Salute

Malattie renali e ricerca, il contributo trentennale dell’Istituto Mario Negri

Raggiunti importanti traguardi nella diagnosi precoce, nella cura del rene policistico, nella cura dei pazienti diabetici e per evitare la dialisi e il rigetto nei trapianti. Nell’occasione, avviata una campagna di sensibilizzazione sulla diffusione di questa malattia e di raccolta fondi a sostegno dei ricercatori

di Redazione

«In Italia sono circa 2,5 milioni le persone affette da malattie renali e di queste 50mila sono costrette alla dialisi». A ricordarlo è Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs, che ha ricoperto tra l’altro dal 2013 al 2015 la carica di presidente dell’International Society of Nephrology, che celebra ogni anno l’11 marzo la Giornata Mondiale del Rene, per sensibilizzare il pubblico sulla condizione di tutte queste persone a cui occorre dare speranza con la ricerca e lo studio.

L’Istituto Mario Negri da oltre 30 anni è impegnato, in collaborazione con l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, in numerosi progetti di ricerca che hanno al centro le malattie renali. Nei laboratori del Kilometro Rosso a Bergamo e di Villa Camozzi a Ranica, i ricercatori dell’Istituto studiano i meccanismi di progressione delle nefropatie croniche e lo sviluppo di nuove strategie di prevenzione e di cura. A questi studi hanno contribuito moltissimi ricercatori e clinici, sotto la guida di Piero Ruggenenti, Ariela Benigni e Erica Daina.

In occasione della giornata mondiale del rene, l’Istituto ha avviato una campagna di sensibilizzazione sulla diffusione di questa malattia e di raccolta fondi a sostegno della ricerca per migliorare le aspettative di vita dei pazienti.

La funzione dei reni è molto complessa: regolano quantità e composizione dei liquidi del nostro corpo, e allontano le sostanze di scarto inutili e anche pericolose per la salute. I reni regolano la pressione arteriosa e svolgono anche una funzione ormonale, con la produzione di eritropoietina, responsabile della maturazione dei globuli rossi, o l’attivazione della vitamina D essenziale per il metabolismo osseo.

I reni sono in grado di garantire un buon equilibrio delle funzioni dell’organismo anche quando sono severamente danneggiati: possono perdere gran parte della loro funzionalità senza che si avverta alcun disturbo. Per questo scoprire tempestivamente le malattie renali è molto importante, e la sensibilizzazione del pubblico come quella che si vuole attuare con la Giornata Mondiale è fondamentale.

«In concreto per far sì che i reni lavorino a dovere il più a lungo possibile, è importante condurre fin dall’infanzia uno stile di vita sano, cioè» raccomanda Amantia Imeraj, nefrologa presso il Laboratorio di Documentazione e ricerca sulle malattie rare: «idratarsi regolarmente; seguire una dieta varia ed equilibrata; ridurre il consumo di sale, che può favorire l’ipertensione; non fumare; svolgere regolare attività fisica per tenere alla larga obesità e malattie metaboliche; tenere sotto controllo la pressione del sangue; non esagerare con l’alcol, perché l’eccesso di bevande alcoliche è un fattore di rischio per l’insufficienza renale cronica a cui pochi pensano».

La principale causa d’insufficienza renale terminale nel mondo è il diabete di tipo 2 o diabete dell’adulto. In questo ambito l’istituto Mario Negri ha raggiunto importati risultati. «Gli studi clinici condotti in Istituto», spiega Matias Trillini, ricercatore presso il Laboratorio di Fasi Avanzate dello Sviluppo dei Farmaci nell'uomo «ci hanno permesso di testare e sviluppare farmaci che riducono la perdita renale di proteine. Questi farmaci sono diventati standard nel trattamento della nefropatia diabetica in tutto il mondo».

Un altro ambito di ricerca riguarda il rene policistico, una malattia ereditaria che porta alla formazione di sacche di liquido – dette cisti – in entrambi i reni. Le cisti ingrandendosi arrivano ad assumere dimensioni considerevoli, portando progressivamente all’insufficienza della funzione dell’organo. «

“La malattia del rene policistico è stata a lungo una malattia orfana, ovvero una patologia per la quale non esisteva alcuna terapia», spiega Anna Caroli, responsabile del laboratorio di Medical Imaging. «Negli ultimi anni, anche grazie ai risultati delle nostre ricerche, due farmaci sono stati autorizzati per la cura».

Quando comunque la funzione renale è persa, il trapianto di rene consente a chi lo riceve di tornare ad una vita pressoché normale, libera dal vincolo della dialisi, senza i problemi di salute causati dall'insufficienza renale. Il rene trapiantato, però, viene percepito dal sistema immunitario del ricevente come organo estraneo. Oggi esistono diversi farmaci che riescono a tenere il rigetto sotto controllo, tuttavia, questi farmaci presentano effetti collaterali, anche gravi nel tempo, in quanto vanno assunti per tutta la vita.
“All’Istituto Mario Negri stiamo sperimentando il modo per insegnare al sistema immunitario di chi è stato trapiantato a non aggredire il rene nuovo, ma a “tollerarlo” in modo da non dover ricorrere a nessun farmaco antirigetto», ricorda Federica Casiraghi, responsabile del Laboratorio di immunologia del trapianto. «Il protocollo messo a punto, che ha già registrato dei successi, prevede l’utilizzo di un particolare tipo di cellule staminali, le cellule mesenchimali stromali, isolate dal midollo osseo».

In apertura image by Herney Gómez from Pixabay

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