Welfare

Manicomi in sedicesimo?

Cooperazione sociale e associazioni familiari chiedono la definizione di standard precisi per le residenze sul territorio.

di Benedetta Verrini

Stare bene, abitare, lavorare: esiste una fascia di persone in Italia che ancora combatte per vedersi riconosciuti questi diritti fondamentali. Sono i malati mentali. «Per loro c?è il serio rischio che si scivoli verso una nuova forma di manicomialità», è il giudizio senza mezzi termini di Raffaele Barone, presidente AIRSaM, Associazione italiana residenze per la salute mentale.
La legislazione che negli ultimi anni ha accelerato il processo di chiusura degli ospedali psichiatrici, infatti, non ha risolto il problema dell?alloggio e della cura degli ammalati che oggi vengono ospitati in ?residenze?, non molto diverse dalle case di cura, affidate ai Dipartimenti di salute mentale. Questo nuovo quadro istituzionale, di fatto, ha affidato alla società una grande responsabilità perché il percorso di cura di queste persone non venga interrotto e non si scivoli in una situazione di abbandono delle famiglie e di coloro che, non avendo bisogno di un ricovero, vengono relegati in un limbo di dimenticanza e di emarginazione. «Il problema della casa è ancora prioritario per chi soffre di disagio psichiatrico» – continua Barone – «tanto che il primo obiettivo della nostra associazione è stato quello di definirne i requisiti minimi, come le dimensioni, il collegamento al centro cittadino con i mezzi pubblici, gli interventi domestici di assistenza. Ma abbiamo cercato di spingerci oltre, di superare il più possibile le logiche mediche e ospedaliere, perché progettiamo un recupero dei malati che restituisca loro una dignità sul piano delle relazioni affettive, relazionali e sociali. Per questo abbiamo pensato di aggiungere al nostro nome la dizione di ?Risorse? oltre che ?Residenze? nella considerazione di un progetto, magari anche utopistico, di una nuova cultura dell?integrazione in cui la malattia venga affrontata dagli interlocutori sociali e istituzionali in modo congiunto».
Ed è verso questo obiettivo che si spinge, almeno nelle intenzioni, il Ministero della Sanità, che ha organizzato per il 14 marzo il primo appuntamento di una Conferenza nazionale sulla salute mentale in cui, per la prima volta in assoluto, sono stati invitati a partecipare anche interlocutori ?non istituzionali? come i familiari dei malati, la stessa AIRSaM, e l?UNASAM (Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale), oltre ad altre realtà, che possono dare agli esperti del Ministro il loro prezioso contributo di esperienza quotidiana sul campo. «Vogliamo fare in modo che il recupero dei malati diventi una preoccupazione di programmazione socio-economica oltre che sanitaria, in modo da realizzare una distribuzione delle risorse sul piano locale in vista di interventi di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro. I nostri interlocutori saranno i sindaci, e già abbiamo avviato dei progetti territoriali di recupero con città come Biella, Genova, Prato, Matera e Caltagirone. Con risultati molto incoraggianti: a Prato i malati hanno iniziato a collaborare con le sedi Arci realizzando una forte partecipazione e integrazione in ambito locale». La casa, la riabilitazione sanitaria e sociale, il ruolo delle associazioni e dei familiari saranno dunque le tematiche che AIRSaM intende mettere sul tavolo del Ministro Rosy Bindi, con la precisa finalità di affermare che la promozione della salute mentale non può e non deve più essere compito esclusivo degli operatori sociosanitari, ma obiettivo di una programmazione politica e programmatica che, a partire dall?ente locale, coinvolga i vari livelli istituzionali.
AIRSaM, info: 06/44244814
Info.: Associazione Italiana di Psichiatria geriatrica tel. 06/5043441.

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