Welfare
Marilena Natale, la giornalista anticamorra ora è sotto scorta
Sono oltre 20 anni che indaga su politici collusi, sulla monnezza che è diventa l'oro colato della camorra. Sui numeri dei bambini morti di tumore che vengono nascosti. Sulla malasanità. Adesso è sotto scorta, ma non ha intenzione di fermarsi: «Questa terra sta soffocando. La camorra diventa politica e la politica diventa camorra»
di Anna Spena
«Quando tocchi la “monnezza” finisci sempre in mezzo», dice a Vita.it Marilena Natale, la giornalista napoletana finita sotto scorta, dopo Roberto Saviano, Sandro Ruotolo e Rosaria Capacchione, per aver scritto, raccontato e documentato l’operato di quel “trittico perfetto” fatto dal clan dei casalesi; dei vari Schiavone e dei Bidognetti. Ah quella “monnezza” che in Campania per la camorra è diventata ormai oro colato.
Il giornalista Ruotolo, in appoggio a Marilena, ha scritto questo post sulla sua pagina Facebook: «E siamo quattro. Quattro giornalisti minacciati dal clan dei casalesi e finiti sotto scorta. Rosaria Capacchione e Roberto Saviano, il sottoscritto e da qualche giorno anche Marilena Natale, una cronista che opera sui quei territori».
«Anche lei come il sottoscritto per le inchieste sul traffico dei rifiuti. Due considerazioni, la prima: tutta la nostra solidarietà a Marilena. La seconda: il clan dei casalesi, nonostante le decine di arresti anche di recente, si sta riorganizzando. I vecchi capi sono tutti in carcere ma fino a quando non ci sarà continuità nelle investigazioni e soprattutto nelle indagini sui rapporti tra politica e affari non ne verremo fuori. Business dei rifiuti, appalti e rapporti con gli enti locali, estorsioni, imprese mafiose che gestiscono lavori pubblici. Il clan dei casalesi è una montagna di merda».
La giornalista che lavora per il tg Piuenne, il secondo network d’informazione televisivo dello Campania, ha 44 anni. «Il primo articolo l’ho scritto a 20», racconta, «Io non volevo la fare la giornalista ma lo sono diventata perché la mia terra soffocava». Ha indagato su camorra, piattaforme di gioco on line, azzardo, politici collusi.
Lo scorso venerdì pomeriggio l’hanno prelevata per portarla in procura: «”Non si può più muovere senza scorta”, mi hanno dettogli agenti. Mi hanno assegnato un quarto livello: due carabinieri e la macchina blindata».
Intorno agli anni Ottanta in Campania è successo questo: «La politica è diventata camorra e la camorra è diventata politica. Io ho iniziato a seguire i traffici di cemento che veniva utilizzato per la costruzione dell’Asse Mediano. Mentre le inchieste venivano archiviate, alla fine degli anni Novanta, le persone iniziavano a morire».
La notizia della scorta Marilena l’ha presa male: «Malissimo. Non posso vivere con la scorta dietro se voglio fare la giornalista. Nel corso degli ultimi anni ho additato i camorristi in diversi modi, ma non mi sono mai sentita in pericolo. Non conosco il motivo preciso della scorta ma posso immaginare dal mio appoggio al nuovo sito di compostaggio – a norma di legge – che vogliono fare a Casal di Principe. La camorra oggi guadagna anche sul trasporto dei rifiuti dell’umido. Se il sito si fa, la camorra perde soldi».
Qualcuno l’ha accusata di appoggiare l’inquinamento della terra: «Ma quei terreni sono già inquinati; con il sito di compostaggio si potrebbe dare ai giovani del territorio una possibilità di lavoro». Poi a chi le remava contro ha detto pubblicamente: «I figlj e Zagaria so munnezz e stann ancora là». Qualcuno di loro si sarà arrabbiato….
Ma c’è un altro motivo per cui si sta battendo Marilena, che sempre con spazzatura, malasanità, camorra e Stato colluso: le morti dei bambini. In Campania c’è un problema di trasparenza, di verità. Forse c’è sempre stato ma quando si parla bambini morti, ammazzati da tumori che si potevano evitare, nasconderne i numeri equivale ad ucciderli due volte.
«Tonia è morta in ambulanza il 31 ottobre e non ha visto i cinque anni. Alla fine di dicembre, dopo di lei, sono morti altri 13 bambini. Davide aveva sette mesi». Questo è quello che succede quando la camorra mette giù le armi: «Non spara con le pistole ma ammazza lo stesso». Eppure i dati ufficiali raccontano di 5 bambini: «A nessuno conviene parlare di malasanità. In Campania abbiamo medici bravissimi ma strutture fatiscenti e decadenti». La Terra dei fuochi ormai è ovunque: «abbiamo esportato la morte». E per questi non basta il carcere. «Non basta neanche per chi all’inizio degli anni Ottanta aveva coscienza civile per capire quello che stava succedendo e non ha fatto niente».
Foto di Mauro Pagnano/Etiket Cimunicazione
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