Mondo

Mali, un Paese allo sbando

di Giulio Albanese

Confesso, senza reticenze, ai lettori di questo Blog che continuo a seguire le vicende maliane con grande apprensione. Cosa dire? Sono giunto alla conclusione che abbandonare il popolo di quella fiera nazione al proprio destino, significherebbe dare per spacciata una realtà territoriale e statuale che rischia la disgregazione. La dicono lunga gli scontri in atto nel Nord tra i tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) e i jihadisti di Ansar Dine. Una conflittualità che evidenzia lo stato di anarchia in cui è precipitato il Nord del Paese, determinata, soprattutto, dall’intransigenza dei jihadisti che hanno ribadito di voler applicare la sharia, la legge islamica, nella regione secessionista. Ipotesi respinta dai tuareg, tradizionalmente laici. I leader africani, intanto, hanno chiesto alle Nazioni Unite di sostenere un intervento militare nel nord del Mali volto a ripristinarne l’integrità territoriale. Tutti sanno, però, che non è assolutamente facile dipanare il bandolo della matassa. Anzitutto, perché l’ex giunta militare responsabile del golpe militare di marzo è ancora a Bamako e dintorni. E poi, gli interessi internazionali legati al petrolio e all’uranio, di cui è ricco il Nord, sono così contrapposti per cui le divisioni tra gli attori in campo (e dietro le quinte) rischiano col tempo di riproporre uno scenario molto simile a quello sudanese. Una cosa è certa: la creazione di uno Stato indipendente tuareg nel Nord del Mali rappresenta un elemento destabilizzante per l’intera fascia saheliana e porterebbe inevitabilmente a nuovi devastanti conflitti con conseguenze pesantissime per le popolazioni locali. Inoltre, è rilevante che il presidente della Guinea Conakry, Alpha Condè, ha chiesto ufficialmente al presidente del Niger, Mahamadou Issoufou, nel corso della sua odierna visita nella capitale guineana, di mettere a punto uno sforzo comune per garantire l’integrità del Mali, anche facendo ricorso eventualmente all’uso della forza. Che la situazione sia gravissima lo conferma anche il neo presidente francese François Hollande che ha, pubblicamente, ribadito il sostegno del suo governo a un’eventuale operazione militare africana contro i jihadisti. Bisogna ora vedere se il nuovo inquilino dell’Eliseo si dissocerà dalla linea politica del suo predecessore. E sì perché Sarkozy, secondo diffuse indiscrezioni trapelate dai circoli diplomatici africani, avrebbe chiesto, lo scorso anno, ai tuareg presenti nel deserto meridionale libico, di scaricare Gheddafi, promettendo un deciso sostegno nella lotta di liberazione della regione settentrionale maliana dell’Azawad. La presenza in Francia di almeno quattro portavoce dello Mnla spingono a considerare il governo francese della vecchia amministrazione “Sarko” non sia stato del tutto estraneo alle vicende maliane. Al popolo maliano non resta che confidare sulla diplomazia internazionale, sperando sempre che con Hollande non si cada dalla padella alla brace.

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