Sostenibilità

Mare di Calabria, storia di un suicidio di massa

di Redazione

Sembra proprio che per il mare calabrese non ci sia pace. Dopo un’estate trascorsa, come al solito, tra proteste di bagnanti inferociti e disperati tentativi di arginare una situazione per larghi tratti disastrosa, la notizia della nave dei veleni (ri)scoperta al largo di Cetraro, suona quasi come un requiem per le sempre più illusorie speranze di un’affermazione della nostra regione nel settore turistico. Uccidendo il mare, i calabresi hanno deciso di suicidarsi in massa. Mi riferisco al danno incalcolabile che questa sequela di catastrofi di cui alcune note, altre inattese, altre ancora nascoste per anni, arrecherà all’economia della regione. La verità è che noi, a parte noi stessi e famiglia, ce ne fottiamo di tutto, del mare sporco, della spazzatura abbandonata dove capita, dei boschi che bruciano, dei nostri paesi che fanno schifo solo a vedersi, delle strade disastrate, degli ecomostri di cemento che continuano a spuntare sulle coste. E anzi, se qualcuno prova a realizzare qualcosa di bello, state pur certi che non durerà a lungo, perché qui il bello stona, è un elemento estraneo, va eliminato. Fa male alla vista. Personalmente penso che la proverbiale testardaggine dei calabresi sia in realtà un eufemismo, usato per non offendere la suscettibilità dei troppi “testardi”. Perché ce ne vuole di “testardaggine” per scaricare a mare non dico navi cariche di veleni di ogni tipo, ma le acque luride della villa a mare o del villaggio turistico, pur di risparmiare sulle spese dell’autospurgo. E ce ne vuole di “testardaggine” per continuare a progettare strutture turistiche sulla costa, quando ormai in tutta Italia la nostra regione è diventata il simbolo dello sfregio permanente fatto dal cemento alla passata bellezza selvaggia della Calabria marina. Avessimo sempre un mare pulito (cristallino intendo, non “solo balneabile”), meno spazzatura galleggiante che ci annuncia che è mezzogiorno, potrei pure capire. E invece si continua a riprodurre il pernicioso rapporto diretto che lega la cementificazione delle coste all’inquinamento del mare. Baudelaire ebbe a dire che «all’uomo libero il mare è sempre caro». Si vede che non era calabrese.

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