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Mali: Bamako sotto attacco terroristico
Stamane un albergo della capitale maliana molto frequentato da espatriati è stato attaccato da terroristi. Bilancio provvisorio: tra 10 e 27 morti. Su 170 clienti presenti nell’albergo, 140 sono stranieri. Tutti gli ostaggi sono stati liberati, alcuni di loro sarebbero stati rilasciati dopo aver recitato alcuni versetti del Corano. Nel pomeriggio, i due gruppi terroristici Al-Mourabitoune e Al Qaeda in Maghreb hanno rivendicato l'attacco.
Stamane all'alba uomini armati hanno preso d'assalto l’Hotel Radisson Blu di Bamako, in Mali, prendendo in ostaggio circa 170 persone. Tra loro, si contavano 140 stranieri, in maggioranza europei (di cui molti francesi), ma ci sono anche turchi (sei membri della compagnia aerea Turkish Airlines), cinesi (una decina secondo la Televisione centrale di Cina, CCTV), indiani (una ventina), algerini, americani, marocchini. Il bilancio, ancora incerto, varia tra i 10 e i 27 morti. Una fonte dell'Agence France Presse parla di almeno 22 morti.
Tutte le altre persone presenti nell'albergo sono fuggite o fatte evacuare dalle forze speciali maliane, che stasera sono ancora alle prese con i terroristi asseragliati nell'albergo. Alcuni ostaggi liberati sarebbero stati rilasciati dopo aver recitato alcuni versetti del Corano. Sul numero di terroristi implicati nell'attacco, c'è ancora molta confusione. Per una fonte militare maliana citata dal sito d’informazione Malikahere sarebbero una decina, altre fonti parlano invece di tre, massimo quattro terroristi, di cui due terroristi.
L’attacco è avvenuto alle 6 di questa mattina. “Stavo in ufficio quando ho udito colpi d’arma da fuoco all’hotel Radisson”, ha dichiarato a Vita.it Alexis Kalambry, il direttore del gruppo editoriale Les Echos, la cui sede si trova ad appena 200 metri dal Radisson. “Le forze dell’ordine hanno impiegato un pò di tempo prima di arrivare sul luogo, chiudendo tutte le strade aggiacienti all’albergo”.
Le forze dell’ordine hanno impiegato un pò di tempo prima di arrivare sul luogo, chiudendo tutte le strade aggiacienti all’albergo
Alexis Kalambry, Direttore del gruppo editoriale Les Echos du Mali
Secondo le informazioni raccolte da Radio France Internationale, un gruppo di uomini armati avrebbero fatto iruzzione nell'albergo Radisson gridando “Allah Akbar!” (Dio è grande) e uccidendo nella hall tre stranieri (tutti europei). Alle 9h45, le forze speciali maliane hanno lanciato un assalto, con l’aiuto di membri della gendarmeria francese e della Missione ONU in Mali (Minusma), riuscendo a liberare in un primo tempo circa 30 persone. Tra i liberati c’era l’artista guineano Sékouba Bambino, che ha rilasciato questa testimonianza a Le Monde Afrique:
“Tutto ha iniziato alle 6 del mattino. Dalla mia stanza numero 427, al quarto piano, ho sentito colpi di arma da fuoco, molto violenti. Sul momento ho pensato che fossero dei banditi, ma dalla potenza dei tiri ho poi capito che si trattava di armi da guerra. Sparavano di continuo tra le 6 e le 8h40. Gli aggressori si spostavano un piano dopo l’altro. Due di loro parlavano inglese, con un accento nigeriano. Li ho sentito dire: “Tutto ok? Bisogna andare da quella parte, io vado dalla parte opposta”. In realtà, stavano ricaricando le loro armi nella stanza affianco alla mia. Tutto l’abergo è stato invaso da fumo e da gaz lacrimogine. Verso le 8h30 le forze maliani ci hanno liberato. Ho aspettato che un militare maliano parlasse in bambara (una delle lingue più diffuse in Mali) per aprire la mia porta ed essere liberato. In tutto eravamo sette”.
Sparavano di continuo tra le 6 e le 8h40. Gli aggressori si spostavano da un piano all’altro. Due di loro parlavano inglese, con un accento nigeriano.
Sékouba Bambino, artista guineano liberato dalle forze speciali maliane
Prima di lasciare precipitosamente Ndjamena (Ciad), dove partecipava a una riunione regionale dedicata al terrorismo nel Sahel, Il presidente maliano, Ibrahim Boubakar Keita, ha espresso “il suo rammarico per quanto sta accandendo in Mali. Lancio un appello alla calma e alla serenità al popolo maliano”. Da Parigi, il presidente François Hollande ha voluto “assicurare ai maliani tutta la nostra solidarietà e il nostro sostegno”. La Francia darà il proprio contributo “per ottenere la liberazione degli ostaggi”, ha aggiunto Hollande. Di fatti, poco fa 40 uomini del GIGN (l’unità di élite della gendarmeria francese) si sono imbarcati a bordo di un volo militare diretto a Bamako.
Secondo una fonte locale contattata da Vita.it e che ha richiesto l’anonimato, “l’Hotel Radisson Blu è un albergo molto frequentato dagli espatriati ed è considerato uno dei più sicuri a Bamako, eppure ci sono delle entrate in cui non c’è nessuna sicurezza”.
Nel pomeriggio, il gruppo terroristico islamico Al-Mourabitoune, diretto dal leader djihadista algerino Mokhhar Bel Mokhtar, ha rivendicato su Twitter l'attacco, "effettuato in collaborazione con i nostri fratelli di AQMI", Al Qaeda in Maghreb. Al-Mourabitoune ha inoltre promesso altri attacchi "finché non cesseranno le agressioni contro il Nord del Mali e non saranno liberati i djihadisti detenuti nel centro e nel sud del Mali". L'autenticità di questa rivendicazione non è stata ancora accertata.
In un primo tempi, gli occhi erano puntati su Iyad Ag Ghali, un ribelle tuareg del Mali che ha fatto parte del Movimento popolare dell'Azawad negli anni novanta e noto per aver partecipato nel 2012 all'insurrezione in Mali dirigendo il movimento Ansar Dine. Secondo il sito d’informazione Mondafrique, prima dell’attacco all’Hotel Radisson Blu “molti esperti avevano la convinzione che il paese fosse minacciato da un’ondata di attentati dalla fine del mese di giugno”. In ottobre, il giornale svizzero La Tribune de Genève aveva rivelato l’autentificazione di un messaggio audio di Iyad Ag Ghaly nel quale il leader islamista chiamava a lottare contro la Francia, salutando l’attentato contro Charlie Hebdo. In precedenza, Ghaly aveva denunciato l’accordo fimato tra il governo maliano e la Coalizione dei Movimenti dell’Azawad a favore della pace con i Tuareg del Nord Mali, giudicandolo un’offesa alla quale i giovani dovevano rispondere “attraverso cinture e macchinari esplosivi”. “Ad oggi”, scrive Mondafrique, “nessuno sa dove si trova. Alcuni dicono che si sarebbe rifugiaton in Algeria, altri che si trova in Mali, a Kidal”.
Mokhtar El Mokhtar, detto "il guercio"
Qualora la rivendicazione del gruppo El-Mourabitoune venisse confermata, gli sguardi si sposteranno su uno dei terroristi più temuti ed enigmatici dell'Africa: Mokhtar El Mokhtar. Una breve scheda del giornale panafricano Jeune Afrique lo presenta così:
Nato nel 1972 in Algeria, si trasferisce in Afghanistan nel 1991 per combattere assieme ai mujahidin. Di ritorno nel suo paese durante la guerra civile algerina, fonda la Brigata del Martire, un movimento affiliato al Gruppo islamico armato (GIA). Dopo essersi avvicinato ad Al Qaeda, il GIA diventa il Gruppo salafista per la predicazione e il combattimento (GSPC), per poi cambiare nuovamente nome: Al Qaeda in Magrheb (AQMI) nel 207. Nel dicembre 2012, Mokhtar Bel Mokhtar crea il suo proprio movimento armato, I firmatari del sangue, che l'anno successivo si associa al Movimento per l'unicità e il jihad in Africa occidentale (Mujao) per dar nascita al gruppo El-Mourabitoune. Mokhtar Bel Mokhtar è noto per l'attacco che ha rivendicato nel gennaio 2013 contro la struttura petrolifera di Amenas, in Algeria, che provocò la morte di molti ostaggi occidentali. La sua ricomparsa nell'attento di Bamako contrasta con le rivelazioni di alcune fonti non ufficiali che lo davano per morto nell'agosto 2015 in seguito ad un attacco dell'esercito statunitense nella città cirenaica di Adjabiya.
Il conflitto maliano risale al 2012, a seguito di un colpo di Stato contro l’ex presidente Amadou Toumani Touré e all’offensiva del Movimento Nazionale di Liberazione dell'Azawad (a prevalenza tuareg) e degli islamisti nel dicembre 2012. Un mese dopo, la Francia ha lanciato l’operazione militare Serval per fermare l’avanzata dei jihadisti su Bamako e ristabilire la sovranità del Mali sui territori settentrionali. L'operazione si è conclusa il 15 luglio 2014 e sostituita dall'’Operazione Barkhane’, lanciata in agosto 2014 per combattere i combattenti islamici nel Sahel.
In un commento rilasciato alla tv francese BFMTV, il giornalista africanista Antoine Glaser sostiene che la strategia dei gruppi terroristici è cambiata: “ora cercano di colpire in città, e special modo a Bamako. La loro base principale si trova in Libia, territorio dal quale possono scendere in Mali e lanciare i loro attacchi”.
In un’analisi pubblicata sul sito dell’ISPI, il giornalista Andrea de Giorgio riassumeva così la situazione in Mali nel 2013:
Da almeno una decina d’anni l’islam africano, tradizionalmente tollerante, moderato e inclusivo, presenta soprattutto nella regione sahelo-sahariana una nervatura fondamentalista crescente: un bacino fertile per il reclutamento di nuovi mujaiddin da parte dei gruppi jihadisti che negli ultimi anni operano nella zona. Nelle recenti analisi del fenomeno – pubblicate da diversi centri di studio sul terrorismo globale – si mette spesso in luce la direttrice nord-sud, cioè la discesa verso l’Africa occidentale di gruppi d’integralisti islamici nordafricani che, alla ricerca di nuovi territori di conquista (di cui le sabbie del nord del Mali costituiscono la roccaforte), esportano la dottrina del neo-salafismo e issando sui kalashnikov la bandiera nera del jihad. In sostanza arabi nordafricani che emigrano al sud e attraversano il grande Sahara seguendo le antiche rotte dell’arabizzazione del VII secolo.
Oltre a questo aspetto ne esiste in realtà un altro meno conosciuto e indagato ma altrettanto importante che segue la direttrice opposta, quella sud-nord. Una fetta crescente di popolazioni nere africane che, influenzate da nuovi imam-predicatori che operano in moschee di paesi come il Senegal, la Nigeria e la Costa d’Avorio, si spostano verso nord per incontrare i fratelli arabi e dar manforte alla guerra santa per ristabilire il “vero islam” nella regione. Da quando gruppi armati quali Aqmi (al-Qaida au Maghreb islamique), Mujao (Mouvement pour l'unicité et le jihad en Afrique de l’Ouest) e Ansar al-Din (i “difensori della religione”) si sono insediati nel Nord del Mali occupando con le armi quasi due terzi del paese e imponendo un’anacronistica versione della sha’ria, questo fenomeno ha raggiunto proporzioni sempre più preoccupanti.
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