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Mario Giro: «Cara Unione Africana, vieni a Lampedusa»

Da Bruxelles, dove ha partecipato all’evento annuale dell’Unione Europea sulla cooperazione internazionale, il viceministro degli Esteri, Mario Giro, annuncia l’invito al presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Fakir, di venire a Lampedusa per toccare con mano la tragedia dei migranti africani.

di Joshua Massarenti

Bruxelles – Ieri il Viceministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, Mario Giro, è stato ospite alle Giornate europee per lo sviluppo (EDD), l’eventuo annuale organizzato dalla Commissione Ue che riunisce leader internazionali, decision makers e operatori del settore. Il viceministro si è presentato a Bruxelles accompagnato dalla direttrice dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), Laura Frigenti, e partecipato alla sessione inaugurale sulla cultura co-organizzata dall’Aics assieme al British Council, il Goethe Institute e undici organizzazioni europee. La prima giornata degli European Development Days è stata segnata dalla firma da parte di tutte le istituzioni europee del nuovo Consenso europeo per lo sviluppo, un documento strategico sulle politiche europee di sviluppo dei prossimi anni. Per Mario Giro è state l’occasione per promuovere il sistema Italia e svolgere incontri bilaterali con presidenti africani e rappresentanti di alto livello della cooperazione internazionale. Su Vita.it, il viceministro traccia un bilancio della sua partecipazione, su cui aleggia la sfida delle migrazioni, e annuncia l’invito rivolto al Presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Fakir, per venire a Lampedusa.

Una presenza importante quella dell’Italia a questa undicesima edizione degli EDD. Perché?

Le Giornate europee per lo sviluppo sono un’occasione importante per confontarsi con il mondo della cooperazione internazionale, capire in che direzione stiamo andando, promuovere il sistema Italia e incontrare in bilaterale paesi partner europei e leader del Sud del mondo. Per quanto riguarda l’Italia, dopo l’adozione della Legge 125 e la nascita dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, ci sembrava opportuno dimostrare ai decision maker e agli operatori del settore che l’Italia c’è.

Che impressioni ha avuto?

La prima giornata è stata sicuramente segnata dalla firma da parte di tutte le istituzioni dell’UE del nuovo Consenso europeo. L’Unione si conferma molto attiva, ovviamente essendo il primo donatore al mondo non potrebbe non esserlo. Sul fronte dei paesi beneficiari dell’aiuto europeo, gli approcci e le sensibilità sono un pò diversi, come giusto che sia del resto.

Le Giornate europee per lo sviluppo sono un’occasione importante per confontarsi con il mondo della cooperazione internazionale, capire in che direzione stiamo andando, promuovere il sistema Italia e incontrare in bilaterale paesi partner europei e leader del Sud del mondo.

A queste Giornate sono presenti alcuni presidenti africani, tra cui Macky Sall del Senegal e Alpha Condé della Guinea-Conakry. Qual’è la loro sensibilità sulle tragedie dei loro migranti?

Non molto alta. Per questo ho invitato il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Fakir, a Lampedusa. Vediamo se accetterà. Il rapporto tra sviluppo e migrazioni aleggia ormai su tutto. Come sappiamo, per l’Italia è una priorità assoluta. Ho avuto un incontro con il Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, per capire a che punto siamo sulle discussioni tra Parlamento, Commissione e Consiglio europei per approvare il piano di investimenti esterni dell’UE nei paesi del Vicinato e africani. Mi dicono che a luglio il Trialogo dovrebbe chiudersi. Ci sono ancora delle divergenze sul ruolo della Banca europea di investimenti riguardo il fondo di garanzia, con la Commissione europea che vorebbe gestire interamente questo fondo, così come la BEI. Ci sono anche divergenze anche all’interno dei vari Stati Membri, tra ministeri degli Esteri dell’UE e quelli delle Finanze.

Qual’è la posizione dell’Italia?

C’è un tentativo di trovare un compromesso per una gestione condivisa del fondo di garanzia tra le due istituzioni. Mi pare una buona soluzione. Lo strumento è pronto, bisogna andare avanti.

I leader africani non sono ancora molto sensibili alle tragedie che colpiscono i loro migranti. Per questo ho rivolto un invito al Presidente della Commissione dell'Unione Africana, Moussa Fakir, di venire a Lampedusa. Vediamo se accetterà.

Dagli incontri bilaterali che ha vuto con alcuni leader africani, che cosa è emerso?

Ho incontrato per la prima volta dalla sua elezione il Presidente del Ghana, Nana Akufo-Addo, che ha espresso la sua volontà di attrarre maggiormente le imprese europee, tra cui quelle italiane ovviamente, nel suo paese. Il Ghana è noto per la sua stabilità e le politiche di buon governo adottate negli ultimi decenni, anche se oggi deve fare i conti con un debito alto, limitando l governo nella sua volontà di dare garanzie sovrane su operazioni economiche per coprirne i rischi. Dal canto suo, il Presidente del Malawi ha chiesto sostegno per il settore sanitario del suo paese, special modo le infrastutture, pressoché inesistenti.

Con il Presidente della Guinea, Alpha Condé, ci siamo invece confrontati sul settore agroalimentare. Presto Conakry manderà a Roma una missione economica e di sviluppo guidata dall’ex direttore generale della FAO, Jacques Diouf, per farci delle proposte concrete su questo settore, special modo nel campo della formazione. Le relazioni tra l’Italia e la Guinea verranno ulteriormente rafforzate con l’apertura entro settembre di un’ambasciata a Conakry.

Condé è anche Presidente di turno dell’Unione Africana. Il Summit Ue-Africa in programma ad Abidjan in novembre è stato oggetto di discussione?

No, l’incontro è stato strettamente bilaterale. Ce nen sono stati altri in un passato recente in cui il presidente dell’UA ha espresso le sue preoccupazione riguardo la necessità per gli africani di essere più chiari con se stessi se vogliono davvero un rapporto di partenariato con l’Europa. Il Summit di Abidjan potrebbe essere una buona occasione per farlo.

Altrettanto importante è stata la bilaterale con il direttore dell’agenzia di sviluppo spagnola, con cui abbiamo discusso del programma che la nostra cooperazione porta avanti in America centrale sulla giustizia minorile nelle carceri penitenziarie e che è stato ampliato con un nuovo programma europeo, assieme agli spagnoli e ai francesi.

Presto la Guinea manderà una missione economica e di sviluppo per fare proposte concrete all'Italia sul settore agroalimentare. Dal canto nostro, apriremo da qui a settembre un'ambasciata a Conakry.

Con la Spagna si profila un’alleanza per contrastare lo spazio occupato da francesi e tedeschi nella cooperazione delegata?

Francia e Germania sono molto presenti perché ognuno di questi paesi dispone di una banca di sviluppo da tanto tempo. Noi l’abbiamo appena lanciata, ora è necessario fare di più e farlo presto.

Cosa manca a Cassa Depositi e Prestiti per diventare pienamente operativa?

Mettere in campo risorse umane adeguate rispetto alla necessità di sostenere programmi in paesi difficili. Sui crediti d’aiuto, Cdp sta andando molto bene. Anche in ambito di cooperazione delegata, si sta muovendo bene, così come l’Aics, che sta passando una selezione per diventare un attore riconosciuto dell’Ue, mentre la Dgcs è piena di richieste.

Qual’è l’interesse di rafforzare la cooperazione delegata?

Vedo tre fattori positivi: offre l’opportunità di consolidare una programmazione congiunta con l’Ue, dimostra l’attenzione di Bruxelles nei confronti del nuovo sistema di cooperazione allo sviluppo e ci insegna a lavorare di più con l’Europa. Certo, è un impegno in più per le nostre strutture e non aumenta il nostro Aiuto pubblico allo sviluppo, ma è importante, sia per l’Italia che per l’Ue.

Foto di copertina: Il viceministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale, Mario Giro, durante la sessione inaugurale delle Giornate europee per lo sviluppo.

Cassa Depositi e Prestiti deve mettere in campo risorse umane adeguate rispetto alla necessità di sostenere programmi in paesi difficili.

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