Giornata malattie neuromuscolari

Malattie neuromuscolari: clinici e pazienti fanno fronte unico

La ricerca avanza e così la qualità di vita di chi convive con la malattia. Molte ancora sono le sfide da affrontare. Se ne parla oggi, in 19 città italiane, con incontri tra clinici, associazioni di pazienti e istituzioni, organizzati dalle società scientifiche di riferimento

di Nicla Panciera

Si celebra oggi 22 marzo l’ottava edizione della giornata delle malattie neuromuscolari, insieme eterogeneo di patologie, per oltre il 90% rare, caratterizzate da un decorso progressivo e spesso degenerativo, che può variare notevolmente nel tempo, arrivando spesso a causare disabilità grave.

L’evento Gmn2025, promosso dall’Associazione Italiana per lo Studio del Sistema Nervoso Periferico Asnp, dall’Associazione Italiana di Miologia Aim e dalla Società italiana di neurologia cui entrambe le Associazioni Asnp e Aim aderiscono, si svolge contemporaneamente in 19 città italiane con l’obiettivo di rispondere alla crescente richiesta di informazioni proveniente da pazienti, famiglie e associazioni. Oltre alla promozione e alla diffusione continua dei progressi clinici e scientifici, le edizioni di questa giornata hanno favorito il dialogo tra clinici e pazienti e, a volte, istituzioni, consolidando una comunità molto impegnata, nonostante la frammentazione delle associazioni, a favore dei bisogni insoddisfatti di chi vive con una malattia neuromuscolare.

La comunità delle persone che si occupano di queste condizioni è molto cresciuta e la ricerca avanza a passo spedito. Tanto che Annalisa Scopinaro, presidentessa della Federazione Italiana Malattie Rare Uniamo, nel suo videomessaggio di apertura dei lavori, ha voluto evidenziare come le malattie neuromuscolari siano una sorta di banco di prova per il futuro per il Sistema sanitario nazionale. «Queste malattie, molte delle quali sono rare, da diversi anni sono oggetto di studio per capire come intervenire sui funzionamenti che ne sono alla base, al fine di rallentare la progressione dei sintomi e finanche di guarirle quando possibile» ha detto Scopinaro. «Ciò comporta che siano all’avanguardia anche nei trattamenti e va fatta una riflessione su come sistematizzare la ricerca, con il supporto dei pazienti e delle loro associazioni, su come raccogliere le evidenze anche di real world, come renderle facilmente comprensibili alle istituzioni anche in fase di approvazione dei farmaci, e su come, una volta che i farmaci sono stati sviluppati, farli arrivare al letto del paziente».

L’attenzione verso le malattie neuromuscolari è notevolmente cresciuta, grazie anche ai significativi progressi nelle terapie e nella ricerca. Al contempo, permangono dei bisogni insoddisfatti e delle sfide urgenti, sulle quali istituzioni e associazioni si confronteranno nella Gmn2025. «Molto è cambiato rispetto a un tempo quando si procedeva per tentativi in ogni ambito, come facevano i miei genitori nel tentare di trovare risposte ai miei bisogni» riflette Marco Rasconi, presidente di Uildm e dei Centri clinici Nemo, nel corso della tavola rotonda dell’edizione milanese della Gmn2025. «Oggi molto è cambiato, grazie alla forza e all’impegno dell’associazionismo. Si pensi all’avere dei centri specialistici per la presa in carico. O anche, agendo su un altro fronte non solo sanitario, l’aver ottenuto che il progetto di cura venga integrato con il sociale. La persona non è più un paziente ma un individuo a 360 gradi che deve costruire e co-progettare la propria vita».  D’altra parte, l’innovazione terapeutica porta a nuove sfide. «Pensiamo alla Sma: abbiamo i trattamenti ma lo screening non è ancora entrato nei Lea. In altri casi, abbiamo il trattamento ma manca l’impegno alla sua commercializzazione da parte dell’industria farmaceutica per mancanza di redditività. Oppure, ci sono aggiustamenti urgenti da fare, come nel caso dell’Agenzia europea dei medicinali Ema che non approva un farmaco, come è nel caso della Duchenne, nonostante il parere non solo dei pazienti ma anche dei clinici e delle società scientifiche».

Garantire l’accesso delle cure è una sfida di cui tutti gli attori sono consapevoli. In particolare, in un contesto in cui l’impatto delle malattie neurologiche è in aumento in Europa, dove il 43% delle persone svilupperà una malattia nel corso della propria vita, come ha ricordato in un videomessaggio Elena Moro, presidentessa dell’European Academy of Neurology, società scientifica che rappresenta 45 mila neurologi che lavorano e vivono in Europa. Il costo complessivo è di 1,7 miliardi di euro e le polineuropatie e le malattie del motoneurone sono una parte importante.

Le associazioni offrono supporto e servizi preziosi. Il Centro di riferimento per le malattie rare Regione Lombardia promuove iniziative culturali e di sensibilizzazione. «Il reperimento delle informazioni pratiche da parte del paziente e dei suoi familiari è spesso complicato» dice Giada Perinel psicologa del Centro ascolto Duchenne Cad di Parent Project, che risponde a questi bisogni, ma anche a quelli psicologici, sociali e di fisioterapia. «C’è il problema della transizione verso l’età adulta, che ancora presenta un gap negli specialisti di riferimento, e nell’effettiva presa in carico multidisciplinare, con i pazienti che da soli cercano di prenotare esami di controllo in un tempo ragionevole per la successiva visita, spesso ricorrendo al privato» dove, però, spesso non ci sono le competenze necessarie richieste da una malattia rara. Per ottimizzare il lavoro di tutti, suggerisce Perinel, «sarebbe auspicabile una maggior integrazione delle associazioni con le strutture cliniche, l’associazione può fare da ponte per una miglior e più efficace comunicazione tra clinica e pazienti, a beneficio di entrambi, mettendo a frutto i propri contatti consolidati e le proprie conoscenze dei centri, delle sperimentazioni attive e delle leggi per indirizzare i pazienti. L’obiettivo è di lavorare in equipe su fronti differenti. Non si dimentichi che la patologia rara espone al rischio di esclusione».

Ci sono poi altre difficoltà, trasversali alle diverse malattie neuromuscolari, che le persone con una diagnosi sono chiamate ad affrontare, diritti disattesi nonostante la voce dell’associazionismo sollevi le stesse problematiche con puntuale regolarità: «L’esistenza dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali  Pdta  che prevedono un piano di trattamento personalizzato non garantisce il loro effettivo rispetto. Siamo costretti a pagare di tasca nostra la fisioterapia, che deve essere continuativa e quindi va effettuata regolarmente, un ciclo breve di riabilitazione intensiva non basta per contrastare i sintomi della malattia» dice Marina Garcea di Acmt Rete per la malattia di Charcot-Marie-Tooth Cmt. Un ulteriore ostacolo, più volte portato all’attenzione di Regione Lombardia, «l’interregionalità dei farmaci ma non della riabilitazione, per cui gli studenti che vengono a Milano di settimana a studiare all’Università sono costretto a cambiare la residenza per avere diritto alla fisioterapia oppure a pagarsela di tasca propria»·

Foto di Marco Bianchetti su Unsplash

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