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Manovra, Napolitano “corregge” e firma

I tagli agli enti inutili e alla cultura accendono i commenti

di Franco Bomprezzi

La firma di Napolitano alla manovra del Governo non chiude il cerchio delle polemiche e delle difficoltà. I giornali del lunedì registrano malumori e commenti, e puntano l’attenzione sulla lista degli enti “inutili” tagliati dal bilancio, e sul grido di dolore del ministro della Cultura Bondi.

Questa l’apertura del CORRIERE DELLA SERA di oggi: “Il governo corregge, Napolitano firma”. Oggi Quirinale firmerà il decreto. Tensione nel Pdl per le proteste di Sandro Bondi: «Avrei voluto che la decisione sugli enti a carattere culturale fosse stata presa insieme, il ministro non doveva essere esautorato». L’editoriale “la mossa preventiva” è siglato da Massimo Franco e ragiona sull’atteggiamento del capo dello Stato: «Il presidente della Repubblica è attento a non dare adito a qualunque accusa di invasione di campo. Per questo sottolinea di non volere entrare nel merito di scelte che appartengono all’«esclusiva responsabilità» dell’Esecutivo. E la rapidità con la quale Palazzo Chigi ha risposto fin da ieri sera conferma un’interpretazione corretta dell’iniziativa. Il governo sceglie di esaminare separatamente le misure che non rispondono ai criteri in assenza dei quali Napolitano avrebbe difficoltà a firmare. In quel caso il rischio che decada la manovra da 24 miliardi di euro per ridurre la spesa pubblica in due anni diventerebbe concreto. Sarebbe già un contraccolpo grave la certificazione di un conflitto istituzionale al vertice dello Stato. Ma la conseguenza più inquietante che si vuole evitare è di rimettere in forse un’operazione finanziaria difficile ed inevitabilmente impopolare; e concordata dal ministro dell’ Economia, Giulio Tremonti, con gli altri governi europei: almeno negli obiettivi di fondo». All’interno da segnalare due interviste. Nella prima alle pagine 2 e 3 Marco Cremonesi sente il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli (“«Ci sono troppi istituti arroganti. Diremo chi sono i loro padrini»”): «Lo scorso anno abbiamo fatto un decreto per dire che l’attività sarebbe stata monitorata. Abbiamo scritto una letterina a tutti. Uno su tre non ha risposto». E ancora: «Io e Brunetta abbiamo collezionato tutte le richieste dei salvezza di istituti inutili che ci sono arrivate nel corso del tempo. Potremmo pubblicarle a doppia firma…L’elenco di questi soggetti in molti casi è da barzellettiere. Non c’è fatto storico lieto e funesto che non abbia intitolata una sua brava associazione». Alle pagine 8 e 9 il dialogo di Aldo Cazzullo con il superministro Giulio Tremonti. L’intervista va sotto il titolo “«Una manovra per la stabilità- Fedele al governo Berlusconi»”. Questi i passaggi più significativi. Sulla globalizzazione: «è stata fatta tra l’altro in un drammatico disordine: il mercato è diventato di colpo globale, ma le regole sono rimaste nazionali, creando quel vuoto nel quale solo poteva a crescere a dismisura l’economia di carta». Sulla finanza. «Due anni fa sul tema delle regole ci si illudeva che la ricetta magica e salvifica potesse essere fabbricata e somministrata dalla finanza, che si sarebbe autoregolamentata. Sono stati persi due anni, ma adesso questa illusione è finita». L’Europa: «la crisi ha colpito non perché l’Europa è entrate nella globalizzazione , ma perché la globalizzazione è entrata in Europa, trovandola ancora impreparata. Siamo un continente, abbiamo una moneta comune, ma non abbiamo un governo comune». Infine il capitolo Berlusconi: «Ho giurato fedeltà alla Repubblica nel governo Berlusconi. E per me la fedeltà è un valore insieme morale e politico». 

“Manovra, le correzioni del Colle”: LA REPUBBLICA dedica ampio spazio anche nell’inserto Affari&Finanza (sulla cui prima pagina campeggia: “Silvio, il Re della spesa pubblica” con un sommario eloquente: “L’ultima manovra da 24 miliardi per tagliare i costi del sistema pubblico non deve ingannare: negli ultimi 10 anni i due governi di Berlusconi hanno determinato l’esplosione delle uscite del 45%, con un aumento di 244 miliardi”). Sul braccio di ferro con Napolitano, Luisa Grion riferisce di tensioni e compromessi. Ad esempio nella manovra non ci dovrebbe essere la sanatoria sugli immobili né i tagli ai magistrati. Con il Quirinale però da un certo punto in poi ha cominciato a trattare il solo Letta, esautorando – su mandato del premier – il ministro competente. D’altro canto anche l’attacco di Bondi sembra concertato con Berlusconi (il ministro della cultura contro i tagli indiscriminati). Ai tagli della discordia, quelli agli istituti di cultura e di arte, è dedicata una pagina intera con una intervista di Gino Agnese, intellettuale di destra e presidente della Quadriennale d’arte di Roma: “Nemmeno la guerra ci ha distrutti ma così la Quadriennale morirà”. Pronto a lavorare gratis purché si vada avanti, Agnese afferma: «Bondi deve dimettersi perché platealmente esautorato… perché non può più essere interlocutore credibile di esponenti della cultura internazionale». Su questo punto, interviene Salvatore Settis: “L’attacco a cultura e bellezza”, nel quale affronta anche il problema del trasferimento agli enti locali dei beni demaniali. Non è vero afferma che non potranno essere venduti… Dal canto suo, Massimo Giannini titola il suo pezzo “Dall’emergenza al pasticcio”, in cui scrive di «vandalismo istituzionale, dilettantismo politico, avventurismo comunicazionale. C’è tutto il peggio possibile nel cortocircuito innescato dal governo con il pacchetto-farsa da 24 miliardi»…

Il GIORNALE sottolinea “Napolitano non firma i tagli” sia nel titolo in copertina che all’interno. Alessandro Sallusti nel fondo cerca di dipingere lo scenario che questa manovra ha tracciato: «è una manovra che non ha più padri. Non Berlusconi che avrebbe voluto un approccio diverso nella sostanza e nel metodo che si è dovuto fermare davanti alla intransigenza  di Tremonti che esce politicamente indebolito e solo l’intervento di Gianni Letta ha evitato che la situazione precipitasse rovinosamente. Lo stesso Napolitano alla fine firmerà ma non senza turarsi il naso». Marcello Veneziani commenta: «negli ultimi due anni abbiamo vissuto due agonie: quella dell’economia irreale,  e quello della Stato Obeso, figlia degli Sprechi pubblici. Il primo è esploso l’anno scorso in America, la seconda in Grecia quest’anno. Ora dobbiamo metterci in testa che l’esperienza dello Stato sociale e l’esperienza della reagannomics sono finite. I sacrifici sono necessari, vanno fati subito, non bisogna star lì a teorizzarli. Per uscire dai rottami del Welfare State e dalla rovine del liberismo, dobbiamo entrare in una nuova fase in cui il soggetto non può essere né lo Stato  né il Mercato ma la Comunità. Sull’Atlantico lo chiamano Welfare community. Bisogno promuovere un’economia sociale di mercato, fondata sulla cooperazione, il consorzio, la sussidiarietà, il territorio, la coesione sociale e solidale. Bisogna incentivare e proteggere solo chi si mette in gruppo e fa rete, sistema, società, offre servizi. Non dunque servizi pubblici  e nemmeno furie del privato, ma pattuire con le imprese, territori, comuni e realtà che si organizzano e propongono servizi. E’ l’unica vera rivoluzione sociale da fare e può partire dai Paesi mediterranei e mitteleuropei. E’ il pop dell’economia. La comunità come soggetto della politica, è l’unica risposta ai poteri economici multinazionali, alle lobbies e alla cricche».

ITALIA OGGI apre con una pagina intera nella quale i capisaldi della manovra correttiva sono descritti per ogni voce in mondo generico e schematico. I dettagli della manovra economica sono invece ampiamente analizzati nelle successive sei pagine. In particolare, ITALIA OGGI entra nei dettagli, usando un linguaggio per addetti ai lavori, sulla questione della sanatoria catastale; il superanagrafe (una grande banca dati nella quale sono raccolti tutti i dati relativi  ad un immobile); il redditometro, che secondo il pezzo sarà basato sulle spese e sul contraddittorio; le misure a favore del mezzogiorno e delle aziende come lo snellimento della burocrazia, fiscalità di vantaggio per il Sud e i vantaggi fiscali alle reti di imprese. Arriva anche una stretta per le imprese sui versamenti. Secondo il pezzo “Inps, l’avviso sarà meno bonario“ dal prossimo anno le aziende hanno 30 giorni per pagare i contributi, altrimenti via all’espropriazione forzata. Per quanto riguarda le reazioni, ITALIA OGGI pubblica solo quelle del presidente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti Claudio Siciliotti «una manovra che va nella direzione giusta, nella misura in cui taglia la spesa pubblica inefficiente e imprime un’accelerata alla lotta all’evasione fiscale» e quella di Carlo Sangalli, presidente di turno di Rete Imprese Italia: «si tratta di una manovra quantitativamente rilevante, perché occorre costruire una risposta efficace e urgente a una fase straordinariamente difficile di rinnovata tempesta finanziaria globale». 

Apertura di IL SOLE 24 ORE del lunedì sulle ricadute della manovra sulla pubblica amministrazione, con una «cura dimagrante» che vale «in tre anni via 400mila statali», la sanità che perderà 156mila posti in organico e gli enti locali quasi 60mila: i numeri sono conseguenza del fatto che le amministrazioni potranno assumere solo un dipendente ogni cinque che lasceranno il lavoro. Altro affondo sulle università, con blocco di concorsi immediato in sette sedi e a rischio il 17% dei fondi. Grande approfondimento sulle pensioni e le nuove finestre, con un anno in più di attesa per lasciare il lavoro nei trattamenti di vecchiaia e un mese per l’anzianità.

LA STAMPA dedica spazio in prima alla manovra “Pronta la manovra dopo i chiarimenti chiesti a Napolitano” il titolo. «Dopo le osservazioni del presidente Napolitano i tecnici del governo hanno rivisto alcuni punti della manovra, in particolare su cultura e istruzione, e l’hanno rinviata al quirinale. Il Colle ha rilevato che l’esecutivo ha dato seguito alle sue indicazioni e la firma è attesa per oggi». L’editoriale di Luca Ricolfi “L’eterna attesa della Lega” denuncia il difficile momento del Carroccio alle prese con una finanziaria che è tutto tranne che federalista. «La Lega esiste per far passare il federalismo, ed ha già mancato l’obiettivo una volta, nel 2005, quando provò ad imporlo a colpi di maggioranza» spiega Ricolfi « A nessun partito italiano, credo, è mai successo di vedere la propria ragion d’essere messa così a rischio». Di qui l’imbarazzo della Lega, che non può permettersi un secondo fallimento. Perchè «il consenso alla Lega e al governo vacilla, come rivelano gli ultimi sondaggi di Renato Mannheimer. Proprio perché finora ha ottenuto ben poco, la pazienza dell’elettore della Lega non può essere (quasi) infinita come lo era quella dei vecchi, eroici, militanti del partito comunista. I leghisti sono persone concrete. Il dubbio è che i loro dirigenti non siano, a loro volta, abbastanza concreti per accorgersene». Ugo Magri firma invece “I timori del premier: perdere voti a causa della manovra” «Bondi e i magistrati per una volta combattono sulla stessa barricata contro i tagli del “cattivo” Tremonti. Una delegazione di toghe stamane cercherà udienza presso Gianni Letta, e c’è da scommettere che il ministro della Cultura l’abbia già trovata dalle parti del premier, sfogando il suo sdegno per tutte quelle fondazioni di eccellenza cancellate dalla lista dei finanziamenti pubblici senza nemmeno spendere lo scatto di una chiamata: a lui, fedelissimo del premier, triumviro del partito, ministro della Repubblica! Rullano i tamburi nel campo finiano, dove FareFuturo, Bocchino e Granata sono pronti a sposare la nobile causa, “no ai tagli indiscriminati, serve più collegialità”. E nella maggioranza s’increspano le acque in vista dei passaggi parlamentari. Il capogruppo al Senato Gasparri dà per scontati «approfondimenti su questo o quel singolo punto», non gliene voglia Giulio però procedere a colpi di fiducia sarebbe un suicidio. Anche sul Colle qualche riserva non manca, è stata segnalata al governo col giusto rispetto dei ruoli perché poi alla fine ciascuno deve pur prendersi le sue responsabilità. Onori e oneri, come si dice. Ed è qui, sui carichi di impopolarità da assumere al cospetto dell’Italia, che si gioca la vera, delicata partita di queste ore. Protagonisti, tanto per non smentirsi, Berlusconi e Tremonti». Sul sito La Stampa.it è disponibile poi l’elenco completo dei 323 enti che la manovra si appresta a cancellare insieme al testo provvisorio della manovra.  

E inoltre sui giornali di oggi:

PETROLIO
CORRIERE DELLA SERA – Il giornale milanese dedica due pagine (la 10 e la 11) al disastro ecologico nel golfo del Messico. “Un cappuccio per fermare il petrolio” è il pezzo a firma di Guido Olimpio: «È andato tutto storto. Sin dall’inizio. Sedici ore dopo l’esplosione del 22 aprile sul grande pozzo nel Golfo del Messico le autorità della Louisiana ricevono una telefonata. A chiamarli Carlos Moreno, un impiegato della Bp che li rassicura: non c’è alcun pericolo per le coste. Una delle tante bugie che hanno segnato l’Armageddon petrolifera, una battaglia affrontata dalla compagnia inglese con molta improvvisazione. Strano per una realtà — quella americana — dove fin dal liceo ti insegnano che serve un piano B. Invece si è scoperto che la Bp non aveva neppure quello A. Non solo. I sondaggi condotti dopo le prime settimane mostravano una grande fiducia nella tecnologia. Sì, è un disastro — dicevano gli intervistati — ma poi arriva la cavalleria. Invece la cavalleria deve ancora lanciare la carica decisiva. Al punto che lo stesso presidente Obama ha ammesso, usando un’altra classica espressione, che non c’è la «pallottola d’argento» per fermare la marea nera». 

PEACEKEEPING
IL SOLE 24 ORE – I conti in tasca alle missioni di peacekeeping dell’Onu: per Il SOLE sono «61 miliardi di dollari per difendere la pace». La stima è complessiva, dal 1948 al 30 giugno 2009, per 63 missioni e 115 paesi donatori; per l’anno in corso (1 luglio 2009-30 giugno 2010) sono stati stanziati 7,3 miliardi di dollari per 15 missioni in corso e 8,4 per l’anno successivo. L’Italia nel 2009 ha dato un contributo stimato di 180 milioni di euro ed è al sesto posto al mondo tra i sostenitori; otto le missioni in cui è presente. «Un’invenzione nel complesso di successo», la definisce il SOLE, «ma che comincia a mostrare un po’ di affanno», poiché le missioni di peacekeeping si sono ormai assunte il compito di «ricostruire le strutture statali, dalla giustizia all’economia. Crescono i costi, cresce l’impegno in termini di vite umane (2.776 le vittime), tra cui 121 nel 2009 e già 114 nel 2010 (96 ad Haiti). 

PRIVILEGI
IL GIORNALE – Il quotidiano diretto da Vittorio Feltri sta pubblicando la lista dei pensionati ex parlamentari. Tabellone con cifre e nomi e cognomi. In sintesi da 3mila a 9 mila euro lordi al mese per tutta la vita. (Altro che win for life! NDR). Nella pagina a fianco la denuncia di quanto sta accadendo in Molise. Francesco Cramer scrive: «Mentre il Governo si danna per forgiare una manovra all’insegna della mannaia, in periferia il magna magna resta la norma. Le regioni creano commissioni per studiare o monitorare un problema. Di solito ne fanno parte consiglieri di maggioranza e opposizione così sono tutti contenti perché si ottiene una maggiore indennità, e si ha la possibilità di assumer personale letteralmente grato. In Molise ci sono 12 commissioni che fanno felice l’esercito di 30 consiglieri regionali». Cramer si chiede se sono utili «Per i politici sì, visto che servono a appesantire la busta paga». Utili ai molisani? «I molisani possono dormire sonni tranquilli visti che le commissioni tengono sott’occhio un po’ di tutto, dal dissesto idrogeologico all’influenza».

CARCERI
IL SOLE 24 ORE – Pagina del volontariato dedicato alla «fuga dei volontari dalle carceri troppo affollate», con la Conferenza nazionale volontariato e giustizia che ha invitato i volontari a un’inedita autosospensione del servizio, più o meno simbolica, per far luce sui tanti problemi in atto, a cominciare dal sovraffollamento. I volontari che svolgono servizio nelle carceri sono 9.576, uno ogni sette detenuti in media, anche se in realtà si va dall’un volontario ogni 3,6 detenuto del Veneto fino a uno ogni 14,4 dell’Abruzzo.


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