Mondo
Manghi: un grande sogno porta sempre con sé grandi cecità
La Coppa del Mondo parte oggi. Tra infinite polemiche, sfratti e morti. Ne abbiamo parlato con il sociologo Sergio Manghi che però sottolinea «Il Mondiale va accolto nella sua valenza unificante. Un grande sogno di unità. Una grande speranza di pace e fratellanza positiva. Poi è chiaro che ci siano anche i risvolti drammatici. Ma se perdiamo il passo del sogno veniamo travolti»
Oggi parte la Coppa del Mondo. Dopo quattro anni di preparativi il Brasile ospita il Mondiale. Qualche giorno fa è uscito il documentario “Brasile: Il vero prezzo dei Mondiali”. Un lavoro d'inchiesta del danese Mikke Keldorf che racconta l’impatto devastante che la Coppa del Mondo ha avuto sulle popolazioni locali. Da quando l'evento è stato assegnato la polizia brasiliana ha ucciso 885 persone l'anno. Solo dall'inizio del 2014 a Fortaleza sono stati uccisi 121 bambini di strada (meninos de rua). Tutti decessi dovuti agli scontri legati alla costruzione delle nuove infrastrutture per cui 200mila persone hanno perso la propria abitazione. Ne abbiamo parlato con il sociologo, docente all'Università degli Studi di Parma, e grande appassionato di calcio Sergio Manghi.
Professore, si parla di numeri clamorosi. Per altro sono dati verificati. Nel resto del mondo non se ne parla. Come è possibile?
Per rispondere a questa domanda bisogna chiedersi in generale come si vengono a formare le rappresentazioni quotidiane della realtà. Innanzitutto bisogna scartare l'ipotesi che la realtà sia in grado di parlare da sola, o anche attraverso soltanto persone che riferiscono numeri e quantità. Sappiamo in quanti continuino a fumare sigarette sui cui pacchetti c'è scritto che il fumo uccide. Aspettarsi che da un piano strettamente informativo venga una maggiore comprensione o un cambiamento delle vie interpretative è ingenuo e sbagliato. Non è mai stato così e non sarà mai così
Semplicemente perché l'informazione non è cultura o perché è manipolata?
La vera domanda non è se sia manipolata, anche se in parte è vero. La vera questione è il perché politici, media e potenti abbiano il potere di manipolare. Non gli viene da sfere celesti lontane ma dal popolo. L'esigenza profonda, che va compresa, del popolo di avere delle guide sicure da poter anche maledire se le cose vanno male. Tolto l'alibi dell'informazione che non circola e che ci sono i manipolatori, cosa verissima, è chiaro che informare non fa cultura
Rimane abbastanza incredibile però che difronte a certe immagini o notizie ci sia assoluta indifferenza…
Questo mostra che oggi in generale il calcio è il nome di una struttura organizzata nell'immaginario collettivo planetario fortissima. Che ha una valenza fortissima unificante nel mondo. Il calcio sta dando risposta ad un'esigenza diffusa di unificazione e di rielaborazione di conflitti sublimati e non guerreggiati. A questo si aggiunge che nella coscienza collettiva i fenomeni che tipicamente riescono a svolgere una funzione di traino e che spingono lo sguardo verso il futuro hanno tre caratteristiche precise
Quali?
La prima è provare emozioni forti e coinvolgenti. La seconda è un apparato tecnologico-organizzativo rodato e basato su una rete planetaria. Infine la cultura dell'evento. Così si creano gli eventi moderni che hanno sempre più una valenza dell'immediato, senza legami con il passato o il futuro. Persino la storia degli eventi passati viene rielaborata per renderli fruibili nell'immediato. Tutte questo catalizza talmente l'attenzione e, fatalmente, tutta una serie di prezzi pagati per raggiungere lo scopo vengono percepiti come mali necessari e dimenticati
Ma l'uso politico dello sport dovrebbe portare vantaggi al Paese che organizza. A quanto pare in Brasile non sta andando così…
Io non userei la parola usare. Direi “funzionano da”. Prima di usare politicamente lo sport c'è un immaginario da capire. Non basta che uno lo voglia usare perché le cose funzionino. La genialità di Mandela ad esempio non fu di usare il rugby ma di capire e sentirsi parte di un immaginario collettivo. Per capire il Mondiale in Brasile bisogna capire un insieme più vasto rispetto al semplice teatrino della competizione
E quale sarebbe?
Secondo me si tratta della spinta ad una forte unificazione. Ed è significativo che avvenga in un Paese emergente come il Brasile con contraddizioni talmente gigantesche e violenze antiche talmente vaste che in questo momento sta producendo il sogno di un futuro da protagonista nel mondo. Questa cosa ha prezzi giganteschi, che naturalmente non giustifico, ma che vanno compresi.
Posto che il mondiale generi questo sogno, una fetta della popolazione si sta ribellando. Come si spiega?
Innanzitutto stiamo parlando di una parte della popolazione. Mi permetto di aggiungere un dubbio. Ipotizziamo che le proteste arrivino al punto di bloccare l'evento. Faccio una domanda: siamo sicuri che le proteste siano un'assunzione di quelle informazioni sulla vera realtà o che non siano un'altra manifestazione di ricerca di un evento eclatante. Quasi tutti i movimenti collettivi degli ultimi 20 anni hanno avuto un accensione rapida e uno spegnimento rapido. Anche queste realtà rispondano alle stesse regole che ho enunciato parlando dei Mondiali
In entrambi i casi si parla di desiderio di visibilità agli occhi del mondo?
Si. Desiderio giusto, ma dove porta? E mi chiedo: come mai le proteste contro certi eventi avvengono negli stessi luoghi degli eventi contestati e ne mimano il desiderio profondo, cioè la visibilità agli occhi del mondo? E dopo? Mi chiedo se non ci sia qualcosa da rivedere nell'anima dei movimenti. E se non sia la stessa cosa che è da rivedere nella creazione dei grandi eventi. Il mondo è ormai spettacolizzare tutto. Si rischia di essere prigionieri di chi organizza quello spettacolo. Io non so se le proteste andranno a buon fine. Ma se anche accadesse sarebbe la stessa cosa. E poi ho un dubbio atroce…
Quale dubbio?
Siamo sicuri che interrompendo il Mondiale ci sarebbero meno morti?
Non credo si possa dare una risposta…
Non dimentichiamoci che la violenza è dall'inizio della storia umana il problema dei problemi. Noi oggi viviamo nell'epoca meno violenta della storia. Il rapporto tra numero della popolazione e numero di morti violenti è evidente. Da sempre l'immaginario collettivo emergente ha comportato l'occultamento di violenze. Noi oggi riusciamo a saperlo meglio e lo riteniamo inaccettabile. Ma non cadiamo nell'errore di pensare che prima fosse meglio. Prima era peggio. Abbiamo solo cominciato a migliorare. Ma il cambiamento comincia domani mattina. Siamo solo all'inizio.
Quindi, nonostante tutto, il Mondiale va sostenuto?
Si tratta di una manifestazione che coinvolge per anni tutti i Paesi del mondo. Va innanzitutto accolto nella sua valenza unificante. Un grande sogno di unità. Tenendo conto che un grande sogno porta sempre con sé grandi cecità. Ma rimane che questa grande speranza di pace e fratellanza è positiva. Se perdiamo il passo del sogno veniamo travolti
Stasera vedrà l'apertura tra Brasile e Croazia?
Non ce la faccio. Ho degli impegni purtroppo. Ma di sicuro guarderò l'Italia sabato, anche se è molto tardi. E farò il tifo
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