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Mario Giro: “In Camerun per consentire all’Italia di fare sistema”

Il viaggio ufficiale del Presidente Sergio Mattarella in Camerun nel 2016 non era uno spot. In questo paese dell’Africa centrale, determinante per la stabilità e la prosperità di un’intera regione, l’Italia fa sul serio. Lo dimostra la missione economica guidata dal Vice ministro degli Esteri, Mario Giro, a Yaoundé dal 12 al 16 febbraio. Il suo soggiorno coincide con il lancio del programma umanitario italiano nel Lago Ciad e la duplice crisi che il governo camerunense deve affrontare nel Nord e nell’Ovest del paese.

di Joshua Massarenti

Vice ministro, quali sono gli obiettivi di questa missione economica?

Con la visita ufficiale del Presidente Mattarella lo scorso anno, l’Italia aveva preso l’impegno di rafforzare il partenariato economico con il Camerun. Siccome alle parole devono seguire i fatti, ci sembrava naturale organizzare una missione economica di sistema. In questa missione mi accompagneranno 70 imprese italiane interessate a investire in questo paese, sono inoltre previsti incontri con rappresentanti del Governo e naturalmente imprenditori camerunensi. La Fiera internazionale delle imprese, special modo piccole e medie, che si svolge a Yaoundé è un’ottima occasione per promuovere la partnership tra i nostri due paesi.

Come spiega questo interesse per un paese che non era ritenuto strategico nelle relazioni Italia-Africa?

E’ in linea con il rinnovato interesse dimostrato dall’Italia in questi ultimi anni nei confronti dell’Africa. Un interesse reso concreto dai tre viaggi ufficiali di Renzi in meno di due anni, quelli di Gentiloni e naturalmente le visite del Presidente Mattarella in Etiopia e in Camerun lo scorso anno. La nostra nuova strategia ci ha spinto ad allargare il ventaglio dei paesi africani con cui relazionarci, non ci sono alternative possibili se si pretende di voler fare sul serio sul continente africano.

Questa missione economica in Camerun è in linea con il rinnovato interesse dimostrato dall’Italia in questi ultimi anni nei confronti dell’Africa.

Finora, avevamo prestato troppo poca attenzione sull’Africa occidentale e centrale, oggi non più. Abbiamo aperto un’ambasciata in Niger e una in Guinea, dove presto faremo un’altra missione di sistema alla quale ne seguiranno altre in Namibia e Zambia, ovvero in Africa australe, altra regione su cui siamo impegnati. Insomma, con l’Africa non si può mica parlare solo di migrazioni! E’ necessario creare partenariati strutturali, che includono anche gli aspetti economici e culturali. L’apertura di un’istituto culturale italiano a Dakar va letta in questo senso.

Come convincere imprenditori italiani ad investire in un paese come il Camerun che non viene ritenuto un modello in tema di lotta contro la corruzione?

E’ sempre molto difficile. Anche perché le nostre imprese hanno spesso paura di avventurarsi in territori come quelli africani che necessitano tante garanzie. Noi le aiutiamo perché siamo convinti che l’Africa offre opportunità enormi, ma bisogna fare un grande lavoro di accompagnamento.

A breve verranno implementati progetti umanitari nelle aree lacustri del Niger, del Nigeria, del Ciad e del Camerun per aiutare le popolazioni civili colpite dal movimento terroristico Boko Haram. Che aiuto porterà l’Italia?

Vita è andata nell’estremo del Nord del Camerun assieme al nostro ambasciatore, Samuela Isopi. Avete visto quali sono le emergenze, a cominciare da quella umanitaria. Secondo l’Onu, ci sono circa 21 milioni le persone colpite dalle violenze, di cui oltre 9 milioni necessitano in modo urgente un’assistenza umanitaria. Non potevamo rimanere fermi con le braccia incrociate. E’ una situazione molto complessa dove più di 150mila nigeriani si sono rifugiati in Ciad, Camerun e Niger, mentre oltre il 90% degli sfollati interni vengono accolti in villaggi da popolazioni autoctone già alle prese con una povertà molto diffusa. A questo si somma l’emergenza ambientale che vede la superficie del Lago Ciad ridursi ad una rapidità mai vista in passato. L’Italia intende rispondere presente attraverso le sue ong e altre organizzazioni della società civile, in partenariato con gli attori locali.

L’Italia intende rispondere presente nella crisi umanitaria che colpisce il Nord de l Camerun e il Lago Ciad attraverso le sue ong e altre organizzazioni della società civile, in partenariato con gli attori locali.

Nei suoi incontri con i rappresentanti del governo, sono in programma discussioni sulla lotta contro Boko Haram e le tensioni che sussistono nell’area anglofona del paese?

Sul problema anglofono, l’Italia è naturalmente favore di un dialogo aperto e costruttivo tra le parti in conflitto, mentre per quanto riguarda Boko Haram, il nostro governo riconosce gli sforzi fatti dal Ciad e dalle autorità dei paesi della sotto-regione, ivi compreso quelle camerunensi che aiutiamo a resistere perché quella del Lago Ciad è un’area transfrontaliera molto povera dov’è facile l’insediamento di gruppi terroristici.

Non ritiene che ci sia stato un uso della forza eccessivo nei confronti chi nell’area anglofona chiede maggiore riconoscimento?

La questione angolofona è un vecchio problema che riappare in maniera ciclica in Camerun. Non mi sembra che la secessione o la separazione possa essere una soluzione.

Amnesty International ha pubblicato un rapporto in cui ha denunciato l’esercito camerunense di violazione dei diritti umani ai danni delle popolazione locali nell’ambito degli scontri armati che oppongono l’esercito e ai terroristi di Boko Bakam. E’ una critica che condivide?

Quella contro Boko Haram è una guerra molto difficile da condurre. Noi cerchiamo di intervenire sulla popolazione civile che soffre delle conseguenze di questo conflitto. Purtroppo è possibile che ci siano degli eccessi, naturalmente consigliamo sempre il massimo rispetto dei diritti umani, i nostri partner lo sanno, nonostante nell’area del Lago Ciad la situazione è molto confusa.

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