Politica

Manovra, il tiepido sì di Confindustria

Berlusconi non convince la Marcegaglia a entrare nel Governo

di Franco Bomprezzi

Il presidente del Consiglio non ha potere, neppure quello di convincere Emma Marcegaglia a entrare nel suo governo: la giornata di ieri è stata ancora caratterizzata dalla manovra economica, che ha trovato nella platea di Confindustria un appoggio non molto caloroso, per la mancanza ancora di riforme strutturali. Ecco che cosa scrivono i giornali di oggi.

“Il premier cita Mussolini: non ho potere” e “Marcegaglia: bene i tagli, ma ora riforme strutturali” sono i due titoli di apertura del CORRIERE DELLA SERA di oggi. Partiamo da Berlusconi: «Io non ho nessun potere, magari lo avevo da imprenditore, ma oggi non ce l’ho». Al vertice Ocse di Parigi Silvio Berlusconi cita i diari di Benito Mussolini e parte da un ragionamento sulla manovra economica e sulla crisi per ribadire che non ha potere. «Chi è nella posizione di capo del governo di potere vero non ne ha praticamente nulla – ha detto il premier durante una conferenza stampa -. Oso citarvi una frase di colui che era ritenuto un grande e potente dittatore, e cioè Benito Mussolini. Nei suoi diari ho letto recentemente questa frase: “dicono che ho potere, non è vero, forse ce l’hanno i gerarchi ma non lo so. Io so che posso solo ordinare al mio cavallo di andare a destra o di andare a sinistra e di questo devo essere contento”». «Quindi – ha concluso il premier – il potere, se esiste, non esiste addosso a coloro che reggono le sorti dei governi dei vari Paesi». Questo invece il giudizio del vertice di Confindustria sulla manovra: «La manovra va bene, ma ora servono interventi strutturali». A commento l’editoriale di Dario Di Vico (“La linea di frattura”): «La proposta di riunire prima dell’estate una grande Assise dell’Italia delle imprese e del lavoro, avanzata ieri da Emma Marcegaglia, vale da sola un’intera relazione. Dietro quell’idea lanciata in un ambito «istituzionale» come è l’annuale assemblea degli imprenditori aderenti alla Confindustria, si intravedono molteplici riflessioni e una felice intuizione. C’è innanzitutto una visione moderna della rappresentanza degli interessi imprenditoriali che, in una fase di acuta crisi come quella che stiamo attraversando, si qualifica prima di tutto per la capacità di proposta e per come tende a far coincidere la difesa delle proprie legittime istanze con le esigenze generali del Paese. C’è poi una chiamata alle forze del lavoro — inclusa la riottosa Cgil — perché sappiano far fruttare il loro insediamento sociale, lo investano in scelte orientate alla soluzione dei problemi e non lo disperdano, invece, in iniziative di protesta sterile e senza sbocchi. Ma c’è soprattutto la consapevolezza che la politica italiana ha le pile scariche. Potrà anche, come sta avvenendo lodevolmente in questi giorni, trovare la strada giusta per tamponare le falle, per evitare che la crisi dell’eurozona esploda e che travolga il nostro modello sociale, ma per le riforme strutturali (quelle che, per capirci, lasceremo in eredità ai nostri figli), per rilanciare stabilmente la crescita e l’occupazione, la politica appare senza idee, confusa, afona». A pag 3 Lorenzo Fuccaro riprende il discorso del Cavaliere titolando “«Volete Emma al governo? Gelo fra il Cavaliere e la platea», mentre a commentare la manovra è invitato il leader di Alleanza per l’Italia, Francesco Rutelli. Anche lui batte sullo stesso chiodo e dice: “non basta, servono misure strutturali”. Intanto a pagine 6 il CORRIERE annuncia il dietrofront sul taglio alle province citando Berlusconi (nella manovra non c’è alcun accenno all’abolizione delle province).

“Berlusconi: «Non ho poteri»”. Apertura in prima pagina de la REPUBBLICA, che dedica ben 10 pagina alla manovra, ma anche e soprattutto a un Berlusconi assediato dalle polemiche: con gli enti locali, con Confindustria, con l’opposizione PD. Partiamo dall’inizio. Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria non usa mezzi termini: la manovra va bene, ma ce n’est qu’un début – come dicono i francesi – tradotto: non basta, non convince del tutto per la mancanza di scelte strutturali, insomma, si può fare di più. Durante l’incontro, poi, c’è anche il tempo per offrire (Berlusconi) e rifiutare (Marcegaglia) una poltrona da ministro dello sviluppo economico: gelida la platea degli industriali ai quali il premier ha esplicitamente richiesto un parere per alzata di mano sull’eventualità della Marcegaglia al governo. A rincarare al dose, sul versante della manovra ci pensano Lega, Comuni e Regioni che di fatto costringono il governo a un parziale dietrofront (nessuna provincia verrà abolita). Rimangono i dubbi di Sergio Chiamparino, presidente Anci, ma soprattutto la lunga intervista al governatore lombardo, Roberto Formigoni, che recita il de profundis del federalismo: «questa manovra non è equilibrata e mette a forte rischio il federalismo fiscale». Non rimane che l’opposizione, critica nei confronti del premier, reo di aver citato Mussolini in occasione del summit  dell’Ocse a Parigi… con il primo ministro israeliano seduto accanto.

Al di là della cronaca  in cui si citano i passaggi del discorso con cui la Marcegaglia ha criticato un modo di fare politica, IL GIORNALE pubblica un intervento di Nicola Porro che scrive: «il discorso è  stata la solita liturgia di buoni propositi e luoghi comuni. Basta pensare cosa accadrebbe se fosse gestita come l’azienda di casa, il Sole24ore. Oggi l’editoria ha i suoi guai. Certo è che mettere in relazione i buoni propositi di Miss President e la relazione con cui i suoi dipendenti hanno bocciato il bilancio del quotidiano in qualità di azionisti di minoranza, fa un certa impressione» e ancora: «in 287 pagine di bilancio manca del tutto una cifra chiara e certa sul numero di copie vendute ogni giorno dal Sole. Negli ultimi tre anni  ricordano i soci del Sole il titolo ha perso in Borsa  il 70 % del suo valore.  I soci del Sole si lamentano delle incertezze gestionali della carica  di amministratore vacante per tre mesi e dalla confusione della corporate governance. Sono più o meno le stesse richieste  di efficienza che Confindustria pretende  dalla macchina pubblica».

“La crisi della coppia” è il titolone di oggi su IL MANIFESTO, che dedica la prima pagina all’abbraccio forzato tra il presidente del Consiglio e la presidente di Confindustria. «C’è perfino del bovarismo nella avance di Silvio Berlusconi a Emma Marcegaglia di fronte alla platea confindustriale in quella lacerazione fra ciò che il presidente del Consiglio ha e ciò che vorrebbe avere» scrive Francesco Paternò sottolineando come la Mercegaglia abbia presentato un conto di richieste poco piacevole: dalla riforma fiscale alle altre riforme strutturali non fatte, dalla «cattiva qualità della spesa pubblica a un richiamo a smettere di litigare fino alla proposta di un “Assise dell’Italia dell’impresa e del lavoro” con tutti, Cgil compresa». Alla manovra economica sono dedicate poi le pagine 4 e 5 per spiegare l’ok con riserva di Confindustria che promuove le misure del governo ma attacca sulle liberalizzazioni e la lentezza delle riforme. Mentre Marcegaglia ha chiesto di tagliare stabilmente gli stipendi del pubblico e la sanità, Berlusconi incassa la doccia gelata degli imprenditori quando propone alla platea un posto da ministro per la presidente. Lo scontro più forte, registra IL MANIFESTO, è sulle liberalizzazioni: «Se governo e maggioranza persistono in questa marcia indietro sulle liberalizzazioni nel commercio e nelle professioni noi ci metteremo di traverso e faremo opposizione dura».

Ancora tantissimo spazio sul SOLE 24 ORE per la manovra finanziaria, che incrocia anche l’Assemblea di Confindustria. Apertura con il virgolettato di Emma Marcegaglia “«Insieme per la crescita»” è il titolo che cita le parola di Emma su grande foto della presidente.  IL SOLE dà grande rilevanza alla prima marcia indietro di questa manovra: “Salta l’abolizione delle province” è l’apertura di pagina 11, che sottolinea “che hanno vinto le resistenze della Lega”. Sul tema anche Il Punto di Stefano Folli a pagina 2: “Sulle province il rigore si attenua e la debolezza del potere è un alibi”: «il governo trasmette di sé un’immagine  contradditoria, ma soprattutto incerta. Quel che è peggio, dà l’impressione di non essere convinto delle sue azioni. Oppure, il che è lo stesso, di essere talmente diviso al suo interno che le spinte contrapposte alla fine si equivalgono e producono la più classica  delle “non decisioni”. (…) È come se Berlusconi non fosse del tutto compreso nella parte che la nuova congiuntura  gli ha assegnato. E infatti qualche ora dopo, a Parigi, ha tenuto a sottolineare che i suoi sondaggi gli attribuiscono un indice di gradimento di oltre il 60 per cento: e questo «nonostante la manovra». È evidente che un’attenzione spasmodica per gli indici di popolarità non è la premessa più adatta quando si tratta di sfidare le reazioni che inevitabilmente misure  di questa portata innescano.   L’annuncio che si rinuncia a intervenire  sulle province, sia pure in forme poco più che simboliche, è un sintomo di debolezza  e non lascia ben sperare per il resto.   Il che spiega forse anche la bizzarra citazione  mussoliniana che il premier ha regalato  ai giornalisti durante la conferenza stampa presso l’Ocse. (…)  E l’accostamento non a un leader europeo contemporaneo, come la Merkel o Sarkozy, bensì al dittatore che ha segnato la storia della prima metà del Novecento,  lascia perplessi». 

“Marcegaglia vs. professionisti“. Così ITALIA OGGI titola in prima pagina il pezzo, poi ripreso ed approfondito nella sezione primo piano,sulla presa di posizione della Marcegaglia contro le tariffe minime e i limiti di accesso alla professione. Il pezzo è praticamente un resoconto dei virgolettati del presidente di Confindustria, come quello più tosto che dice: «se governo e maggioranza persistono in questa marcia indietro sulle liberalizzazioni nel commercio e nelle professioni, noi ci metteremo di traverso e sarà opposizione dura» e le risposte del Premier che rimanda al mittente le accuse replicando così: «non è vero, non c’è nessuna marcia indietro». Molto ironico il pezzo “L’assemblea non vuole Emma ministro“ sul non consenso dell’establishment di Confindustria ad avere la Marcegaglia ministro dell’industria. «A qualcuno» scrive ITALIA OGGI «è venuto il dubbio: è stata forte la voglia di tenersi Emma per i restanti due anni, oppure nessuno ha alzato la mano perché ritiene che la Marcegaglia non sarebbe all’altezza dei compito di ministro?» . Il pezzo forte dell’articolo però, riguarda il passaggio dove la Marcegaglia si scaglia contro i costi della politica. «Implacabili le immagini trasmesse dalle telecamere: la prima fila, dove erano seduti gli ospiti vip, cioè i politici tra cui Berlusconi, Gianni Letta, Fini, Sacconi, Prestigiacomo, Franceschini, Rutelli, Casini, Enrico Letta, erano così imbarazzati che nessuno ha fatto neppure il cenno di applaudire. E com’era stridente con il richiamo della presidente con tutta quella pletora di auto blu che, all’uscita dall’Auditorium, scorrazzavano, con o senza scorte, lungo le corsie preferenziali capitoline».

AVVENIRE annota che la Marcegaglia «promuove la manovra, ma sostiene che non è strutturale»: alla leader degli industriali piace in particolare il «rallentare la spesa e arginare l’evasione», ma non il fatto che «la maggiore disciplina non è stata il frutto di una scelta politica maturata con lungimiranza e senso di responsabilità, ma è stata imposta dall’andamento dei mercati». Le riforme sono oggi «più che mai urgenti». Al contrario, «il passo delle riforme è stato troppo lento e uno scontro politico e sociale sulla finanziaria potrebbe bloccarle del tutto. Sarebbe esiziale. Invece, bisogna accelerarle». E se nei tagli alla spesa pubblica «nessuna voce è intoccabile», nel decalogo delle riforme da attuare entro il 2015 la Marcegaglia mette in testa infrastrutture (portando al 2,5% del Pil l’investimento in opere pubbliche), l’energia e la ricerca. Liberalizzazioni e lavoro ci sono, ma solo al nono e decimo posto. Quanto alla presenza del premier Berlusconi, quella di ieri è stata «l’anti-Vicenza»: se là, nel 2006, Berlusconi aveva «arringato la platea degli industriali come solo lui sa fare», ieri a Roma il clima «è scivolato rapidamente nell’asettico, per non dire nel gelo», con un «premier fuori forma» che «non si rende conto che sta spezzando il filo sottile che fa la differenza tra un successo e un flop», che dopo la provocazione non riuscita su Emma ministro «è quasi una via crucis». Eugenio Fatigante chiude il pezzo così: «il feeling con gli industriali non c’è più». 

LA STAMPA apre con “Manovra ok, ma non basta” «Marcegaglia all’assemblea di Confindustria: servono riforme per lo sviluppo. Il premier propone Emma ministro: gelo in sala. “Allora non lamentatevi più”».
L’editoriale è di Luca Ricolfi “Quelle misure che colpiscono alla cieca”. «Non c’è manovra finanziaria varata da un governo, di destra o di sinistra, che non venga accusata di iniquità. I tagli di spesa e le misure anti-evasione, ripetiamo ogni volta, non sono selettive, colpiscono alla cieca, e quindi sono fondamentalmente ingiuste e inefficaci. Sì, è vero, e questa manovra non fa eccezione. Ma vogliamo chiederci perché?» attacca il giornalista «A mio parere ci sono due ragioni distinte per cui le cose vanno così. La prima ragione ha a che fare con il tempo. I nostri politici sono abituati a varare le manovre finanziarie in poche settimane, avendo chiara soltanto l’entità della correzione da effettuare. Ma la stragrande maggioranza delle misure di cui da anni e anni si discute, a partire da quelle di riduzione degli sprechi, per essere efficaci richiedono un tempo di preparazione enormemente superiore a quello che i politici si danno». La seconda secondo Ricolfi è «che essa non solo non fa quello che, anche volendo, non potrebbe comunque fare per mancanza di progetti dettagliati, ma non fa nemmeno quello che sarebbe alla sua portata con le poche informazioni di cui già disponiamo». Colpendo tutto e tutti la manovra dunque da un senso di ingiustizia. In conclusione «sappiamo tutti che le cose non vanno, sappiamo anche che le responsabilità non sono distribuite in modo uniforme, ma poi quando si arriva al dunque, la manovra colpisce all’impazzata. Vedremo alla fine le cifre esatte e i criteri di ripartizione dei tagli a Regioni ed Enti locali. Ma è chiaro che se i sacrifici richiesti a Lombardia ed Emilia Romagna, le due regioni più “formiche” del Paese, dovessero essere eguali a quelli richiesti a Calabria e Sicilia, le due regioni più “cicale” del Paese, allora dovremmo trarne un’amara conclusione: il federalismo è morto prima ancora di cominciare. E a seppellirlo non sono stati i suoi nemici storici, bensì un governo di cui la Lega è una componente fondamentale». Di Massimo Gramellini un ironico commento “Il provinciale” «Se ho capito bene, il governo ha deciso di sopprimere le province con meno di 220 mila abitanti, escluse quelle che confinano con Stati esteri o che, nello sfortunato caso in cui non confinino, si trovano in una regione a Statuto Speciale (come la sarda e tentacolare Ogliastra, 58.389 abitanti), oppure hanno un ministro amico del presidente della provincia, oppure si estendono per un numero di chilometri inferiore alla metà della circonferenza della pancia del segretario provinciale moltiplicato pi greco. Se ho capito bene, la provincia di Rieti si è già cautelata, chiedendo a quella di Roma di cederle una parte della Sabina (acquisita ai tempi del famoso ratto) così da rientrare nei requisiti di sopravvivenza. Se ho capito bene, con la soppressione della provincia di Isernia, la provincia di Campobasso coinciderà con l’intero Molise, che potrebbe quindi essere soppresso in una reazione a catena che costringerà il molisano Di Pietro a chiedere asilo politico al parco dell’Abruzzo. Se ho capito bene, la provincia di Massa Carrara, abolita nonostante l’opposizione dell’unica opposizione rimasta in Italia, il portiere carrarese Buffon, si gemellerà con quella di Lucca, ripristinando i confini sanciti da Napoleone. Se ho capito bene, la norma sulla soppressione delle province è stata annunciata e poi smentita e poi infarcita di deroghe e infine rimandata a un decreto attuativo che le salverà tutte. Ma forse non ho capito bene. Perdonatemi, sono un provinciale».  

E inoltre sui giornali di oggi:

DIRITTI
LA REPUBBLICA – Scontro Amnesty-Frattini. Il ministro degli Esteri italiano risponde al rapporto che considera «indegno e da rimandare al mittente». La Ong, però, non retrocede e insiste citando le recenti sentenze contro le forze d’ordine al G8 di Genova, dove «non essendovi il reato di tortura tutto questo ha impedito di punire i pubblici ufficiali in  modo proporzionato alla gravità della loro condotta». 

AUTO BLU
IL GIORNALE – Gabrielle Villa  riporta la vicenda del “Ministero anti-sprechi che ha sette auto blu” e che risponde: «Faremo chiarezza». E’ stato Brunetta – scrive Villa – che nel comunicarci la situazione delle auto blu del Dipartimento a cui fa capo ha anche dovuto ammettere che «nessuno conosce realmente il numero della auto blu in Italia perché è una situazione che per anni è sfuggita ad ogni controllo. I primi dati sul monitoraggio arriveranno il 15 giugno». Villa snocciola i dati da lui raccolti:  «sono 629.120 le auto blu che circolano in Italia. E Brunetta risponde: «Ci piacerebbe sapere quali criteri ha seguito l’associazione di contribuenti  che vi ha fornito questi dati allarmanti».

SERVIZIO CIVILE
AVVENIRE – Giovanardi contro la regionalizzazione del servizio civile: «sarebbe suicida cancellare il servizio civile degradandolo a puro avviamento al lavoro o a tappabuchi del welfare locale», ha detto alla presentazione del rapporto Arci servizio civile. Giovanardi ha ricordato che «il servizio civile viene gestito anche dalle Regioni, ma è pagato solo dallo Stato».

PALESTINA
IL MANIFESTO – A pagina 3 il reportage dedicato ai nove battelli del “Free Gaza Movement”, carichi di pacifisti, medici, giornalisti, politici, artisti e attrezzature di assistenza che vogliono sfidare il blocco israeliano. La “Freedom flotilla” con i battelli provenienti da Irlanda, Svezia, Grecia, Algeria e Turchia, è la più grande flotta civile che abbia mai tentato di forzare un blocco militare. «Nessuno può prevedere l’esito di questa complicata vicenda», si legge nell’articolo “Flotta di pace per Gaza”, «ma è certo che i prossimi giorni il Mediterraneo sarà un crocevia di speranze e conflitti che lasceranno il segno».

AMBIENTE
AVVENIRE – Titolo sorpassato in prima pagina sulla Louisiana: “La marea nera è bloccata”, che pure ha poi all’interno un pezzo di appoggio che si tutela dicendo che «le prossime 24 ore sono decisive». Infatti non ha funzionato. Obama intanto ha licenziato la numero uno del Mineral Management Service, l’ente che dà il via libera alle trivellazioni petrolifere e ha annunciato la moratoria per sei mesi  delle trivellazioni, nonché la sospensione di 33 progetti di perforazione, in Alaska ma soprattutto nel Golfo del Messico.

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