Welfare

Marco Trabucchi: «Ma la soluzione non è la vigilanza davanti alle scuole»

di Redazione

Gli anziani non saranno più soggetti da assistere, saranno una risorsa. Persone in grado di arrangiarsi da sole. Questo però può avvenire solo ad alcune condizioni». Lo dice Marco Trabucchi, medico e presidente della Società italiana di Geriatria e Gerontologia: «Come ci suggerisce l’Europa, dobbiamo fare in modo che questo enorme numero di anni che ci è rimasto da vivere si trasformi in qualcosa di significativo per le persone e la collettività. Perché questo avvenga dobbiamo fare alcune cose sia sul piano clinico sia su quello sociale».
Che cosa si può fare a livello di salute?
Soprattutto tre cose. Innanzitutto bisogna mantenere una forte attività fisica. È importante sapere che questa può essere iniziata anche in tarda età. È una grande innovazione: non è mai troppo tardi per iniziare a muoversi, non è vero che può funzionare solo per chi ha iniziato da giovane. Poi bisogna mantenere attivo il cervello. Non rinunciare mai agli interessi, alla vita, alle letture. Chi va in pensione con la testa fa sì che le sue funzioni cerebrali vadano a ridursi progressivamente. Infine, bisogna rispondere in maniera adeguata alle malattie. Far sì che la malattia non diventi disabilità. Ci vuole medicina intelligente, non mirata sul singolo sintomo ma mirata a garantire la funzione dell’organismo.
In Italia si fa abbastanza?
Il nostro è uno dei Paesi che pone maggiore attenzione all’invecchiamento. Abbiamo in molte regioni una rete sanitaria in grado di rispondere alle esigenze della terza età. Ma non è una condizione sufficiente, non ci si deve fermare all’aspetto medico. C’è da parte degli anziani molta più voglia di rimanere attivi. Bisogna puntare su questo, ed è un risultato che si può ottenere solo se c’è una forte educazione verso la vita attiva e se la società non mette ostacoli perché si realizzi questa evoluzione.
Di che cos’altro c’è bisogno?
È necessario che attorno all’anziano ci sia una città, intesa come contesto sociale, che ne rispetti la libertà e la dignità. Se la città non realizza atti concreti, si può essere anche in buone condizioni, ma si soccombe alle circostanze esterne. Si deve partire dal problema del lavoro. Il mantenimento di un’attività lavorativa sino in età avanzata è sempre positivo, fatta eccezione ovviamente per i lavori usuranti. Non bisogna fare i lavori da vecchi, quella sarebbe la soluzione peggiore. Non si può confinare l’anziano a fare il vigilante per le scuole o a coltivare il suo orticello. Siamo diversi dai vecchi di quarant’anni fa: prima si era anziani a 65 anni, ora a 75-80. Questi dieci anni di miglioramento della specie vanno utilizzati. Non per produrre di più ma per permettere che il vantaggio biologico ottenuto si realizzi davvero.

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