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Mariupol è lo specchio in cui si riflette il vero volto dell’invasione russa

Al Festival internazionale di giornalismo, le immagini inedite in Italia del documentario sui primi 20 giorni dei raid sui civili. Il racconto di Mstyslav Chernov, il video reporter che con i colleghi Evgeniy Maloletka e Vasilisa Stepanenko - tutti ucraini e tutti dell’Associated Press - hanno rischiato la vita per documentare le prime tre settimane

di Redazione

«Riguardare le immagini dell’assedio di Mariupol – le bombe sull’ospedale pediatrico il 9 marzo 2022, la giovane donna incinta portata via sotto le bombe e che poche ore dopo morirà insieme al suo piccolo – come esercizio necessario per capire cosa accade in altre zone del conflitto ucraino oggi: Bakhmut, Avdiivka e Vuhledar. Un esercizio di memoria, comprensione del presente, ma anche uno strumento per consegnare alla giustizia i responsabili dei numerosi crimini contro i civili».

Ne è convinto, come racconta in un’intervista esclusiva all’AGI, Mstyslav Chernov, il video reporter che con i colleghi Evgeniy Maloletka e Vasilisa Stepanenko – tutti ucraini e tutti dell’Associated Press – hanno rischiato la vita per documentare le prime tre settimane dell’attacco russo alla città portuale che, a marzo dell’anno scorso, era diventata la zona più pericolosa dell’intero conflitto.

“Ovunque le truppe russe si concentrino per puntare a una conquista, la tattica è sempre quella della terra bruciata: bombardare i civili, radere al suolo la città. Mariupol non è solo un simbolo di questa guerra, ma anche lo specchio in cui continua a riflettersi il vero volto dell’invasione russa”, spiega Chernov, a margine del Festival internazionale di giornalismo (Ijf23) che si conclude oggi a Perugia e dove, per la prima volta in Italia, ha presentato con Stepanenko il suo film-documentario “20 Days in Mariupol” (coproduzione Associated Press e Pbs Frontline).

“Mariupol”, continuano i due giornalisti, “si è trasformata in una città fantasma, ma non è l’unica: il 90% dei suoi edifici sono distrutti e saranno semplicemente demoliti e questo sta accadendo in ogni città occupata dai russi, a Popasna, Soledar, sta accadendo a Bakhmut”.

Il fotografo di Associated Press Evgeniy Maloletka ha vinto il World Press Photo of the year per il suo scatto straziante che mostra dei soccorritori che trasportano una donna incinta tra le macerie di un ospedale nella città ucraina di Mariupol nel caos successivo a un attacco russo. L'immagine del fotografo ucraino, del 9 marzo 2022, mostra la donna ferita, con la mano sinistra sull'addome sinistro insanguinato, uno scatto che ha evidenziato l'orrore del brutale attacco russo nella città portuale orientale all'inizio della guerra. La donna, Iryna Kalinina, 32 anni, è morta per le ferite riportate, mezz'ora dopo aver dato alla luce il corpo senza vita del suo bambino, Miron (in italiano Pace). «Per me è un momento che vorrei sempre dimenticare, ma non posso. Questa storia rimarrà sempre con me», ha detto Maloletka in un'intervista prima dell’annuncio. Mamma Iryna se n’è andata mezz’ora dopo quella foto. La foto di quel trasporto infelice che ha vinto il World Press Photo, tra i premi più prestigiosi al mondo. I russi negarono il bombardamento dell’ospedale.

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