Politica

Manovra, lavoro e sviluppo?

I ministri Fornero e Passera indicano i temi della fase due

di Franco Bomprezzi

Le esternazioni del ministro al welfare, Fornero, e del ministro allo sviluppo, Passera, animano il dibattito politico e sindacale, mentre si apre una settimana importante per capire la tenuta della manovra e i suoi effetti sulla Borsa e in Europa.

“La Cgil rompe con il Governo”, apre così il CORRIERE DELLA SERA, ospitando una lunga intervista a Susanna Camusso, leader della Cgil, in risposta all’altrettanto lunga intervista di ieri al ministro Fornero. Le prime 12 pagine sono dedicate anche oggi alla manovra e alle reazioni politiche. L’antefatto è riassunto a pagina 2: “«Sull’articolo 18 non ci sono totem». La fase due del governo Monti, l’ha aperta ufficialmente ieri il ministro Elsa Fornero con un’intervista al Corriere della Sera, nella quale si è detta favorevole ad un «contratto unico» che «non tuteli più al 100% il solito segmento iperprotetto». Nella prospettiva di un ciclo di vita che «permetta ai giovani di entrare nel mondo del lavoro con un contratto vero, non precario». Parole apprezzate come «coraggiose» dal Terzo polo e approvate, sia pure con qualche cautela, dal Pdl, ma che generano un’immediata risposta nel Pd, nell’Idv e nel sindacato: «Non toccare la tutela dai licenziamenti»”. E pagina 3 l’attacco frontale: “Camusso: sulle pensioni un intervento folle. Governo supponente”. Un passaggio: “Dopo le pensioni, tocca al mercato del lavoro – domanda Enrico Marro alla Camusso – Fornero propone il contratto unico per i giovani, senza le tutele al 100% dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
«Sarebbe un nuovo apartheid, a danno dei giovani. Se facciamo un’analisi della realtà, vediamo che la precarietà c’è soprattutto dove non si applica l’articolo 18, nelle piccole aziende. Quindi tutta questa discussione è fondata su un presupposto falso. Vogliamo combattere la precarietà? Si rialzi l’obbligo scolastico, si punti sull’apprendistato e si cancellino le 52 forme contrattuali atipiche». Insomma per la Cgil l’articolo 18 resta un totem, come dice Fornero. Ammetterà almeno che bisogna superare il dualismo del mercato del lavoro tra garantiti e precari. «Non è un totem, ma una norma di civiltà. Vogliamo superare il dualismo? Lancio una sfida: facciamo costare il lavoro precario di più di quello a tempo indeterminato e scommettiamo che nessuno più dirà che il problema è l’articolo 18?»”. Sergio Rizzo, però, a pagina 5, si getta a capofitto in un approfondimento interessante: “Niente mutuo, affitti e rate «impossibili» La vita (a ostacoli) dei precari”. Scrive, tra l’altro, Rizzo: “Pochissimi fortunati potranno mettere su famiglia, in un’Italia dove la famiglia è sacra solo a parole: con quel che costano, i figli dovranno aspettare. Come pure cose più banali come le vacanze, previste solo nelle vite normali. E non parliamo delle prospettive. Volete un assaggio? C’è uno studio del Cerp di Torino condotto dalle ricercatrici Margherita Borella e Giovanna Segre che delinea per i precari una vecchiaia di indigenza. Dopo quarant’anni di contributi chi non ha mai avuto un posto fisso avrà una pensione media di 7.303 euro lordi l’anno. Ovvero, 608 euro al mese. Siamo 191 euro al di sotto della pensione media pagata dall’Inps, dato che però comprende anche i trattamenti sociali. Per la Nidil-Cgil, invece, a un «parasubordinato» (questa la definizione tecnica di chi è senza posto fisso) che ha cominciato a lavorare nel 1996 i quarant’anni di contributi frutteranno una pensione di appena 508 euro al mese. Ovvero, il 41% della retribuzione. Che potrà salire a 601 euro se il precario in questione avrà iniziato l’attività lavorativa nel 2010”. E se Elsa Fornero aveva parlato al Corriere della Sera, il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, sceglie il salotto di Fazio per replicare a Giulio Tremonti, ospite di Lucia Annunziata: “Passera: avanti su liberalizzazioni e frequenze”. Così, a pagina 10, riassume il suo pensiero Alessandro Trocino: “Dunque, nessun’altra manovra in vista, sostiene Passera: «Abbiamo messo in sicurezza l’Italia ed evitato il rischio-Grecia, che era a un passo. Abbiamo recuperato in credibilità, che è un prerequisito di tutte le altre cose. Adesso dobbiamo realizzare il piano che permetta di consolidare il rigore, che inneschi la crescita dopo dieci anni di non crescita». Il che non vuol dire che non ci sarà bisogno di nuove risorse: «Certamente ce ne sarà bisogno. Però adesso, dopo le misure dei primi dieci giorni, andremo a trovare le risorse con altre leve». Cioè, con la riduzione dei costi, la partecipazione del capitale privato agli investimenti, un miglior utilizzo dei fondi europei. E con la riduzione dell’evasione fiscale: «Il nostro impegno per combatterla sarà senza pace: dobbiamo reperire 120 miliardi che sono stati rubati agli altri. E bisognerà lavorare a un accordo con la Svizzera»”. 

LA REPUBBLICA apre con “Fisco, la caccia agli evasori” mentre di spalla riferisce l’annuncio del ministro Passera: “Le frequenze tv non possiamo concederle gratis”. Segue una doppia pagina sulla lotta alla evasione fiscale che sarà realizzata anche controllando i conti corrente per verificare se davvero quei 15 milioni di connazionali che dichiarano dedito zero sono poveri realmente. Un altro strumento sarà la riforma dell’Isee, per cambiare il quale il governo si e’ dato tempo sino al 31 maggio 2012. Quanto alle frequenze tv il ministro dello Sviluppo intervenuto ieri alla trasmissione di Fazio non dà ricette ma assicura che ci sarà una riflessione. Berlusconi reagisce parlando di legge ad personam nel senso punitivo. Non e detto pero che le frequenze saranno destinate al solo mercato televisivo: allargando ai telefonici si otterrebbe di accontentare anche i concorrenti minori. L’altro fronte è il rapporto con i sindacati, irritati perché il ministro Fornero ha annunciato possibili riforme all’articolo 18. Da segnalare una intervista a Rosy Bindi: “Monti deve concordare le proposte non è tempo di flessibilità sui licenziamenti” e’ il titolo. Sostegno al governo da parte del Pd, disponibilità a discutere le frequenze tv, tagli selettivi. Il problema non è, dice Bindi, la libertà di licenziamento ma la creazione di posti di lavoro.

IL GIORNALE titola “Monti, basta con gli amici” e invita il Premier «a chiudere i rapporti con le lobby dei poteri forti». Dalla prima pagina IL GIORNALE mette in evidenza le dichiarazioni di Passera «venderò le mie azioni Intesa» intervistato da Fazio a Che tempo che fa che gli chiedeva conto del conflitto d’interesse. A questa intervista il quotidiano riserva una pagina in cui mette in evidenza che «non ci sarà un’altra manovra» anche se Passera è a caccia di risorse per l’economia e sugli “sconti fiscali, scure in vista”. Passera inoltre rivela che «Occuparsi  del bene comune è il più bello dei lavori» a chi gli chiede sul suo futuro in politica. Le dichiarazioni del ministro Fornero fanno scegliere questo titolo “Previdenza, il governo tenta l’esproprio” e si da voce a Giuseppe Marinello,  deputato Pdl, presidente commissione bilancio della Camera che ha chiesto e ottenuto la proroga di tre mesi  per la riforma delle Casse. «E’ un’impostazione statalista di chi vuole che lo stato espropri gli enti del loro patrimonio che consiste in circa 50 miliardi di euro in immobili. L’obiettivo è quello di mettere in difficoltà le casse, portarle al commissariamento e all’inglobamento nell’istituto di previdenza che dal 2012 assorbirà già l’Inpdap e l’Enpals. Per fare cosa? Per colmare per un anno i conti dell’Inps? Le casse sono già indirizzate in un percorso virtuoso che va incoraggiato non imbrigliato e deviato». 

Il SOLE 24 ORE del lunedì è sganciato dai temi di attualità ma sulla manovra va segnalato un interessante affondo di Francesca Barbieri sulla flexsecurity, ovvero sulle misure allo studio del governo per ridurre l’impatto della disoccupazione (leggi: reddito minimo). «Il modello arriva dai Paesi scandinavi: flessibilità per assunzioni e licenziamenti abbinata a un’estesa sicurezza per i disoccupati», sostiene il SOLE, il che implica l’introduzione anche da noi di «ammortizzatori sociali e percorsi formativi» che a tutt’oggi mancano. Quali vantaggi ne avrebbero i lavoratori italiani? Risponde uno studio del Ceps, il Centre for European policy studies diretto da Daniel Gros, secondo il quale quanto a flexsecurity l’Italia si piazza penultima in Europa (prima solo della Grecia) mentre al top del ranking c’è la Danimarca, dove esiste «un’alta flessibilità per i contratti (non esiste la giusta causa che vieta il licenziamento) abbinata a indennità di disoccupazione che arrivano al 90% dello stipendio». Tuttavia lo stesso Cpes ammette che quello danese è «un sistema di difficile esportazione in Italia», tanto è vero che il governo studia misure diverse, come «l’introduzione del contratto unico a tempo indeterminato con protezioni crescenti per il lavoratore e la possibilità di licenziamenti per motivi economici e organizzativi», la valorizzazione dell’apprendistato e il reddito minimo garantito, a cui «il ministro Elsa Fornero si è detta più volte favorevole». In un bell’infografico, infine, si riassumono le misure in atto in diversi paesi europei: in Germania, per esempio, l’indennità di disoccupazione oscilla tra il 60 e il 67% dello stipendio netto (a seconda della presenza o meno dei figli); in Svezia il sussidio di disoccupazione è circa 35 euro al giorno, mentre l’indennità è pari all’80% della retribuzione media.

LA STAMPA apre con il titolo “Sanità, ticket su misura”. Editoriale di Michele Brambilla, “Il partito degli smemorati” in cui spiega «È ricomparso ieri il più importante dei ministri del governo Berlusconi, Giulio Tremonti. Intervistato su Rai Tre da Lucia Annunziata, ha criticato la manovra del governo Monti: “Troppe tasse, pochi tagli alla spesa pubblica e niente per la crescita”, ha detto in sintesi. È probabile che, sentendolo, molti suoi colleghi di partito (o forse “ex” colleghi, visto che Tremonti ha cominciato la trasmissione dicendo che ormai «lavora in proprio», e l’ha finita non smentendo un suo passaggio alla Lega) si siano stropicciati gli occhi, credendo di sognare. Sono quei molti esponenti del Pdl che in questi anni hanno accusato proprio Tremonti di essere il «signor no» che ha bloccato ogni iniziativa volta alle liberalizzazioni, alla crescita, al taglio delle tasse. È vero che in questo Paese si dimentica tutto in fretta: ma ci vorrebbe un clamoroso deficit di fosforo per scordare che proprio all’interno del Pdl Tremonti è stato contestato da tutta un’ala (Brunetta, Crosetto e molti altri, per non dire di Martino che ormai da molto tempo è fuori dai giochi) che l’ha accusato di essere un ministro più statalista che liberista. E non è un mistero che lo stesso Berlusconi abbia più volte considerato Tremonti un ostacolo alla linea che avrebbe voluto seguire». All’interno sul caso un pezzo di Francesco Spini che titola “Tremonti torna e duella a distanza con Passera”.   

E inoltre sui giornali di oggi:

IMMIGRAZIONE
ITALIA OGGI – A pagina 20 spazio alla nuova legislazione approvata da Strasburgo per dare una risposta alla crisi di manodopera. “Secondo il pezzo “lavoratori extra-Ue, nuovi diritti”, il parlamento europeo ha stabilito che  i lavoratori extracomunitari potranno ottenere il permesso di lavoro e di soggiorno attraverso un’unica procedura. Tradotto in pratica, «i lavoratori extracomunitari che lavorano legalmente in Europa avranno diritto alle medesime condizioni di lavoro, pensioni, sicurezza sociale e accesso ai servizi pubblici dei cittadini stranieri».

CARCERI
CORRIERE DELLA SERA – Due pagine, la 20 e la 21, dedicate alla visita del Papa a Regina Coeli. “Il Papa: celle affollate, una doppia pena”. Racconta Gian Guido Vecchi: “Eppure quel senso di distanza svanisce quando entra il pontefice e i carcerati si sporgono per tendergli la mano e lui comincia a dialogare con loro, più tardi nel seguito papale si considererà con stupore: «Mai nessun Papa aveva parlato così spontaneamente ai carcerati. Mai». Perché c’è l’intervento nel quale Benedetto XVI denuncia il «sovraffollamento e degrado delle carceri» che «possono rendere ancora più amara la detenzione», chiede alle «istituzioni» una «attenta analisi» tra «strutture, mezzi e personale» in mondo che «i detenuti non scontino mai una doppia pena», invoca «il ricorso anche a pene non detentive o a modalità diverse di detenzione». Ma poi, soprattutto, c’è il dialogo con i carcerati, «sono commosso da questa amicizia», il Papa che risponde a sei domande e a braccio dice cose straordinarie. Come quando un detenuto dell’infermeria, Federico, gli dice che «troppo poco si parla di noi, spesso in modo così feroce come a volerci eliminare dalla società», e Benedetto XVI replica con un sorriso: «Dobbiamo sopportare se alcuni parlano in modo feroce, parlano in modo feroce anche contro il Papa e tuttavia andiamo avanti, bisogna andare avanti». Il pontefice ricorda che «lo stesso Signore Gesù ha fatto l’esperienza del carcere» e «là dove c’è un carcerato, lì c’è il Cristo». Le sue parole non cadono dall’alto, con semplicità spiega: «Sono venuto qui perché so che in voi il Signore mi aspetta». Omar l’africano gli dice «ti voglio bene» e piange. «Anche io ti voglio bene», mormora il Papa. «Non mi fanno tornare a casa», protesta il neopapà Alberto, e Ratzinger: «È importante che il padre possa tenere in braccio la figlia»”. 

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