Politica
Manifesto, lacrime e sovvenzioni
Al manifesto «hanno un problema». Lo scrivono a tutta pagina lo scorso 22 giugno e lo ribadiscono nei giorni seguenti.
Al manifesto «hanno un problema». Lo scrivono a tutta pagina (e, naturalmente, in prima pagina) lo scorso 22 giugno e lo ribadiscono nei giorni seguenti. Cari compagni e compagne, l?Unione ha vinto le elezioni e il centrodestra è a pezzi ma al manifesto, tanto per cambiare, non si sentono troppo bene. Per dirla con la Jena di Riccardo Barenghi, che del manifesto è stato anche direttore, «il governo Prodi è in sella, Cossutta s?è dimesso da presidente del suo partito e il manifesto è in crisi. Non è che si stava meglio quando si stava peggio?». Già, è proprio così: la sinistra italiana è, come si sa, incontentabile o – per dirla alla francese – «chiagne e fotte». Al manifesto, in particolare, «chiagnono» molto: e abbiamo gli stipendi parificati a quelli dei metalmeccanici, direttore compreso (fanno 1.200/ al massimo 1.400 euro al mese, al netto, e sono decisamente pochi) e i debiti ci stanno strangolando, e la sinistra dov?è finita, eccetera eccetera. Morale, mettetevi una mano sulla coscienza (politica) e una al portafogli e sganciate la lira. È giusto, non è giusto, mah, chissà. Vogliamo però fare a meno del manifesto, dopo trentacinque anni di lotte al fianco della libertà, della pace e della democrazia? Suvvia, no. Dunque, su compagni (e compagne), al lavoro e alla lotta. Aiutateci a sopravvivere. In fondo, siamo sempre quelli di Rossanda, Pintor e Parlato. È così? Nient?affatto. Il giornale è diventato opaco, noioso, la riforma grafica ricorda il formato di Avvenire, le notizie non ci sono mai state, i commenti sono diventati grigi, stanchi, ripetitivi. Inoltre, il manifesto gode di sovvenzioni statali. Se fossimo ancora comunisti, una mano la daremmo volentieri a Liberazione, il giornale del Prc, che si fa leggere (anche in Vaticano, grazie all?ottimo Fulvio Fania), è tosto, tonico e combattivo. Prendono anche loro i soldi dello Stato ma senza appelli accorati in nome del comunismo mondiale. E sono comunisti per davvero, mica solo radical chic.
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