Sostenibilità in retromarcia
Europa senza Esg? I rischi maggiori sono per noi
Marisa Parmigiani interviene in qualità di presidente dei Sustainability Makers sulle proposte del pacchetto Omnibus dell’Ue che riguardano la sostenibilità: fanno perdere «la bussola strategica per portare il mondo economico a un cambio di paradigma verso un modello sostenibile». Ne risentiranno le singole aziende, il sistema produttivo e quindi la società
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All’interno del primo pacchetto Omnibus pubblicato dalla Commissione Europea ci sono alcune proposte per la modifica degli obblighi previsti dall’Ue in ambito sostenibilità che certamente rispondono alle difficoltà di moltissime aziende nel rispondere alla Csrd, andando a semplificare processi e fornendo una dilazione temporale utile per chi si stava attrezzando per essere compliant alla normativa di rendicontazione. Tuttavia, essa contiene alcune proposte che valutiamo come critiche.
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Stop allo sviluppo
Antitutto, la notevole riduzione del numero delle imprese coinvolte nella rendicontazione Esg obbligatoria prevista dalla Csrd, che lascia a tutte le altre – si stima l’80% del totale delle imprese europee – la possibilità di sviluppare una rendicontazione volontaria basata su standard molto basici, non materiali e poco rilevanti. In questo modo non si avvia il percorso trasformativo caratterizzante la Csrd, consolidando uno stato di fatto, invece che promuovere il cambiamento sistemico, possibile solo attraverso lo sviluppo di un approccio strategico basato sul monitoraggio degli impatti e il settaggio di obiettivi strategici.
Troppo limitato nei contenuti e nelle variabili d’analisi, lo standard volontario non favorisce lo sviluppo di una vera integrazione dei criteri Esg nel business aziendale in vista di una transizione sostenibile, proprio per quelle aziende che necessiterebbero di spinte propulsive per riallinearsi alle grandi aziende, già mediamente evolute sul tema.
Diligenza non troppo dovuta
In secondo luogo, l’eliminazione dalla Csrd degli standard specifici di settore nella rendicontazione elimina la possibilità di comparazione fra aziende per gli operatori finanziari e, di conseguenza, il reale indirizzamento delle risorse.
Terzo fattore critico è la notevole riduzione di imprese coinvolte dalla due diligence in materia di sostenibilità (Csddd) che, di fatto, depotenzia anche la due diligence delle imprese obbligate a farlo, soprattutto dal momento che esclude la possibilità di coinvolgere le Pmi, vero soggetto della trasformazione. Un quarto aspetto problematico è l’identificazione della soglia del 10% della tassonomia, che inficia proprio il meccanismo dell’accompagnamento alla transizione.
L’esposizione aumenta
Questi elementi, se tradotti in modifiche effettive, porterebbero con sé almeno tre conseguenze in grado di rallentare enormemente il percorso verso un cambio di paradigma del modello economico secondo criteri di sostenibilità economica, sociale ambientale. Prima, la perdita della bussola strategica necessaria per portare il mondo economico a un cambio di paradigma verso un modello sostenibile. Seconda, la perdita di comparabilità tra aziende obbligate e aziende non obbligate a rendicontare, anche del medesimo settore ma di dimensioni diverse o per numero dipendenti o per ricavi. Terza conseguenza, ma non ultima, un’esposizione pericolosa ai rischi Esg di gran parte del sistema produttivo, invece che accompagnarlo a definire sistemi di monitoraggio e presidi.
Il Deal è meno verde
In sintesi, queste riflessioni ci portano a pensare che più che a una semplificazione stiamo assistendo a un’operazione di riduzione degli oneri economici diretta alle imprese che non avevano ancora avviato i lavori per adeguarsi alle normative Csrd e Csddd. Ci dichiariamo quindi preoccupati poiché vediamo il rischio di un passo indietro nell’implementazione del percorso avviato con il Green Deal. Temiamo che non si creino le condizioni per svolgere le attività volte a rafforzare il Green Deal, per far sì che la finanza europea svolga il ruolo di promotore del nuovo modello di sviluppo e promuova la lotta al cambiamento climatico.
Il confronto continua
Come Sustainability Makers rappresentiamo i professionisti e le professioniste della sostenibilità, le figure protagoniste dei processi di definizione strategica dei percorsi di transizione sostenibile, nonché delle attività di rendicontazione. Siamo tra coloro che vengono maggiormente impattati da questo tipo di proposte e di normative, ma anche tra coloro che meglio conoscono le dinamiche in questo ambito.
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In quest’ottica, in coerenza con la nostra missione di promuovere l’autorevolezza della nostra professione per il bene dell’impresa e della società, nei prossimi mesi proseguiremo con forza nello sviluppo e nel consolidamento di un dialogo proficuo e costante con le istituzioni in primis, e con il mondo associativo e imprenditoriale. È importante il confronto ed è molto importante fare sentire nelle sedi istituzionali la nostra voce di esperti della sostenibilità e di come essa possa essere integrata nel modello di business delle imprese, fornendo nuove opportunità di crescita e di innovazione alle aziende stesse.
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Nel testo, foto da Pixabay
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