Volontariato

Marketing e non profit, ecco gli errori più comuni

Mancanza di chiarezza e decisione, comunicazioni lunghe o "vecchie", poca attenzione ai vecchi sostenitori e ossessione per i social media... Un sito mette in fila gli svarioni più diffusi e prova a suggerire qualche strategia per metterci una pezza

di Gabriella Meroni

Chi non  ha mai concluso un appello con un bel "aiutaci anche tu"? Chi non ha rivisto un comunicato stampa almeno dieci volte, salvo poi non diffonderlo perché superato dagli eventi? Chi non ha controllato febbrilmente i clic ricevuti su internet, disperandosi se erano calati dello 0,1%? Ebbene sono questi e altri gli errori, molto comuni e per questo semplici da evitare, che il blog nonprofitmarketingguide ha messo in fila e dedica agli specialisti del marketing e della comunicazione che ogni associazione (più o meno) ha in staff.

Il sito innanzituto ha intervistato 465 associazioni, cercando di capire quali fossero i comportamenti più diffusi. Il 71%, innanzitutto, di solito chiede genericamente "aiuto" o "sostegno" ai donatori o possibili tali senza ulteriori specifiche; oltretutto questi appelli si rivolgono anche a un pubblico generico, visto che il 50% delle associazioni non punta a un target preciso ma alla "gente". Errore: l'appello deve essere il più specifico possibile (le persone devono sapere subito di cosa vi occupate) e rivolto a un target ben definito; altri trabocchetti da evitare sono quello di stilare piani di comunicazione biennali o triennali (nessuno sa come sarà il mondo della comunicazione tra un anno, figuriamoci oltre) e di farseli dettare da persone che non si occupano di comunicazione, come per esempio il presidente o il capo del personale o dell'amministrazione. Non è il loro lavoro, ascoltateli ma poi decidete in base alla vostra professionalità.

Passando più nello specifico a analizzare lo stile della comunicazione, il report evidenzia come il 57% dei responsabili della comunicazione delle associazioni pecca di autorefenzialità (scrive ciò che potrebbe piacere all'interno, invece che all'esterno) e perde molto tempo a rivedere, correggere e far approvare i testi: occorre invece mettersi dalla parte di chi leggerà, scrivere in modo conciso e diretto (rileggere una volta è sufficiente, poi occorre pubblicare, altrimenti il testo una volta pronto potrebbe essere già vecchio); quanto alla forma, evitare i giri di parole, andare dritto al punto, non scrivere testi lunghi e usare sempre la prima persona invece della terza.

Inutile poi, secondo la guida, spendere tempo e risorse in aspetti troppo particolari della tecnologia: le app spesso non servono (meglio una versione mobile del sito), abbandonate i codici qr (i quadratini che possono essere "letti" dagli smartphone) che non usa nessuno, non siate ossessionati dal SEO e dai clic sul sito o sulle pagine dei social network (sono importanti, ma non dicono tutto) e soprattutto non state sempre a contare, misurare, confrontare, a scapito di quello che conta veramente: lavorare e avere qualcosa da dire.

Interessanti anche gli ultimi consigli di carattere generale: abbandonate il mantra secondo cui è più importante acquisire nuovi donatori che tenersi cari quelli vecchi (la pensa così il 57% delle associazioni, ma è sbagliato, anche perché un donatore perduto difficilmente si riconquista, e andare a caccia di nuovi sostenitori è più arduo e costoso che "coccolare" un vecchio amico), non pensate che "basta dire qualcosa" per essere interessanti e "esserci" (i contenuti sono importanti, eccome), non cercate di fare tutto, tutto insieme e subito (è impossibile) ma soprattutto smettete di camminare sulle uova: siate decisi e diretti, e quello che avete da dire (ammesso che ci sia e sia interessante, ovvio) sarà ascoltato.

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