell’Algeria gestiti dal movimento Polisario (saharaoui che si battono per l’indipendenza dal Marocco) in cui sono detenuti da anni civili e militari marocchini saharaoui.
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