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Manconi: attenta sinistra, non inglobare i no global

Il senatore dei Verdi mette in guardia: «Questo movimento è persuasivo, attiva sentimenti e invia messaggi in molti settori. Ridurlo a una parte politica sarebbe un grosso errore»

di Ettore Colombo

Luigi Manconi, 53 anni, ex portavoce e senatore dei Verdi, di mestiere e di passione fa il sociologo, ma, soprattutto è sardo, sassarese per la precisione. E dunque ci tiene a spiegare, per bene, le cose. Il movimento anti G8 lo ha seguito e studiato. Gliene abbiamo chiesto conto a pochi giorni dall?assemblea che a Bologna, il 9 settembre, trasformerà il Genoa social forum in Italy social forum, lanciando nuove sfide.

Vita: Come la retorica della violenza ha offuscato le ragioni di chi è andato a Genova?

Luigi Manconi: Nonostante gli sforzi di molti (Agnoletto in testa), anche per responsabilità di parte del movimento, tali temi sono stati ridotti al problema della libertà di manifestazione per i contestatori. In ogni caso, già prima di Genova avevo analizzato quello che chiamavo il ruolo ?ambiguamente positivo? delle tute bianche. L?idea cioè che una quota di aggressività fosse fisiologica, ma che, se canalizzata e mediata, poteva essere governata. Questa idea funziona fino a Genova. Dopo, non più. Genova ha segnato il fallimento di questa strategia, che del resto aveva presupposti fragilissimi.

Vita:A chi imputa questi errori? A quali soggetti o attori politici e sociali, intendo?

Manconi: Questa riduzione al problema della possibilità di manifestare per i contestatori (la retorica della violazione della ?zona rossa?) non è stata impedita a sufficienza all?interno del movimento: anche perché questo si è dato forme vetuste di espressione, rappresentanza e manifestazione. Forme di espressione, un repertorio di lotta e una leadership ?sinistrica?, dove prevalgono i metodi della politica tradizionale, pur se nella sua versione estremistica di sinistra (il che, spesso, è ancora peggio). Un altro tipo di politica, non convenzionale, non è riuscita a esprimersi.

Vita: Si riferisce al mondo cattolico e alla componente moderata del movimento?

Manconi: Esistono, tra i cattolici, associazioni e organizzazioni che coltivano un approccio radicale alle grandi questioni sociali, nazionali e internazionali; approccio che li rende estranei alla politica tradizionale: non certo per ingenuità (anche?), quanto per la loro alterità. La conseguenza è che la ricaduta politica di questa azione sociale viene trascurata da quegli stessi movimenti.

Vita: Quali gli atout che i movimenti di ispirazione religiosa hanno sulla sinistra?

Manconi: Per molti aspetti, i movimenti d?ispirazione religiosa erano e sono più titolati della sinistra stessa a proporre e a gestire quei temi. Per tre buone ragioni: la prima è la competenza che hanno elaborato nell?analisi delle contraddizioni nord-sud. Il secondo motivo è la loro estraneità alla politica tradizionale che li garantisce da scelte tattiche e da posizioni ?di schieramento?, ovvero dalla riproduzione della tradizionale dialettica destra-sinistra (che ancora appesantisce parte dei no global). Il terzo punto è la coerenza tra analisi e proposte, stili di vita e obiettivi. Questi tre elementi renderebbero i movimenti di ispirazione religiosa i più titolati a guidare il movimento.

Vita: E la sinistra tradizionale, invece, che cosa non ha capito di questo movimento?

Manconi: ha oscillato tra prudenza e opportunismo. Sul futuro del movimento non ho lezioni da dare e previsioni da fare. Di certo, sono molto cauto su letture del tipo ?una nuova generazione è scesa in campo?: trent?anni fa come oggi, si tratta di minoranze. Ma questo movimento possiede una capacità notevole di persuasione, invia messaggi e attiva sentimenti in molti settori. Guai a ridurlo a un movimento di sinistra, estrema o meno.

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