Economia

Marchionne fa l’americano

Fiat esce da Confindustria, strappo sul tema licenziamenti

di Franco Bomprezzi

Nelle prime pagine dominate dalla sentenza di Perugia trova spazio anche la notizia della clamorosa rottura di Fiat, che abbandona Confindustria. Tra Marchionne e la Marcegaglia uno scambio durissimo sul tema delle relazioni industriali con i sindacati, al centro della contesa il contestato art. 8 sul diritto di licenziare.

“La Fiat rompe con Confindustria” è il titolo a centro pagina sulla prima del CORRIERE DELLA SERA. In occhiello: “Il Lingotto: anestetizzato l’articolo 8 sulla possibilità di licenziare. Marcegaglia: non condivido”. L’editoriale in prima, a firma di Dario Di Vico: “Una dannosa separazione”. Ecco il suo pensiero: “L’uscita della Fiat dalla Confindustria, al di là delle differenti opinioni che hanno in materia sindacale, costituisce sicuramente un trauma per l’associazione. Gli industriali di Bergamo ieri sera mentre ascoltavano il duro intervento della Marcegaglia versus Marchionne trattenevano a stento il loro stupore, toni così decisi contro Torino non se li sarebbero mai aspettati. Per non deludere la base e demotivarla la Confindustria, con o senza Fiat, ha una sola carta da giocare: avviare una radicale autoriforma. Del resto nell’epoca del budget zero e della crescita senza spesa pubblica la pratica del lobbismo per ottenere leggine e incentivi andrà in fuorigioco. Il focus della rappresentanza tenderà ad avvicinarsi ai territori e le imprese per sborsare 10 mila euro l’anno vorranno servizi più qualificati e moderni. Emma Marcegaglia questa riforma aveva promesso di avviarla, toccherà al suo successore realizzarla davvero”. I servizi occupano diverse pagine, dalla 10 alla 13. Innanzitutto la notizia: “Sulla prima lettera il logo di Fiat e Chrysler. Sulla seconda quello di Fiat Industrial. Il contenuto è lo stesso: via da Confindustria. Il Lingotto esce. A partire dal primo gennaio 2012 le aziende del gruppo manterranno i legami con le Unioni territoriali cui appartengono. Ma niente più rappresentanza, a nessun livello, tanto meno nazionale: su relazioni sindacali e contratti a Torino faranno da soli”. E poi: “Sa che scatteranno subito le polemiche, Marchionne. Perciòche, nel giro di pochi minuti, da Torino arrivano altri due comunicati. Il primo conferma l’investimento a Mirafiori: lo stand-by finisce, il Lingotto comincerà già l’anno prossimo a installare i nuovi impianti che, dal 2013, produrranno intanto un suv a marchio Jeep (e poi altri modelli basati sulla «versione più aggiornata di una delle tre principali architetture» Fiat-Chrysler). Il secondo guarda a Sud: investimenti anche a Pratola Serra, in provincia di Avellino, per un nuovo motore Alfa”. Raffaella Polato racconta a centro di pagina 13 il retroscena: “Domenica la telefonata di John Elkann «Rischio ricorsi Fiom, costretti a uscire»”. A pagina 11 il CORRIERE  ricostruisce il fitto carteggio fra Marchionne e la Marcegaglia. A pagina 12 Giuseppe Sarcina riporta la posizione della presidente di Confindustria: «Le motivazioni della Fiat non stanno in piedi». Scrive, riportando l’intervento della Marcegaglia a Bergamo: “«Il 28 giugno abbiamo siglato l’accordo, che è stato poi approvato all’unanimità della giunta della Confindustria e sulla base di questo mandato il 21 settembre abbiamo ratificato l’intesa – spiega la numero uno degli industriali – Lungi da me voler fare polemica, ma ricordo che abbiamo chiesto un parere ai tre maggiori giuslavoristi del Paese e tutti ci hanno confermato che l’articolo 8 non viene affatto depotenziato. Mi dispiace Alberto, ma è così». «L’Alberto» in questione è il vice presidente di Confindustria, il bergamasco Alberto Bombassei, titolare della Brembo, consigliere di amministrazione di Fiat Industrial. La linea di frattura all’interno dell’associazione ora è plasticamente visibile davanti a tutti. Bombassei in prima fila, immobile, con le mani incrociate, mentre gli altri applaudono. Fra un paio di settimane le candidature per il dopo-Marcegaglia dovranno essere formalizzate. E molto probabilmente l’avversario della linea corrente sarà proprio Bombassei, ieri di fatto lanciato pubblicamente nella competizione da Gianfelice Rocca (Techint) anche lui vice presidente di Confindustria”. Enrico Marro esplora le reazioni politiche: “La rivincita di Sacconi, ora la tela del dialogo”.  “Il quadro finora gestito da Sacconi – scrive il giornalista – di relazioni imperniate su un solido rapporto con Confindustria, Cisl e Uil, è molto più rassicurante di una situazione dove una variabile Fiat non controllabile potrebbe innescare dinamiche imprevedibili. Non a caso il ministro del Lavoro, che ieri mattina ha avuto un breve colloquio telefonico con l’amministratore delegato, ha voluto commentare la lettera dicendo che «la cosa più importante sono gli investimenti che Marchionne ha annunciato e sono la cosa che ci interessa di più». Poi si vedrà se e come ricucire. Intanto, sembra dire, il governo, Marcegaglia rifletta sui suoi errori”. E nella sua analisi, Enrico Marro annota: “Con l’uscita dalla Confindustria, l’unico contratto che si potrebbe applicare in Fiat diventa invece quello aziendale. E le rappresentanze sindacali, ai sensi dell’articolo 19 dello Statuto, spetterebbero solo ai firmatari. La Fiom, senza firmare, non avrebbe l’agibilità sindacale. Sarebbe fuori dalla fabbrica, come un cobas qualunque, e senza possibilità di appellarsi ai giudici. Questo, almeno, sembra il disegno di Marchionne. Senza contare che il manager sembra deciso ad avvalersi in pieno della possibilità concessa dall’articolo 8 del decreto di Ferragosto di derogare, con le intese aziendali, anche alle leggi, compreso l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (licenziamenti)”.

Spalla in prima su LA REPUBBLICA per lo strappo di Marchionne: “Fiat abbandona Confindustria «fa politica»”. I servizi alle pagine 8 e 9: dal 1 gennaio 2012 il Lingotto non farà più parte dell’associazione in cui è entrata nel 1910 e John Elkann si dimetterà dalla carica di vicepresidente. Dopo un anno da separati in casa, il divorzio arriva in forma epistolare: «Dopo anni di immobilismo» – ha scritto l’ad alla Marcegaglia – «negli ultimi mesi sono state prese importanti decisioni» ma non sono sufficienti, anche l’articolo 8 «limita fortemente la flessibilità gestionale». Parlando con i giornalisti Marchionne ha aggiunto: «il ruolo politico di Confindustria non ci interessa». Piccata la risposta della presidente: «Le motivazioni portate dalla Fiat non stanno in piedi. Rispettiamo ma non condividiamo la scelta anche sotto il profilo tecnico giuridico». Il “falco” Bombassei è anche più duro: «Spiace per l’uscita da Confindustria del vicepresidente Elkann, un ragazzo che avrebbe potuto dare un contributo importante. Sfortunatamente lo abbiamo visto poco». Con l’occasione del divorzio, Marchionne ha anche precisato il piano industriale (che così rischia di passare in secondo piano): a Mirafiori verrà realizzato un Suv Alfa; è confermato l’investimento «più o meno» di un miliardo, ma la produzione è posticipata di un anno, e quindi ci saranno 12 mesi in più di cassa integrazione. “Sindacati conflittuali fuori dalla fabbrica l’obiettivo dello strappo del Lingotto”: è il titolo di un pezzo nel quale Paolo Griseri sottolinea l’idea di autonomia di Marchionne e la voglia di lasciar fuori i critici dalla fabbrica. «Inutilmente ieri Confindustria e sindacati hanno risposto che l’uscita dall’associazione non risolve i problemi lamentati dalla Fiat. Perché l’articolo 8 è legge e dice chiaramente che i contratti sono validi solo se approvati dalla maggioranza dei lavoratori»… «Il sogno della fabbrica defiommizzata si rivela dunque difficile da realizzare in poco tempo». È però probabile che le fabbriche dell’indotto seguano il percorso Fiat ed escano a loro volta da Confindustria. Nel suo retroscena Roberto Mania traccia invece alcune ipotesi per il futuro: «difficile non vedere che senza la Fiat accrescerà il ruolo politico delle conglomerate pubbliche Eni, Finmeccanica, Enel, Ferrovie, Poste… Confindustria sarà sempre più l’associazione dei piccoli industriali e di quel “quarto capitalismo” che non è mai riuscito a pesare nei rapporti con la politica». A Viale dell’Astronomia sono anche persuasi che questa scelta sia «il debito che Marchionne ha pagato a Sacconi». Il commento è di Massimo Giannini che chiude così: «L’impressione è quella di un’azienda che, almeno nel Belpaese, viaggia ormai a fari spenti. Che ha scelto di scommettere tutte le sue carte solo sulla ruota americana di Detroit, e ha scelto di giocare la partita della concorrenza domestica solo sul piano dei tagli alla produzione e al costo del lavoro… La strategia delle “mani libere” non ha più nessun’altra giustificazione se non quella del disimpegno. Dopo il divorzio da Confindustria, arriverà anche il divorzio dall’Italia».

“Fiat saluta e se ne va”, questo il titolo che il IL GIORNALE dedica all’annuncio ( o meglio alla conferma) di Sergio Marchionne dell’abbandono di Confindustria da parte della Fiat. Editoriale a firma di Nicola Porro decisamente a favore del manager della casa torinese e contro la confederazione guidata da Emma Marcegaglia. «La Fiat ha rotto un monopolio (quello del contratto collettivo). E non è uno scandalo». E ancora «Se la Fiat riesce a ottenere autonomamente dai sindacati un contratto più congeniale, è ovvio che lo sottoscriva». Secondo chi scrive poi «Confindustria ha perso centralità, ritenendo di poter campare di rendita » e gli unici che ci hanno guadagnato sono i vertici («Il palazzone dell’Eur è divenuto obbiettivo di scalata sociale») che hanno conseguito obbiettivi “politici” e non più sindacali. E infine una sferzata finale a Mercegaglia e Co accusati di aver «insistito in una concertazione continua con la presunzione di tenere tutti dentro» e di aver «trattato con i dinosauri di una rappresentanza che non esiste più». E un elogio a Sergio Marchionne che per chi scrive «ha avuto il merito di svelare il bluff». A pagina 2 continua l’analisi nettamente negativa su Confindustria. «Senza la forza del Lingotto” Marcegaglia dimezzata. Pronta la grande fuga. Chi scrive, riportando le parole di un imprenditore influente parla di «capolinea della politica di Emma Marcegaglia perché potrebbe cominciare una fuga senza precedenti dall’associazione». Si sottolinea come dal primo gennaio Confindustria perda prestigio con l’uscita di un’azienda «che ha fornito due presidenti di spessore» e denuncia come l’abbandono della Fiat possa aprire «la fase più difficile e tormentata» dell’associazione degli industriali. Con molto malcontento per la politica della presidente di Confindustria e la conseguente fuga verso la concorrenza (Confapi e Confcommercio). E chi scrive ventila alcune possibilità di successione alla Marcegaglia e e mette in evidenza come «il problema si trovare un alternativa” mediando tra le varie componenti». A pag 3 articolo dal titolo eloquente “Fiat fuori da Confindustria non avevano altra scelta”. Qui chi scrive sottolinea come l’annuncio di Marchionne sia una notizia (nel senso di evento nuovo) poco rilevante perché era un evento già conosciuto e come sia il frutto di un anno di mancate risposte da parte di Confindustria alle sollecitazioni del numero uno di Fiat. «Marchionne aveva ritenuto inevitabile la disdetta se di lì a un anno (l’anno scorso), la presidente di Confindustria non avesse tenuto conto delle richieste di modernizzazione per aumentare produttività e efficienza delle fabbriche Fiat e questo non è avvenuto». Chi scrive mette in evidenza come gli accordi interconfederali del 28 giugno che andavano nella direzione di Marchionne non fossero retroattivi e non sia applicassero alle intese già siglate da Fiat e sottolinea come nonostante la situazione di crisi finanziaria «Confindustria ha preferito salvare la vecchia pratica della concertazione piuttosto che scegliere una svolta riformista» e che Marchionne non abbia fatto altro che confermare quello che aveva detto nel 2010.

“Me ne frego” è l’eloquente titolo di apertura scelto dal MANIFESTO per l’abbandono di Fiat, personalizzata nella figura del suo Ad Sergio Marchionne la cui fotografia troneggia in prima pagina. “Fiat lascia Confindustria dal 1 gennaio. Marchionne scrive a Emma Marcegaglia: l’intesa con i sindacati depotenzia l’articolo 8, basta politica. La replica di viale dell’Astronomia: «Motivazioni che non reggono». Il governo plaude alla libertà di licenziare” riassume il sommario che rinvia alle pagine 2 e 3. Diversi i richiami agli articoli interni segnalati dalla prima pagina, dalle reazioni “Fiom: «La Fiat non vuole più regole». Sacconi: «Conferma per l’art. 8» a Mirafiori “La promessa nel vuoto: «Il Suv si farà a Torino, ma soltanto nel 2013»”. Sempre a questo tema è dedicato l’editoriale “Il padrone riconoscente” firmato da Loris Campetti che scrive: «Marchionne è riconoscente. Berlusconi gli ha fatto un magnifico regalo: l’articolo 8 della manovra gli dà ragione su tutto, passato (lo scempio dei diritti a Mirafiori, Pomigliano e Grugliasco), presente (le bugie sul piano industriale) e futuro (la fuga, già iniziata dall’Italia). Marcegaglia invece, con la sua associazione legata ai riti dell’era Avanti Cristo, critica il governo ed è irriconoscente (…) Chi pensa che Marchionne sia diventato berlusconiano e per questo abbia deciso di abbandonare la nave della Confindustria (…) non ha capito. Marchionne è un padrone, un padrone dell’era Dopo Cristo, se ne frega di chi sta al governo e non è interessato a occupare palazzo Chigi, l’importante è chiunque lo occupi esegua (…)» E conclude: «(…) L’eroe dei due mondi ha anche detto che quel Suv si costruirà non nel 2012 come aveva giurato ma nel 2013, semmai il mercato avesse un sussulto. Quanto a lungo il nostro paese continuerà a farsi prendere in giro?». Le due pagine interne si aprono con il titolo “Libertà di licenziare la Fiat corre da sola”.

Parte in causa, IL SOLE 24 ORE decide di titolare in prima “Confindustria, strappo della Fiat”. Nelle pagine interne, invece, la posizione di Emma Marcegaglia e quella di Sergio Marchionne, e a pagina 5 quella di Raffaele Bonanni della Cisl dal titolo “Non capisco la mossa di Fiat”. Il quotidiano economico (e di proprietà di Confindustria) cerca la quadra in una situazione che lo coinvolge in prima persona. Ci prova, ma è evidente sin dal titolo di apertura che a parlare è prima di tutto Confindustria. Quella della decisione di Marchionne & Co di uscire dalla associazione di categoria di riferimento è una scelta difficile da digerire e ancor più da capire secondo la stessa Confindustria: «Rispetto della scelta – dice chiaramente il numero uno, Emma Marcegaglia – ma sui motivi, dissento. Non stanno in piedi dal punto di vista tecnico». A cui si aggiunge il commento della Cisl: «La Fiat è libera di stare o non stare in un’associazione imprenditoriale – dice Bonanni – però non può dire che esce perché é stato depotenziato l’accordo interconfederale del 28 giugno: è una lettura tecnicamente e politicamente inesatta. Non ho partecipato a nessuna iniziativa per diluire o depotenziare le importanti novità introdotte nel nostro sistema di relazioni industriali dall’accordo del 28 giugno, sostenuto dalla prima parte dell’articolo 8 della manovra di agosto. Basta leggere il testo sottoscritto definitivamente lo scorso 21 settembre per rendersene conto». Ma la sferzata anti-Marchionne arriva direttamente dall’editoriale di Alberto Orioli dal titolo “Il virus della politica, i tabù da superare”: «Sergio Marchionne è come un immunologo contagiato dal virus per il quale sta studiando il vaccino. La scelta di portare il Gruppo Fiat Chrysler fuori dalla Confindustria ha inevitabilmente il sapore di una decisione “politica”». Da segnalare infine, a contorno della vicenda, il parere dei giuristi del lavoro sulla fuoriuscita di Fiat. Per loro complicherà di fatto le intese sindacali. Mentre a pagina 17 (lanciato in prima), un excursus storico sul rapporto Fiat-Confindustria dal noto storico dell’industria italiana, Valerio Castronovo.

ITALIA OGGI, il quotidiano dei professionisti, inizia una serie di tre pezzi con una bordata di Marco Bertoncini. «Quando si stenderà in prospettiva storica» scrive Bertoncini nel pezzo “Confindustria, la maglia nera è della Marcegaglia“ «un profilo della presidenza degli industriali sotto il quadriennio Marcegaglia, non è difficile prevederne la sintesi. Basterà una sola parola: fallimento».  Più morbidi i commenti di Sacconi «la vera notizia è il fatto che vengano confermati gli investimenti in Italia» e di Enrico Letta «è una brutta notizia» raccolti nel secondo pezzo a pag 3 “Il Governo plaude a Marchionne”. A pag 47, nel pezzo “Fiat dice addio a Confindustria“, il testo integrale della lettera e la replica della Marcegaglia. 

AVVENIRE per il caso Fiat non usa mezzi termini e parla apertamente di “strappo”, dedicando l’apertura delle due pagine sul tema alle ragioni della Marcegaglia, secondo la quale le motivazioni Fiat «non stanno in piedi». A corredo, le reazioni di Bonanni, Landini (Fiom), Angeletti e Centrella (Ugl) e un’intervista a Innocenzo Cipolletta (ex presidente Confindustria), per il quale  la decisione di Marchionne penalizza l’Italia come sistema paese perché indebolisce Confindustria e sancisce una mancanza di dialogo tra le parti sociali che non può che nuocere. Nella pagina dedicata a Marchionne, in cui si dà conto delle ragioni del “divorzio”, un interessante esame delle vendite auto in Italia e in particolare di quelle Fiat: mentre nel complesso si vendono sempre meno macchine (-5,7% a settembre 201 rispetto a un anno fa) le Fiat perdono meno delle altre (-3,04%) e quindi sono in leggera ripresa sulla quota mercato totale. Comunque il quadro non è roseo, anche se si spera in una ripresa nel 2012.

“Fiat dice addio a Confindustria e conferma il piano”. LA STAMPA apre con lo strappo di Sergio Marchionne: “Non possiamo lavorare in un clima di incertezza” è il titolo scelto a pagina 3 che riassume i messaggi inviati ieri dall’ad Fiat-Chrysler: la Fiat globalizzata del dopo Chrysler, con 181 stabilimenti in 30 Paese, «non può permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze che la allontanano dalle condizioni esistenti in tutto il mondo globalizzato». L’ad però ha anche detto che la Fiat esce da Confindustria, non dall’Italia: «Era importante sbloccare il sistema  per quanto riguarda la burocrazia e la capacità di essere competitivi. Fabbrica Italia va avanti. Gli investimenti programmati pure, nonostante la crisi». A pagina 2 la reazione di Confindustria, che vede delegittimata dalla principale azienda manifatturiera la propria politica di relazioni industriale e che subisce lo strappo proprio mentre ha aperto un fronte politico con il governo Berlusconi. Soddisfazione invece da parte del governatore del Piemonte Roberto Cota per la promessa di Fiat di continuare a investire.
 
E inoltre sui giornali di oggi:

ISRAELE
IL GIORNALE – Incendio di una moschea in Israele, il primo della storia nello Stato ebraico (pag.15)

EGITTO
IL MANIFESTO – In ultima pagina viene intervistato Hossam el-Hamalawy, blogger egiziano , scrittore, giornalista e militante del Partito socialista rivoluzionario che ha ricevuto il premio “Anna Politkovskaya” e che oggi interverrà al centro sociale ex Snia di Roma. “Blog e rivoluzione” è il titolo dell’ampia intervista i cui contenuti sono riassunti nel sommario “Egitto: altro che Facebook. Per Hossam el-Hamalawy, blogger torturato dal regime di Mubarak, alle radici della rivolta di piazza Tahrir ci sono i lavoratori. Ma ora c’è da costruire «un nuovo autunno caldo»”. Afferma Hossam el-Hamalawy: «Molti in Occidente, hanno voluto leggere gli avvenimenti egiziani come un prodotto di facebook, ma la radice della rivoluzione, il suo punto centrale è costituito dai lavoratori» e ancora: «Gli scioperi sono stati il vero fischio d’inizio per liberarci di Mubarak. I lavoratori erano presenti fin da subito (…)». E sulle elezioni di fine novembre osserva: «Quando abbiamo cacciato Mubark avremmo dovuto avere un’autorità civile entro sei mesi, e le elezioni a settembre (…) La transazione è un circo controllato dall’esercito, da quegli stessi personaggi che hanno agito sotto Mubarak e che ora brigano per avere un governo civile, ma senza toccare i privilegi di esercito e imprenditori, suoi alleati (…)»

CEI
AVVENIRE – Celebra i vent’anni del documento Cei “Educare alla legalità” (1991), definito «profetico» per l’anticipo della stagione di Tangentopoli, per la sottolineatura della necessità di lottare contro l’evasione fiscale e i crimini dei “colletti bianchi”. Il quotidiano cattolico mette poi in fila i tanti “martiri” cristiani di questi anni nella trincea della lotta alla criminalità, da don Pino Puglisi a don Diana a Rosario Livatino, per cui da pochi giorni è stata aperta la causa di beatificazione, e sottolinea come in Calabria nell’ultimo anno ben quattro sacerdoti siano stati messi sotto scorta per il loro impegno contro i clan.

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