Natale con i poveri

Malata e lontana da casa, ma con la speranza di una cura

Quello di Lorella sarà un Natale lontano da casa: ha un mieloma, per cui è in cura all'Istituto nazionale dei tumori di Milano. Ad accoglierla, una "Casa Ail". «Ai regali per i miei figli ho pensato da tempo, delle calde coperte con le loro foto da piccoli». Una storia emblematica delle difficoltà che deve affrontare un malato oncologico per accedere alle migliori possibilità di cura

di Nicla Panciera

«Lei ha un mieloma, sa cos’è?». Al sentire queste parole dirette, «ho capito solo -oma» ci dice Lorella, la voce soffocata in gola a ripensarci. «Sono rimasta lì, nella camera d’ospedale, sola con l’annuncio di una diagnosi che arrivava dopo sette anni di indagini inutili».

La malattia aveva da tempo dato segni della sua presenza, con dolori, mal di schiena e difficoltà a camminare. «Dopo qualche ora, in cui nel frattempo avevo letto nel web preoccupanti informazioni sul decorso della malattia, è arrivata un’oncologa che mi ha spiegato che dal mieloma multiplo non si guarisce ma lo si può trattare e che avrei potuto contare sugli specialisti dell’Istituto oncologico veneto-Iov di Padova, in costante contatto con l’ospedale di Vicenza, dove mi trovavo. In quel momento, ho capito che sarebbe cambiato tutto».

Durante quel mese trascorso in ospedale, Lorella pensa a come lo avrebbe detto ai figli, Marta e Marco, che allora avevano 21 e 18 anni, una volta dimessa, nel conforto della propria casa. Era il 2018 e Lorella, vicentina di 63 anni, inizia a vivere l’alternanza tipica di questa malattia, fatta di remissioni alternate da ricadute che richiedono nuovi trattamenti.

Abbiamo finito le cartucce

La recidiva è la sfida più grande. Si abbatte sul paziente, che aveva ritenuto di poter tenere sotto controllo la malattia, e lo getta nello sconforto di chi non sente di avere più forze per farcela. «Ricordo ognuno di quei momenti». Fino all’abisso, l’annuncio della sospensione di ogni trattamento: «Abbiamo finito le cartucce, mi è stato detto lo scorso settembre. Non c’erano più armi a nostra disposizione», tranne forse una terapia avanzata che, oggi, è motivo di speranza dopo tanti fallimenti: le Car-T.

Per questo, Lorella si è dovuta trasferire a Milano per alcune settimane ed è stata presa in carico dall’Istituto nazionale dei tumori, dove un paio di settimane fa ha ricevuto l’infusione delle Car-T Cell, terapie avanzate basate sulla modifica e sul potenziamento dei linfociti T che, riprogrammati in questo modo, riescono a riconoscere e aggredire le cellule tumorali. Questo nuovo paradigma di cura per alcuni tumori del sangue, aggressivi e refrattari (e allo studio come terapia sperimentale per altri) è innovativo. Pur non garantendo il risultato, regala una nuova speranza a chi ha esaurito le possibilità terapeutiche convenzionali. Per i possibili effetti collaterali, richiede lunghe permanenze nei dintorni dell’istituto dove viene effettuato il trattamento, quindi i pazienti si devono spostare dentro e fuori regione per lunghi periodi.

Le Case Ail

Lorella è ospitata in una delle 14 Case di Ail Milano, Monza e Brianza, che l’associazione mette a disposizione per i pazienti onco-ematologici che si trovano nel bisogno di avere un alloggio durante la permanenza in una città molto costosa, dove gli affitti brevi – soprattutto nelle vicinanze delle strutture sanitarie – sono alle stelle. Negli oltre 25 anni di “AIL accoglie. Una casa per chi è in cura” a Milano sono state quasi 1.500 le persone che hanno trovato un alloggio grazie ad Ail Milano e alle sue case vicine ai principali centri di ematologia. Sono stati 102 i pazienti e 204 i familiari ospitati negli ultimi tre anni nelle case Ail (e 133 pazienti ospitati in altre strutture). Nel solo 2023, sono stati 13.714 i pernottamenti nelle case Ail, 4.503 i pernottamenti offerti dall’associazione presso altre strutture e 2.444 i trasporti effettuati da e per i vari ospedali.

Lorella nella casa Ail dove alloggia in queste settimane di permanenza a Milano

«Conoscevo già Ail attraverso la sezione di Vicenza, che mi ha fornito grande supporto. Oltre all’alloggio, qui a Milano, Ail fornisce un servizio di accompagnamento: c’è un volontario che mi aiuta con i trasferimenti da e per l’Istituto Tumori. Non so ancora fino a quando dovrò restare qui, ma questo alloggio ora è un po’ come casa mia. Qui con me, ci sarà a turno una delle mie quattro sorelle, mentre le altre a Vicenza accudiranno i nostri genitori anziani, i miei figli e il mio ex-marito» racconta Lorella. «Non so come avrei fatto senza Ail».

Malattia e impoverimento

L’impoverimento è esperienza comune dei pazienti oncologici e mina non solo il benessere mentale della persona, già provata dalle difficoltà della malattia, ma anche quello fisico. C’è anche un termine tecnico, tossicità finanziaria: è quel fenomeno per cui le difficoltà economiche dovute alle cure si traducono in un peggioramento degli esiti di malattia.

Lorella nella casa Ail dove alloggia in queste settimane di permanenza a Milano

Impiegata amministrativa, al momento della diagnosi, Lorella lavorava già da tempo da casa per le difficoltà a muoversi autonomamente. «Passati i sei mesi di malattia, l’azienda poteva licenziarmi e lo ha fatto. Con la pensione di invalidità e l’assegno di invalidità sono riuscita a non erodere eccessivamente i miei risparmi. Una volontaria mi ha suggerito di fare la domanda di pensione anticipata. Avevo poi la somma ricevuta con il licenziamento, come eventuale cuscinetto», racconta Lorella che, con la separazione dal marito un anno prima della diagnosi di mieloma, si è trovata a far fronte alla nuova situazione con molte spese da affrontare, una figlia all’Università Cà Foscari e un figlio all’ultimo anno dell’Istituto tecnico industriale.

Passati i sei mesi di malattia, l’azienda poteva licenziarmi e lo ha fatto. La trasferta da Vicenza a Milano costa di solo pedaggio 50 euro ogni volta, senza contare la necessità di avere qualcuno che mi accompagni e il dover farmi aiutare, che è ciò che mi pesa di più

Lorella

Abitando in provincia, negli «anni di trattamenti, dovevo fare periodicamente la spola da casa fino all’ospedale di Vicenza. Poi, dal 18 settembre, data della prima visita in Istituto Tumori, all’infusione delle Car-T il 13 dicembre, sono venuta a Milano otto volte. La trasferta da Vicenza a Milano costa di solo pedaggio 50 euro alla volta, senza contare il dover avere a disposizione qualcuno che mi accompagna e dover farmi aiutare, che è forse ciò che mi pesa di più».

Poi c’è un’altra tossicità, di cui solo più di recente si è presa consapevolezza, senza però mai averla affrontata veramente, quella temporale. Impoverisce le tasche ed esaurisce le energie di ogni paziente che, senza alcuna eccezione, aspetta. Aspetta per prenotare una visita, aspetta per entrare a fare la visita, aspetta i risultati di un esame. Lo si lascia aspettare come se non avesse più nulla da perdere, diceva grande oncologa dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, Sylvie Ménard.

Lorella è una donna abituata a fare per sé e per gli altri e a essere autonoma e che ama i propri figli: «Sono bravi e parsimoniosi. Si sono dati da fare per contribuire il più possibile, lavorando nei fine settimana e, preso il diploma, Marco ha trovato subito lavoro. Quando studiava, Marta era così brava che ha sempre avuto una borsa di studio, anche per andare a studiare all’estero in Erasmus». E aggiunge: «Avevo lasciato detto e scritto, se qualcosa fosse andato male in seguito a questo ultimo tentativo terapeutico, di lasciarmi andare, perché rifiuto ogni accanimento terapeutico».  

Un Natale sereno di qualche anno fa, Lorella con i figli Marco e Marta

Una festa, comunque

Invece, la vita regala nuove possibilità. Le Car-T e la speranza per il futuro, che sarà comunque in salita. «Penso molto al futuro, mi immagino come potrà essere. Un passo alla volta. A Natale sono stata con i miei figli, Marta è arrivata domenica e Marco, impegnato perché allenatore di una squadra di pallamano, proprio il 25». Da tempo Lorella ha iniziato a pensare al regalo per loro, un dono che è semplicemente commovente: «Una coperta di pile con le loro foto, da quando erano piccoli. Sono immagini che avevo sul mio cellulare e altre che ho chiesto al mio ex marito di andare a prendere a casa. Il regalo è già pronto, è arrivato a Milano grazie a mia sorella, cui l’avevo fatto recapitare». Come festeggeremo? «Non siamo mai stati i tipi da grandi abbuffate, quindi il menù prevede un bel risotto di zucca, un ottimo polpettone preso in un nostro negozio di fiducia vicentino e delle patate». Una festa in trasferta, anzi due, perché il 27 dicembre Lorella compirà 64 anni.

Ogni anno più di un milione di persone deve spostarsi in ospedali lontani da casa per curarsi. Altre volte sono persone che, per la malattia, perdono oltre al lavoro anche la casa, come nel caso delle badanti H24. Ognuno ha la sua storia, ma il bisogno è in crescita e andrà affrontato in modo sistematico.

La povertà è un tema totalmente dimenticato del dibattito politico e pubblico. Eppure abbiamo tassi mai visti negli ultimi dieci anni. E allora occorre avere il coraggio e la responsabilità di raccontare le storie di chi fatica ad arrivare a fine mese. Perché non solo le “loro” storie, sono le “nostre” storie. Questo articolo fa parte di una serie intitolata “Natale con i poveri”. Leggi anche:

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– Il mio primo Natale in famiglia, dopo tanti anni di carcere
Francesca: «Non sono sola. Per questo sarà un buon Natale, nonostante tutto»
Aver messo sotto l’albero un regalo per il mio bimbo: conta solo questo
– Un incontro di solitudini al pranzo di Natale
– Al cenone dei senza dimora, l’augurio di Gianni è una casa per tutti
Il Natale semplice di chi ha vissuto la strada

In apertura, la laurea di Marta, Venezia 2018. Tutte le foto sono fornite dall’intervistata

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