Non profit

Manovra, lite sul grattacielo

Duello verbale a distanza tra Formigoni e Tremonti

di Franco Bomprezzi

Mentre il federalismo fa un passo avanti in consiglio dei ministri, quasi per contrappasso esplode la polemica fra Regioni, Comuni e Governo sui tagli e sui mancati trasferimenti agli enti locali. E la lite si materializza nello scambio aspro di battute fra Tremonti e Formigoni, a proposito di grattacieli e di palazzi…

Titolo in taglia medio sul CORRIERE DELLA SERA per il nuovo scontro Finanza-Tremonti: “Tremonti: il no delle Regioni? Scenderanno dai grattacieli”. I governatori infatti hanno dato parere negativo sulla manovra ritenuta «insostenibile per le ricadute sui bilanci». Una posizione che via XX Settembre liquida con un caustico «alla fine scenderanno dai grattacieli e torneranno al tavolo». All’interno il quotidiano milanese ne parla alle pagine 2 e 3, dove ricostruisce la lite in cinque punti: 1. Ieri la conferenza unificata Regioni-Comuni-Province ha dato parere negativo alla Finanziaria. 2. La scorsa settimana le Regioni avevano presentato un documento sul federalismo fiscale e chiesto di istituire una commissione sprechi. 3. La contestazione riguarda i minori trasferimenti agli enti locali pari a 6.3 miliardi nel 2001 e 8,5 sia per il 2012, sia per il 2013. Alle Regioni saranno invece tagliati 4 miliardi nel 2011 e 4,5 nel 2012. 4.L’ipotesi del governo è compensare i minori trasferimenti con la maggiore autonomia impositiva consentita dal federalismo fiscale. Sul tema Elisabetta Soglio intervista il presidente lombardo Formigoni, che riferendosi alla battuta di Tremonti dice: “«Con i nostri palazzi efficienza e risparmi»”. E poi attacca: «Sono venuti a contarci quante sedi estere e quante partecipazioni societarie avevamo, e hanno anche sbagliato. Adesso guardiamo nei costi del ministeri e della pubblica amministrazione statale». A pag 3 intanto Chiamparino a nome dei sindaci chiede chiarezza sulla tassa unica (e il Tesoro ribatte: nessuna retromarcia), mentre il rapporto Ifel-Anci che prende in esame i conti dei municipi rivela che “a ogni italiano i tagli costeranno cento euro in più”. 

LA REPUBBLICA apre sul ddl (“Intercettazioni, la norma salva-P3) e non fa cenno in prima alla riforma prossima ventura. Gli riserva una doppia interna: “Federalismo, via al primo decreto, lite Tremonti- Regioni sui tagli”. Riferisce Roberto Petrini. Il ministro dell’Economia ha deciso di accelerare la riforma: imminente il primo decreto che riguarderà i comuni. «Il federalismo non poteva che cominciare dai comuni», ha detto Tremonti lanciando anche una battuta contro le Regioni: «Noi con i campanili, le Regioni sui grattacieli» (e il riferimento è al collega di partito, Formigoni e al suo Pirellone). Intanto le regioni hanno votato all’unanimità un documento che boccia la manovra. Quanto al decreto secondo le prime indiscrezioni, i campanili avranno una nuova tassa, l’Imu, che sarà composta a moduli e dovrebbe assorbire i 24 tributi comunali. Non dovrebbe riguardare la prima casa («è un bene costituzionale», sostiene super-Giulio, «e non ci sembra giusto tassarla»). Il dossier a fianco traccia un quadro della situazione. Le città italiane sono più povere: fra manovra in corso e manovra triennale (insieme rappresentano 100 miliardi) hanno dovuto contenere i costi sempre più, rinunciando a fare investimenti pur di mantenere i servizi essenziali. L’Imu dovrebbe in pratica trasferire circa 40 miliardi dal centro alla periferia. Le fonti dei comuni passeranno a 4: oltre a l’Imu, immobili, rifiuti e addizionale Iperf. La manovra attuale però costerà in media 240 euro a cittadino.

«Alla fine le regioni scenderanno dai grattacieli e torneranno al tavolo», sono le parole di Giulio Tremonti che apre la pagina 7  de IL GIORNALE dedicata allo scontro sulla manovra. Scrive Sabrina Cottone «una battuta sapida abbastanza da raggiungere Roberto Formigoni nel suo ufficio al 36esimo piano e fargli salire la pressione. La replica del governatore lombardo è in stile cowboy padano: «Scenderemo dai nostri grattacieli, simbolo di efficienza, modernità e virtù, e andremo in quei palazzi romani che il nostro popolo identifica, non a torto, come simbolo di spreco e centralismo». «Il battibecco odierno fra i due è l’episodio più rumoroso di un confronto più ampio, che vede Tremonti assediato dalle rimostranze di Regioni e enti locali. Al di là delle scaramucce le Regioni hanno capito che il ministro dell’economia non intende fare passi indietro e si preparano già i tagli. Formigoni parla di rivedere le indennità  di consiglieri, assessori e della sua. I tagli in arrivo sembrano però di ben altra entità, non basterà ritoccare quelli che si chiamano i costi della politica, ovvero gli stipendi. Secondo Formigoni la Lombardia si troverà a ridurre il bilancio di 700milioni l’anno per due anni. Dietro i fuochi d’artificio, le trattative continuano».

Nessun richiamo in prima, ma solo un paio di articoli su IL MANIFESTO a pagina 6 per raccontare la manovra. «No delle Regioni: “Riaprire il confronto”» è il titolo del piccolo articolo che riporta il parere negativo delle regioni e il botta e risposta tra Tremonti, Errani e Formigoni. Il ministro aveva ironizzato sulla discesa dei presidente delle regioni dai «grattacieli e torneranno al tavolo della trattativa». Con il presidente della Lombardia che ribatte: «Scenderemo dai nostri grattacieli, simbolo di efficienza e di virtù e andremo in quei palazzi romani che per i nostri popoli sono simbolo degli sprechi e del centralismo». Il secondo articolo, una colonna è invece incentrato sui comuni «Tagli ai servizi fino al 40%» è il titolo. Punto di partenza l’incontro di presentazione del Rapporto Ifel (fondazione dell’Anci per la finanza locale) un rapporto nel quale viene previsto che oltre un terzo dei comuni subirà un riduzione della spesa superiore al 10% con punte del 40%. Si parla anche dell’Imu, il tributo unico prospettato da Tremonti e che piace ai Comuni. L’articolo si conclude ricordando però che Berlusconi «ha frenato Tremonti: per ora l’Imu è sospesa» la replica di Chiamparino che chiede «al governo di voler vedere i contenuti degli impegni presi riguardo all’attuazione del trasferimento di imposte ai Comuni. Infatti dai dati Istat emerge che senza l’Ici la quota dei contributi e dei trasferimenti sul totale delle entrate correnti è raddoppiata: dal 15% nel 2005, al 27% nel 2008. Pare proprio che il federalismo fiscale possa attendere».
  
“Federalismo al primo passo”: è questo il titolo di apertura de IL SOLE 24 ORE. Il conto alla rovescia per l’addio alla spesa storica è dunque partito. Dal 2011 comuni e province dovranno cominciare a programmare le loro uscite sulla base di «fabbisogni standard»; dall’anno seguente partirà la fase transitoria di applicazione che si concluderà nel 2016. A prevederlo è il decreto attuativo sul federalismo approvato in via preliminare dal consiglio dei ministri di ieri. A cui potrebbe aggiungersi, tra una decina di giorni, il dlgs sui «costi standard» delle regioni. Il valore dei trasferimenti statali da trasformare in imposte parte da 13,2 miliardi. E nasce la Sose, la società (per tre quarti del Ministero del Tesoro e un quarto di Bankitalia) che controllerà i fabbisogni degli enti locali. Nel presentare la riforma, il ministro Tremonti ha ribadito «Non metteremo alcuna tassa sulla prima casa». Intanto, però, il fronte delle Regioni formalizza il proprio no alla manovra per bocca del proprio presidente, Vasco Errani. A pochi giorni dalla consegna di oltre 1milione di firme contro la privatizzazione dell’acqua, ecco quindi arrivare al traguardo la liberalizzazione dei servizi locali, che procederà in due tappe: a fine 2010 stop a tutte le gestioni affidate direttamente senza gara e apertura della nuova stagione di gare; entro il 2011, invece, decadranno le gestioni in house e quelle delle spa miste se non avranno aperto il loro capitale per almeno nel 40% a un socio privato. Da notare che il quotidiano fornisce a pagina 24 il testo approvato in via preliminare dal Cdm.

Nessuna polemica né reazioni politiche. I pezzi di ITALIA OGGI, uno sulla fase due del federalismo fiscale e l’altro sul decreto dei fabbisogni standard dei comuni e  delle province, fanno il punto in mondo molto sobrio sulle decisioni prese ieri in consiglio dei ministri. Nel pezzo “Super tributo con referendum”  il succo della manovra è riassunto dalle frase di Tremonti «Oggi abbiamo 24 tributi comunali. Questo vuol dire 24 moduli, 24 pagamenti, 24 accertamenti e 24 margini di rischio e quindi in sanzioni. Pensiamo che sia civile unificare questi tribuni che si sono stratificati nel tempo». Che cosa andrà e quali saranno le funzioni di comuni e provincia è ampiamente descritto nel pezzo “Niente più fondi ai sindaci spreconi. Arrivano i fabbisogni standard”. Qualche anticipazione: «Verrà passata ai raggi x la spesa dei comuni per finanziare le funzioni fondamentali che il decreto elenca tassativamente:amministrazione; gestione e controllo; polizia; istruzione; viabilità e trasporti; gestione del territorio; welfare. Le province, invece, dovranno occuparsi di funzioni generali di amministrazione, di gestione, di controllo, quelle nel campo dei trasporti, delle tutele ambientali, dello sviluppo economico e del mercato del lavoro».

“Regioni, altro stop a Tremonti” è il titolo del richiamo in prima di AVVENIRE che introduce la pagina 7 su manovra e autonomie. Nella Conferenza unificata di ieri Regioni, Province e Comuni hanno confermato il parere negativo sulla manovra da 25 miliardi e il clima generale resta teso, con toni “coloriti” anche nello scambio di battute tra i protagonisti. Scrive infatti Eugenio Fatigante: « Tremonti, noncurante del “no” delle Regioni giunto all’unanimità si è detto certo che “scenderanno dai grattacieli e torneranno al tavolo” aggiungendo che “già l’atteggiamento allegro e sereno mostrato da Errani mi fa pensare che la realtà sia diversa da quella che si è voluto forzare». Immediata la replica di Errani: «Siamo con i piedi ben piantati per terra e chiediamo tempo per fare una trattativa vera perché i tagli della manovra non sono sostenibili». La linea del governo resta immutata: i tagli sono necessari, ma con il federalismo fiscale tutto si aggiusterà. In questo senso va anche il testo del decreto sui fabbisogni standard degli enti locali, con il blocco dei fondi agli Enti Locali che non collaborano. Sul primo testo del federalismo municipale il ministro Calderoli afferma che «si mette la parola fine al criterio della spesa storica con cui chi più spendeva, e male, più riceveva». Mentre il presidente dell’Anci, Sergio Chiamparino si è detto pronto a lavorare anche in agosto per rispettare i 60 giorni imposti dal decreto ma ha chiesto di «conoscere i contenuti che anora ignoriamo».  Tra i commenti d registrare anche quello di Emma Marcegaglia che annuncia una proposta di riforma fiscale complessiva da parte di Confindustria.

“Regioni e comuni bocciano il governo”. A pagina 6 e 7 un primo piano sulla manovra e lo strappo degli enti locali, che LA STAMPA riprende anche in prima pagina. «Il federalismo fiscale ha fatto un altro passo» attacca nella cronaca Stefano Lepri, «però rischia di farlo inciampare il no alla manovra pronunciato ieri, questa volta insieme, da Regioni e Comuni». “Un impatto immediato di 22 euro per abitante”: LA STAMPA riserva un riquadro di retroscena ai costi per i cittadini della manovra finanziaria. Solo per quanto riguarda i Comuni la manovra peserà su ciascun cittadino per 22 euro nel 2010, per poi salire a 100 euro nel 2011 e a 120 nel 2012. Lo dice il rapporto Ifel (il quadro finanziario dei comuni) presentato ieri presso l’istituto per la finanza locale dell’Anci. Secondo lo studio a essere più colpiti saranno i comuni del Sud, con un taglio implicito della spesa complessiva del 2,4%. A seguire quelli del Nord per 2,1% e in ultimo quelli del Centro con una riduzione dell’1,6%. LA STAMPA affianca allo strappo di enti locali e regioni la protesta degli agricoltori sull’emendamento che riguarda le quote latte. Ieri si è riunita a Cremona l’assemblea straordinaria di Confagricoltura che chiede un cambio di rotta per correggere «la totale disattenzione del governo verso il comparto agricolo».
 
E inoltre sui giornali di oggi:

FIAT
CORRIERE DELLA SERA – Raffaella Polato stana Sergio Marchionne dopo l’annuncio del trasferimento di un ramo di produzione in Serbia a scapito di Mirafiori: «Le questioni industriali, di competitività e sopravvivenza di un’azienda e di chi ci lavora, di sviluppo di un Paese in quel manifatturiero che ne è sempre stato l’unico concreto punto di forza non sono mai davvero finite in primo piano. E quello, invece, era «il» piano di Marchionne. Cui non piace essere tirato politicamente per la giacca. Non la porta apposta.  Si è sgolato, anche dagli Usa, a dire: «La Fiat non fa politica. La Fiat fa automobili. E le deve vendere. Non può essere vittima di altre logiche». L’ha fatto ripetendo che l’arena per il Lingotto è il mondo aperto, non i salotti chiusi nelle ritualità italiane. Ci ha aggiunto che, però, poiché italiane restano le radici, qui rimane pronto a puntare 20 miliardi di investimento su 30. Senza chiedere un cent allo Stato ma a patto — e non è richiesta di ieri — che tutti facessero la loro parte». 

IL MANIFESTO – La vignetta di Vauro dedicata alla Fiat in Serbia e intitolata «Il cecchino Sergio» apre la prima del MANIFESTO. «Tremano gli operai di Mirafiori “avvertiti del nuovo piano di produzione via sms”. Unità nazionale contro la scelta della Fiat di fabbricare la nuova monovolume a Kraguyevac, in Serbia, grazie a una valanga di soldi pubblici. Ma Sergio Marchionne cerca di dare la colpa ai “sindacati italiani poco seri” Maggioranza e opposizione spiazzati dal colpo di scena». Riassume sempre in prima dove si legge anche il commento di Nicola Tranfaglia dal titolo «Una Fiat senza operai», questo un passaggio «(…) la Fiat vuole approfittare della crisi europea e italiana per ritornare a un capitalismo che mette da parte ogni limite e ha un dominio assoluto sui lavoratori come sulla gestione delle imprese».

SERVIZIO CIVILE
LA REPUBBLICA – Mentre in Italia il ministro La Russa pensa agli stage in caserma, in Gran Bretagna Cameron vuole introdurre il servizio civile come strumento per formare buoni cittadini e per contrastare una deriva particolarmente negativa che riguarda i teenager (alcolismo, genitorialità precoce, violenza, bullismo). Ieri il premier inglese ha cominciato a definire meglio la sua idea: vorrebbe spendere 50 milioni di sterline per una serie di campus civili che addestreranno migliaia di adolescenti per tre settimane. In corso un progetto pilota. Alcune ong però criticano il piano: da un lato si tagliano fondi per il volontariato, sottolineano, dall’altro si fanno questi campus cui parteciperanno i figli delle famiglie più agiate.

FAMIGLIE
AVVENIRE – “Famiglie, la crisi non è finita. Una su due non va in vacanza” è l’articolo di pagina 6 che commenta i dati Istat e l’indagine Confcommercio diffusi ieri da cui emerge un quadro di forte difficoltà e incertezza. I consumi restano ancora al palo (meno 2,6% nel 2009) e il 25% delle famiglie italiane taglia le spese essenziali.  

MAFIA
LA REPUBBLICA – Inchiesta sulla “pasta connection” ovvero i 5mila ristoranti che sarebbero in mano ai boss che se ne servono per pulire il denaro sporco. A Roma e a Milano un locale su cinque è della mafia che ne entra in possesso dapprima prestando denaro, a tassi da strozzini ai proprietari e poi subentrando loro. Ovviamente i boss usano dei prestanome e difficilmente rimangono a lungo proprietari. C’è un grande turn over…

KOSOVO
IL MANIFESTO – «Kosovo, sì dell’Onu all’indipendenza» è il titolo del richiamo dedicato all’ampia pagina di analisi sulla decisione della corte di giustizia dell’Aja che «sostiene che l’atto unilaterale con cui la leadership albanese proclamò il distacco dalla Serbia non viola il diritto internazionale. Un parere non vincolante, ma politicamente dirompente. Catalogna, Paesi baschi, Corsica e Cipro brindano» A pagina 9 l’articolo principale è intitolato «L’ingiusto parere dell’Aja l’Onu promuove Pristina» I serbi annunciano ricorso «Ma la sentenza è una bomba nei Balcani» e non solo anche se la stessa corte «si affretta a dire che costituisce un caso unico». In un box dal profetico titolo «Avanti il prossimo, effetto domino su altre regioni d’Europa». «La sentenza potrebbe alimentare spinte secessionistiche in tutta Europa» E gli esempi sono: Catalogna, Paesi baschi, Corsica e Cipro.

AVVENIRE – In grande evidenza in prima pagina la notizia della sentenza di legittimità sull’indipendenza del Kosovo della Corte internazionale di giustizia dell’Aja e alla reazione di Belgrado che ha subito respinto il verdetto. All’argomento è dedicata tutta la pagina 5, mentre in seconda pagina Fulvio Scaglione firma un commento intitolato “Ciò che vale in Kosovo e non nel resto del mondo. Due euro approcci e due legalità” dove si legge: «Resta sullo sfondo il tema del diritto dei popoli all’autodeterminazione, che pure teoricamente era al centro del giudizio della Corte Onu. Se i kosovari avevano diritto a costituire uno stato indipendente, perché non ce l’hanno anche i curdi in Turchia, i ceceni in Russia, gli armeni in Azerbaigian, gli abkhazi in Georgia, i tamil nello Sri Lanka, i tibetani e gli ujguri in Cina? Non si sa, e in realtà non vi sono ragioni coerenti per giustificare il sì agli uni e il no agli altri (o viceversa). Ma c’era in ballo ben altro che un nobile principio». 

OLIMPIADI
LA STAMPA – “Saremo la Manhattan d’Europa”. Londra darà il via a un innovativo modello di olimpiadi fondato sul rispetto dell’ambiente: è la promessa del sindaco Boris Johnson e LA STAMPA va a vedere i cantieri aperti nella capitale inglese, che cerca di sfruttare le Olimpiadi del 2012 per recuperare il quartiere più povero e violento, quello di Newham.


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