Migranti
Marc Gasol, star NBA che salva vite in mare
Vita.it ha raggiunto a bordo della nave Astral dell'ong Proactiva Open Arms il giocatore dei Memphis Grizzlies, che poche ore prima aveva contribuito a salvare l'unica sopravvissuta ritrovata in mare. «Do il mio aiuto da persona normale angosciata da quanto accade. Voglio essere un esempio per i miei due figli»
Marc Gasol è una persona. “Con la sensibilità di tanti altri”, ci tiene a precisare a Vita.it. Proprio lui, che a 33 anni e con i suoi 2 metri e 16 centimetri di altezza e bravura è una delle star europee dei professionisti del basket per antonomasia, la NBA. Raggiungiamo il giocatore dei Memphis Grizzlies in pieno Mar Mediterraneo: quando ci risponde è a fianco del capitano del veliero Astral, una delle due navi dell’ong Proactiva Open Arms. Due giorni prima ci aveva mandato una foto, sorridente a fianco di Riccardo Gatti, capomissione italiano originario di Calolziocorte (Lecco): era l’avvio della missione, la nave era salpata da Barcellona verso il centro del Mediterraneo.
Poche ore dopo, il clima a bordo sarebbe bruscamente cambiato. Proprio in quel mare in cui le persone, da troppi anni, perdono la vita nel tentativo di portare a termine un drammatico viaggio migratorio, Gasol la morte l’ha vista con i propri occhi, assieme a tutto l’equipaggio. L’ha vista martedì 17 luglio 2018 quando una donna e un bambino di al massimo cinque anni sono stati ritrovati riversi nell’acqua, annegati a fianco degli assi della loro imbarcazione distrutta. “Spaventoso, disumano, devastante”, ricorda Gasol. I volontari di Open Arms sono riusciti a salvare un’altra donna acciuffandola all’ultimo respiro, Josephine, camerunense, e ora stanno facendo rotta verso Palma di Maiorca, dove il governo spagnolo ha autorizzato lo sbarco previsto per la mattinata di sabato 21 luglio. Il campione NBA ha partecipato direttamente al recupero (nella foto di apertura, che Gasol ha pubblicato sul suo profilo twitter nel denunciare al mondo l’accaduto: è l’ultimo sulla destra in basso, tiene una mano sulla barella) e non si risparmia nel rispondere a caldo alle nostre domande.
A meno di 48 ore dai momenti drammatici del salvataggio, come ci si sente?
Ho in testa un miscuglio di pensieri. Continuano ad assillarmi alcune domande: com’è possibile che ci sia gente che permette che accada tutto questo? Perché ci sono uomini con cosi poca umanità e rispetto della vita? Sono sollevato dal fatto di avere contribuito a salvare una persona, è un momento che ricorderò per sempre. Così come sarò sempre grato all’equipaggio di Proactiva Open Arms, sia perché hanno fatto il salvataggio sa perché con la loro presenza hanno testimoniato quanto accaduto. Se non fossimo arrivati in tempo – Josephine poche decine di minuti dopo sarebbe morta, secondo la dottoressa di bordo – nessuno avrebbe saputo sapere alcunché di questo tragico evento. Quello che comunque mi lascia impotente e sofferente è avere recuperato due esseri umani senza vita, in particolare non riesco a togliere dalla mente il corpo del bimbo. È difficile credere che questo accada anche quando l’hai davanti agli occhi. Anche perché si tratta di gente come noi ma più sfortunata, che lotta per avere un’esistenza normale.
Perché Marc Gasol, star da 20 milioni di euro all’anno, è su questa barca?
Perché come tutti quelli che sono qui, qualsiasi sia il lavoro che uno faccia, prima di tutto si è persone con una sensibilità. Da quando, anni fa, ho saputo che nel mare stavano morendo migliaia di esseri umani, l’ho considerata una profonda ingiustizia. Volevo quindi dare il mio contributo, come persona. E voglio essere un esempio per i miei due figli, Julia e Luca. Ho conosciuto Oscar Camps, fondatore di Proactiva, un anno fa e da quando l’ho ascoltato per la prima volta è stato impossibile rimanere con le mani in mano. Già la scorsa estate ho pensato di salire a bordo ma avevo impegni sportivi che non mi avrebbero permesso di vivere bene l’esperienza. Poi dallo scorso dicembre ho fatto sapere che ero pronto per l’estate successiva, ed eccomi qua. Sono orgoglioso di essere a bordo, orgoglioso di fare parte di questo gruppo e pieno di ammirazione per le persone che dedicano mesi se non anni a quest’opera di salvataggio in mare.
Cosa diresti al governo italiano che di fatto ha chiuso i porti – seppur in assenza finora di provvedimenti legislativi veri e propri – e all’Unione europea che non condivide la solidarietà e addirittura criminalizza chi salva vite?
Che vengano a vedere cosa accade, per essere coscienti dal vivo di questa assurdità. E che non pensino ai numeri ma alle persone: sono madri, padri, figlie, figli, fratelli e sorelle. Chi governa ha famiglia, vorrei che pensasse alle famiglie di questi disperati, ai loro nomi, al fatto che ci sono cari che piangono migliaia di morti e dispersi. Come si può arrivare poi a mettere in difficoltà chi salva vite in mare come Proactiva Open Arms? È devastante vedere che anziché facilitare la loro opera umanitaria, le istituzioni la stanno impedendo con ogni mezzo.
E quali parole rivolgeresti alle persone che, seppure a conoscenza dei drammi, sono contrari all’accoglienza?
Chiedo loro di vedere le immagini senza chiudere gli occhi. Le immagini spiegano tutto, e purtroppo è tutto vero, sta accadendo in questo momento. Quando abbiamo visto il bimbo senza vita da poche ore, la frustrazione è stata pazzesca, fossimo arrivati con un minimo anticipo sarebbe forse ancora vivo. Provate a immaginare la nostra disperazione. Dico questo capendo chi non vuole vedere queste cose perché provocano sgomento, ma serve a ricordarci che la nostra fortuna – di avere una casa sicura, possibilmente un lavoro e soprattutto nascere in un luogo dove puoi realizzarti come essere umano – può essere condivisa da chi scappa da situazioni invece del tutto sfortunate. Si tratta di aiutare, non di rinunciare a qualcosa di nostro contro la volontà personale.
Quando tornerai sui parquet dell’NBA, come racconterai questo viaggio?
Parlerò, spiegherò, stimolerò la curiosità di più gente possibile, dai compagni di squadra a chiunque altro di quel mondo. Non dimenticherò mai quello che ho visto e provato in questi giorni. Non voglio dimenticarlo. È un tema di cui in NBA e negli Stati Uniti si parla ancora troppo poco, ma io alzerò la voce e sono sicuro che mi ascolteranno e molti si affiancheranno a me nell’aumentare la pressione verso le istituzioni per trovare soluzioni. Nello stesso tempo, dirò a chiunque di supportare le ong come Proactiva Open Arms e chiunque altro salvi vite, perché c’è davvero un grande bisogno che siano presenti nel mare, dato che i naufragi continuano ad accadere.
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