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Marco Tarchi. Destra o sinistra? No, solo no global
Lo studioso del populismo radicale sta con loro. Anche se nel programma del Forum non lo hanno voluto
Marco Tarchi, direttore delle riviste Diorama Letterario e Trasgressioni, non ne può più di essere confuso «con una destra, quella attuale, con cui non ho nulla da spartire. Sono uno spirito libero». Professore di Scienza politica all?Università di Firenze, autore di importanti volumi su Msi e An, è amico di vari esponenti della Rete Lilliput e di Vita apprezza particolarmente ?l?ala sinistra?: gli articoli di Revelli e Bonomi. Figurava in un workshop sul populismo, oggetto dei suoi studi, ma «causavo imbarazzo e ho declinato. Peccato, ma andrò».
Vita: La spinta del movimento no global si è esaurita?
Marco Tarchi: Assolutamente no. Si tratta di un movimento che si alimenta delle contraddizioni e conflittualità prodotte dallo stesso processo di globalizzazione. Il problema più che altro è di identificazione: qual è l?avversario con cui prendersela? Non certo la globalizzazione come processo, battaglia persa in partenza, quanto, a mio parere, i suoi aspetti più deboli e discutibili. Quelli, ad esempio, che attengono al processo di omogeneizzazione e di perdita d?identità culturale degli Stati nazionali in nome di un finto buonismo cosmopolita che porta a cancellare diversità e differenze.
Vita: Quali le armi teoriche di un movimento che critica la globalizzazione?
Tarchi: La richiesta di una migliore e più forte vivibilità dell?ambiente nel quale viviamo, la necessità di uno stile di vita più sobrio e meno consumistico per i popoli più ricchi, la lotta alle disuguaglianze e la critica di un modello fortemente individualistico e anti identitario che schiaccia beni e interessi comuni, ma soprattutto che va a detrimento dei legami sociali presenti nella società e tra gli individui.
Vita: Scelte gravide di conseguenze anche sullo scenario politico internazionale?
Tarchi: Certamente. Un processo come quello della globalizzazione è scardinante, nei suoi possibili esiti, sia a livello di scelte individuali e collettive che come collante dello Stato e nelle relazioni tra Stati. La globalizzazione porta con sé l?idea di un intervento, politico o militare che sia, planetario e, di conseguenza, l?idea di un gendarme planetario che regge le sorti del mondo: idea che rifiuto in toto.
Vita: Serve ancora la dicotomia destra-sinistra o è meglio il trasversalismo?
Tarchi: Uno sforzo di trasversalismo è, per i movimenti, a mio parere indispensabile anche per operare una critica radicale alla globalizzazione. Ragionare con le categorie di destra e sinistra vuol dire, oggi, passare a lato dei veri processi e conflitti, sfiorarli solo, condurre battaglia di retroguardia, vecchie. Pensi alla Chiesa, che sa prescindere da logiche di appartenenza religiosa e politica e che ha saputo, non a caso, aprirsi alle ragioni del dialogo e del confronto con il movimento no global.
Vita: Lei, personalmente, parteciperà al Forum mondiale a Firenze? O teme i vandali?
Tarchi: Io mi riconosco nel documento promosso dall?ambientalista cattolico Giannozzo Pucci, Non in nostro nome, ma temo che una parte politica voglia solo vedere realizzate le proprie paure. Dall?altra parte c?è un problema di maturità del movimento: oggi vengono veicolate le immagini, più che le idee. Attenti, dunque. Dal fallimento o dal cedimento sul terreno della violenza non ci si risolleva più questa volta.
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