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Mafia, nuove ombre sui Servizi
Rivelazioni e riconoscimenti, le Procure a caccia della verità
La verità sulle stragi di mafia? Un percorso a ostacoli per i magistrati delle procure siciliane, chiamati a valutare l’attendibilità di rivelazioni e di riconoscimenti inquietanti, come è avvenuto ieri. Al centro della scena i rapporti oscuri fra mafia e pezzi dello Stato, in una stagione politica, quella del ’92-’93, cruciale nel passaggio fra prima e seconda repubblica. Ecco come i giornali oggi cercano di raccontare e di commentare i fatti.
- In rassegna stampa anche:
- BERLUSCONI
- ECONOMIA
- PARTI SOCIALI
- IOR
- BENI CONFISCATI
- L’AQUILA
- MIGRANTI
- ECOLOGIA
- FONDAZIONI
- SCUOLA
- EMILIA ROMAGNA
“Stragi, il pentito riconosce uno 007”, titolo forte di apertura del CORRIERE DELLA SERA di oggi. Torna in primo piano dunque l’oscura stagione delle stragi di mafia, con la verità che si allontana nel tempo, travolta da rivelazioni che sembrano fatte apposta per impedire l’accertamento delle effettive responsabilità nell’uccisione del giudice Borsellino e della sua scorta, avvenuta nel lontano 1992. Due pagine dedicate al “riconoscimento” da parte del pentito Gaspare Spatuzza e all’altra notizia clamorosa di ieri, e cioè che l’ex comandante del Ros dei carabinieri, il generale Mario Mori, è indagato “per concorso esterno” in associazione mafiosa, nell’inchiesta sulla cosiddetta trattativa tra Stato e boss mafiosi. In prima del CORRIERE parte il lungo commento di Giovanni Bianconi, firma storica delle cronache giudiziarie del CORRIERE sui fatti di mafia: “La verità e le ombre”. Ecco cosa scrive Bianconi: “Ciò che si verifica nell’Italia del 2010 assomiglia a un gioco di specchi dove le immagini si riflettono una sull’altra fino ad assumere forme irriconoscibili. Per venirne a capo si può ricordare che in questo Paese ci sono già stati poliziotti condannati per contiguità con la mafia (Bruno Contrada, per esempio, anche se lui s’è sempre proclamato innocente); niente di nuovo, insomma, se qualche vecchio metodo investigativo fondato su confidenze e soffiate quando non c’erano i pentiti, riconsiderato in una stagione di confini più netti si trasforma in reato. Si può anche immaginare – visti gli esiti di altri processi che hanno coinvolto alti ufficiali del Ros dei carabinieri, il reparto d’eccellenza a cui apparteneva Mori – che quella particolare articolazione dell’Arma sia ricorsa ad artifici per i quali ogni tanto capita di dover pagare il conto. Ma sarebbero considerazioni riduttive. La posta in gioco con le indagini riaperte a Palermo e Caltanissetta (ma anche a Firenze, dove si cercano ancora tasselli di verità sulle stragi consumate in continente nel 1993) è molto più alta. Perché va al di là delle singole figure coinvolte, del generale Mori e dell’agente segreto. Se fosse vero anche solo un quarto di ciò che Massimo Ciancimino ha raccontato ai magistrati in due anni e mezzo di interrogatori (e già questa è una bizzarria, sembra che la sua testimonianza non debba finire mai) saremmo ben oltre i favori di qualche carabiniere che chiude un occhio per favorire il proprio informatore”. E questa è la conclusione, prudente, della lunga analisi: “In un simile quadro, confuso e paradossale – scrive Bianconi – non è semplice muoversi e tenere comportamenti immuni dal rischio di sollevare polveroni e infangare persone che non lo meritano. L’unica possibilità è quella di lasciare alla magistratura il tempo di svolgere tutti gli accertamenti: avendo cura di farli bene, in tempi rapidi e senza pregiudizi. E tenendo sempre presente che un’indagine e un’ipotesi di reato (tanto più se sollevata per poter procedere a inevitabili accertamenti) non sono una condanna. Per cui il generale e il funzionario dei Servizi hanno diritto di continuare ad essere considerati quello che sono stati finora: uomini di istituzioni contrapposte alla mafia, non affiliati o complici occulti, o addirittura stragisti. Fino alla prova contraria di cui però gli inquirenti hanno il dovere di verificare l’eventuale esistenza, visto che qualcuno ne ha parlato nell’Italia dei misteri e dei segreti mai svelati”. E’ Felice Cavallaro, a pagina 2, a raccontare la novità: “Spatuzza e lo 007 «Somiglia all’uomo dell’autobomba» è il titolo. Il funzionario sotto accusa, riconosciuto (con molti dubbi) durante un confronto all’americana, si chiama Lorenzo Narracci. “«Patto con i boss», indagato Mori» è il titolo di spalla a pagina 3. Dove Alfio Sciacca riferisce degli sviluppi delle indagini. Si profila dunque un cambiamento del capo di imputazione nei confronti del generale, attualmente sotto processo per favoreggiamento aggravato in relazione alla mancata cattura del boss Bernardo Provenzano. Si segnala la reazione indignata di Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato: “Mori è un eroe della lotta alla mafia”.
«Uno 007 nell’agguato a Borsellino» è il titolo principale della prima pagina di REPUBBLICA. La ricostruzione della vicenda è affidata a Francesco Viviano: «Le inchieste sulle stragi di Capaci e di via D’Amelio ogni giorno che passa aprono scenari inquietanti e coinvolgono ancora di più pezzi dei servizi segreti che avrebbero avuto un ruolo in quella stagione di sangue. Ieri pomeriggio il principale pentito della strage di via d’Amelio, Gaspare Spatuzza, è stato messo a confronto con uno degli 007 sul quale da mesi si appuntano i sospetti di essere stato l’uomo che il giorno prima della strage sarebbe stato presente alla preparazione dell’autobomba utilizzata per uccidere il 19 luglio del ’92 il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta». E le conferme arrivano anche da Massimo Ciancimino: è «Lorenzo Narracci, ex appartenente al Sisd, e attualmente membro dell’Asi» l’uomo «che spesso era andato a trovare Vito Ciancimino mentre era detenuto nel cardere di Rebibbia». Nel frattempo ci sono «Nuove accuse per il generale Mori sotto inchiesta per concorso esterno. E a pagina 13 il «retroscena» di Attilio Bolzoni parla di «Patti oscuri, ricatti e depistaggi. Così lo stato fu tradito dai suoi servitori». Scrive Bolzoni: «C’è chi ha trattato e c’è chi ha partecipato. Nelle stragi, due sono stati i livelli di commistione fra la mafia e gli apparati di sicurezza. Non è stata solo Cosa Nostra ad uccidere Falcone e a far saltare in aria Borsellino, non è stato solo Totò Riina il macellaio dell’estate siciliana del 1992.
IL GIORNALE dedica alla questione Borsellino due minuscoli box a pagina 16. Il primo titola “Spatuzza riconosce lo 007: era vicino all’autobomba”. «Il funzionario dell’Aisi (agenzia per la sicurezza interna) Lorenzo Narracci, indagato a Caltanissetta nell’inchiesta sulle stragi del ’92, è stato riconosciuto dal pentito Gaspare Spatuzza come “il soggetto estraneo a Cosa Nostra visto nel garage mentre veniva imbottita di tritolo l’auto usata nell’attentato al giudice Borsellino”». Il secondo box “Patto Stato-mafia. È indagato il generale Mori” invece recita “la procura di Palermo ha iscritto nel registro degli indagati, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, il generale del Ros Mario Mori nell’ambito della presunta trattativa tra Stato e mafia all’indomani della stagione stragista del ’92 e del ’93». Online un solo articolo firmato Redazione. “Spatuzza: era presente nella strage Borsellino”. L’unica nota in più rispetto al cartaceo è la presa di posizione di Capitano Ultimo, il colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio che catturò Totò Riina il quale commenta, raggiunto dall’Ansa «È una delle più raffinate manovre corleonesi della storia criminale di cosa nostra. Mi sembra evidente che si tratta di un attacco di forze oscure che all’interno di Cosa nostra vogliono distruggere il valoroso generale Mario Mori. Al generale va la nostra totale e incondizionata ammirazione, anche per la pazienza con cui sopporta l’ennesima persecuzione».
Le rivelazioni di Spatuzza richiamate in uno strillo in prima occupano solo un articolo di spalla a pagina 24, sul SOLE 24 ORE, firmato da Nino Amadore. “Spatuzza: lo 007 vicino alla bomba? Può essere lui”: «È come se stessero tessendo una tela partendo da due posizioni diverse. Di qua i magistrati di Palermo, di là quelli di Caltanissetta. Un cammino che in questi giorni sembra aver avuto un’accelerazione verso il punto di arrivo comune: fare chiarezza sulle stragi del 1992-1993. Ed è andando in questa direzione che i magistrati di Palermo hanno iscritto nel registro degli indagati Massimo Ciancimino, figlio di don Vito, ex sindaco mafioso di Palermo e il generale Mario Mori, già a capo del Ros e poi del servizio segreto civile. Mentre i magistrati antimafia di Caltanisetta alla ricerca di riscontri hanno cercato la conferma sul ruolo equivoco che in occasione della strage di via d’Amelio, in cui morirono Paolo Borsellino e gli uomini della scorta, potrebbe avere avuto un uomo dei servizi come Lorenzo Narracci e lo hanno messo a confronto con il pentito Gaspare Spatuzza, ex killer di Brancaccio. Un riconoscimento dato per certo il pomeriggio da un’agenzia di stampa e smentito seccamente a sera tardi dal procuratore di Caltanissetta Sergio Lari: «c’è la possibilità, non la probabilità né la certezza, che l’uomo nel garage in cui veniva preparata con l’esplosivo la 126 rossa poi deflagrata in via D’Amelio fosse Narracci»”.
Nessun riferimento in prima pagina sul MANIFESTO, che apre sull’ultimo respingimento di migranti di ieri, alle rivelazioni sul caso Borsellino. Sulla strage di via D’Amelio solo un breve articolo a pie’ di pagina 4, interamente dedicata ai temi dell’editoria e della Rai. «Spatuzza il giallo dello 007». In breve la notizia e che «(..) Su quanto è accaduto tra Spatuzza e Narracci c’è un giallo, perché in un primo momento si era diffusa la notizia che il pentito avesse riconosciuto nello 007 l’uomo che era nel garage di Palermo quando fu imbottita di tritolo la Fiat 126 usata nell’attentato di via D’Amelio dove fu ucciso Paolo Borsellino. Successivamente, il procuratore capo di Caltanissetta Sergio Lari – che ha riaperto le indagini sulle stragi mafiose del ’92 ed era presente ieri al confronto all’americana, ha smentito la notizia. Parlando con l’agenzia AdnKronos, Lari ha riferito soltanto, per non violare il segreto istruttorio, che Spatuzza ha espresso dubbi sul fatto che fosse Narracci quell’uomo “esterno a Cosa nostra” che prese parte alla preparazione della strage e di cui lo stesso pentito parla da tempo». Si conclude sulla dichiarazione di Salvatore Borsellino che «(…) forse siamo a un passo dalla verità».
“Mafia: anche Mori indagato. Giallo su uno 007 nella strage Borsellino” è il richiamo in prima di AVVENIRE che a pagina 11 nell’articolo dell’inviato Alessandra Turrisi parla delle rivelazioni su Lorenzo Narracci, ex funzionario del Sisde attualmente in servizio all’Aisi (Agenzia per la sicurezza interna) che sarebbe coinvolto nella strage di via D’Amelio: «È stato riconosciuto dal pentito Gaspare Spatuzza, anche se come ha poi precisato in serata il procuratore capo di Caltanisetta Sergio Lari, lo stesso pentito avrebbe espresso dubbi sul fatto che si trattasse del “soggetto estraneo a Cosa Nostra visto nel garage, mentre veniva imbottita di tritolo la Fiat 126 usata nell’attentato al giudice Borsellino”. Resta il fatto che a Spatuzza sono state mostrate più persone simili di aspetto, dietro a un vetro. Tra queste il funzionario dei servizi, che da qualche tempo, dopo la notizia del suo coinvolgimento nell’inchiesta, è stato allontanato dal suo precedente incarico». Narracci è stato riconosciuto anche da Massimo Ciancimino, secondo cui l’agente incontrò il padre Vito, sindaco di Palermo colluso con la mafia. E sulla trattativa tra Stato e mafia arrivano altre novità investigative clamorose: ieri si è appreso che il generale dei carabinieri Mario Mori, già sotto processo per favoreggiamento aggravato alla mafia, è indagato dalla procura palermitana anche per concorso esterno in associazione mafiosa. Ma lui dichiara: «Continuerò a difendermi nel processo, consapevole di avere soltanto combattuto la criminalità organizzata».
Fotonotizia in prima e doppia pagina (la 6 e la 7) dedicate alle accusa del pentito Spatuzza a uno 007 e relativa inchiesta ai danni del generale Mario Mori: è questo lo spazio che LA STAMPA offre al lettore per capire le torbide dinamiche che talvolta offuscano, nascondono o a tratti rivelano i retroscena della stagione antimafia di fine anni ’90. Oltre alla cronaca dei fatti, affidata a Riccardo Arena, il giornale diretto da Mario Calabresi propone un’intervista a Ciancimino jr, paradossalmente confortato da un avviso di garanzia che gli è stato recapitato. Segno – chiosa il figlio di Don Vito – della veridicità delle testimonianze depositate finora. Da testimone inconsapevole (agli ordini di papà Vito), ad attore “in buona fede” delle stesse vicende, questa è la parabola a cui fa riferimento Ciancimino jr. Che non si lascia sfuggire l’occasione per una breve stoccata “a chi sa”: «Ho subito una campagna di delegittimazione da parte di chi non si può neanche nominare e, presto, non si potrà nemmeno processare» e aggiunge «Sono stato indagato e imputato, ho massimo rispetto per chi ci passa , anche se ho le mie verità (generale Mori ndr.). E so che non sarà l’unico».
Un bell’articolo, infine, quello di Francesco La Licata che tenta la spiegazione del metodo “Ros”, reparto dei carabinieri da cui proviene il generale Mori, dove non si escludono collaborazioni con infiltrati, confidenti, finanche l’utilizzo di baratti al fine di completare le indagini. Un metodo discusso, ma in voga, si fa per dire, da sempre.
E inoltre sui giornali di oggi:
BERLUSCONI
LA REPUBBLICA – Le pagine 2 e 3 sono interamente dedicate a un lungo articolo di Piero Colaprico e Giuseppe D’Avanzo che ricostruisce le dichiarazioni rese da Ruby R., la minorenne marocchina da cui è partita l’inchiesta che coinvolge Emilio Fede e Lele Mora con l’accusa di favoreggiamento della prostituzione. Il titolo in prima è «Ruby e il Cavaliere “Le mie notti ad Arcore”». Si annuncia così un tormentone che rischia di occupare a lungo le pagine dei quotidiani per i prossimi giorni. La minorenne «fa entrare negli atti giudiziari un’espressione inedita, il “bunga bunga”. Viene chiamata in questo modo l’abitudine del padrone di casa d’invitare alcune ospiti, le più disponibili, a un dopo-cena erotico. “Silvio (lo chiamo Silvio e non Papi come gli piacerebbe essere chiamato) mi disse che quella formula – “bunga bunga” – l’aveva copiata da Gheddafi: è un rito del suo harem africano». Questo “gioco”, viene descritto da Ruby «agli esterrefatti pubblici ministeri milanesi con molta vivezza, addirittura con troppa concreta vivezza. Si diffonde nelle modalità del sexy e maschilista cerimoniale che è stato raccontato da Muammar Gheddafi e importato tra le risate ad Arcore. Ruby indica che cosa si faceva e chi lo faceva, un lungo elenco di nomi celebrati e popolari, in televisione o in Parlamento».
ECONOMIA
IL MANIFESTO – «L’economia del disastro totale» è il titolo di una lunga intervista a Giorgio Lunghini per approfondire il tema del modello di sviluppo, a pagina 7. «Decrescita o diverso modello di sviluppo? Le contraddizioni del capitalismo, i ritardi della sinistra sulla questione ambientale, l’assuefazione a considerarci tutti consumatori. E le lungimiranti analisi dell’economista Georgescu-Rogen che già negli anni ’70 rifletteva su guerra, demografia, stili di vita» riassume il sommario. A una domanda sulla crescita che sembra non funzionare più Lunghini risponde: «Una delle ragioni per le quali non funziona più è che negli ultimi trent’anni le modalità della crescita capitalistica hanno generato disoccupazione e disuguaglianze: i ricchi sono diventati più ricchi, i poveri più poveri … E questo ha provocato la crisi attuale: se i redditi da lavoro sono bassi, è bassa la domanda effettiva, l’economia non cresce e i capitali si spostano sulla finanza, con i risultati che abbiamo visto».
PARTI SOCIALI
IL SOLE 24 ORE – Apertura del giornale dedicata alla firma ieri di un accordo su quattro punti per il rilancio del paese: “Debutta il patto sociale”, titola il Sole in prima, che poi a pagina 3 dettaglia le misure su cui si è trovato l’accordo: «Prima intesa al tavolo sulla crescita tra le parti sociali che hanno elaborato proposte comuni sui primi 4 temi: ammortizzatori sociali, Mezzogiorno, semplificazione amministrativa, ricerca e innovazione. (…) Particolarmente nutrito il pacchetto di richieste sul capitolo “emergenze sociali”. Imprese e sindacati propongono di incrementare e rendere strutturali gli incentivi alla contrattazione di secondo livello (aziendale o territoriale) per collegare gli aumenti retributivi al raggiungimento di obiettivi di produttività. (…) Per il Mezzogiorno le parti sociali chiedono di reintrodurre il credito d’imposta nel 2011 per “sostenere la nuova e buona occupazione e gli investimenti produttivi” (…) Altra priorità è la semplificazione delle pubbliche amministrazioni “accelerando l’iter dei provvedimenti legislativi in corso”, dalla riforma degli sportelli unici, all’applicazione del principio che vieti alle PA di chiedere ai cittadini e alle imprese documenti già in possesso di altre amministrazioni. Infine la ricerca e l’innovazione, con la proposta di un credito d’imposta per favorire gli investimenti e la creazione di una rete dell’innovazione per realizzare un’ampia collaborazione sul territorio».
IOR
LA REPUBBLICA – «I soldi della mafia riciclati su un conto dello Ior» è il titolo dell’articolo di Carlo Bovini a pagina 23. Questi gli elementi dell’inchiesta di Catania: «Un conto dello Ior, un capo bastone mafioso, i suoi soldi, e il suo giovane nipote, un sacerdote che l’accusa vuole si adoperi per ripulire lungo le vie del Signore 250mila euro truffati alla collettività, dissimulandone il cattivo odore e i beneficiari».
BENI CONFISCATI
IL SOLE 24 ORE – “Rinascita per 9 beni tolti alla criminalità”: «Ci sono due appartamenti, due ville, un centro ippico, un mandarineto e una serie di immobili. Tutti beni confiscati alle mafie che saranno riutilizzati e valorizzati grazie ai progetti di alcune associazioni e organizzazioni del terzo settore che hanno superato una selezione indetta dalla Fondazione per il sud».
L’AQUILA
LA STAMPA – Pagina intera (10) per fare il punto sulla ricostruzione della città abruzzese colpita dal terremoto. A farlo l’Istituto nazionale di urbanistica che ha pubblico uno studio sulla ricostruzione e che in poche parole descrive la situazione così: a un anno e messo dal terremoto si scopre che ancora non si sa chi, come e quando ricostruirà L’Aquila. Il decreto legge varato nel pieno dell’emergenza parlava genericamente di una piano di ricostruzione rimasto lettera morta. Titolo del pezzo: “L’Aquila, ricostruire è impossibile”. Commenta il servizio il sindaco Pd, Cialente, intervistato: «Parlano di cose che non conoscono».
MIGRANTI
IL MANIFESTO – «Ultimo stadio» è questo il titolo che campeggia nella prima pagina del MANIFESTO sulla foto dell’arrivo dei migranti ieri al porto di Catania. «Soccorsi, sequestrati, deportati nello stadio di Catania e poi arrestati o rimpatriati senza che avessero la possibilità di chiedere asilo politico. È il trattamento riservato dal nostro governo a 128 immigrati appena sbarcati in Sicilia, tra i quali 48 minorenni. Molti di loro avevano dichiarato di essere “palestinesi”. Negato l’accesso persino ai rappresentanti delle Nazioni Unite, che si dichiarano “preoccupate”» è il sommario che rinvia all’articolo a pagina 5 dove si sottolinea come il Viminale abbia impedito «all’Unhcr, al Cir e all’Arci di incontrare gli immigrati». Sempre in prima pagina un commento di Angelo Mastrandrea, dal titolo «La legge di Maroni» dove si legge: «Non c’era nessun Ivan il terribile, ieri nello stadio di Catania. A dirla tutta, non si giocava nemmeno una partita di calcio. C’erano invece 128 immigrati appena sbarcati, e tutto ciò che accadeva si svolgeva a porte chiuse. Come nei peggiori rovesci delle democrazie, come se la consuetudine di escludere i giornalisti non bastasse a cancellare quanto stava accadendo dalle cronache, questa volta non era consentito l’ingresso nemmeno all’Unhcr, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati (…)» E ancora «Al termine di una giornata che nessuno potrà raccontare con dovizia di particolari, in 68 sono stati messi su un aereo e spediti in Egitto. Non è un caso ma l’esecuzione di una volontà politica, se è vero che meno di un mese fa la stessa sorte, e negli stessi tempi, è toccata a un altro pugno di “palestinesi” sorprendentemente sbarcati sulle coste laziali». E conclude riferendosi a Maroni «Se oggi l’Italia è un paese aperto a tanti Ivan il terribile che nemmeno parlano serbo e chiuso al mondo è soprattutto colpa sua e del governo che rappresenta. Non sarebbe il caso di rimpatriarlo a Varese?».
AVVENIRE – Il quotidiano della Cei affronta in due pagine (6 e 7) il tema dell’integrazione possibile presentando “buone pratiche” già messe in campo in varie città italiane. Sono sempre di più e sempre più decisivi gli immigrati descritti dal dossier Caritas impegnati nel’edilizia, nella ristorazione e nell’industria. Da loro arriva la ricchezza nascosta dell’Italia. La sfida è la legalità nel terziario e nell’assistenza. Da Rosarno arriva il caso degli animatori Caritas della parrocchia di San Martino, esempio intelligente di integrazione con affitti e contratti in regola per gli immigrati. Con la storia di Natasha, arrivata da Kiev in Calabria dopo una lunga odissea in pullman con il sogno di un lavoro.
ECOLOGIA
ITALIA OGGI – Trasporto assicurato da veicoli ibridi o elettrici, il 20% dell’energia proverrà da fonti rinnovabili, e acqua potabile dal rubinetto. Sono alcuni delle caratteristiche della nuova città ecologica nella zona industriale di Binhai, a un centinaio da Pechino. I lavori, recentemente iniziati, termineranno tra un anno. Secondo il pezzo «La Cina realizza la città ecologica“ «la nuova Binhai, si estenderà su un’area di 30 chilometri quadrati e comprenderà abitazioni, industrie leggere, spazi ricreativi.
FONDAZIONI
IL SOLE 24 ORE – A lato della ricerca Ipsos sul risparmio delle famiglie, un commento di Orazio Carabini “È ora di ridiscutere ruolo e regole delle fondazioni”: « Le recenti vicende di governance di Intesa Sanpaolo e di Unicredit hanno restituito alle cronache comportamenti dei gruppi dirigenti (non tutti per fortuna) abbastanza deprimenti, ispirati da logiche politiche poco consone alla buona gestione delle banche. (…) La responsabilità principale di queste poco edificanti vicende va ricercata nei gruppi dirigenti di alcune tra le maggiori fondazioni, guidate da personaggi in vista come Angelo Benessia, Fabrizio Palenzona, Paolo Biasi, Dino De Poli, Andrea Comba. Tutti navigati uomini di potere che però hanno messo in grave difficoltà le banche di cui sono i principali azionisti. (…) Sul fronte opposto c’è invece chi sostiene che l’Italia non può rinunciare a questi “soci stabili” del sistema bancario: non esiste un’alternativa concreta alle fondazioni. (…) Certo qualche “deviazione” c’è stata. Capita che qualche presidente ogni tanto si creda un gestore di hedge fund e vada a mettere i soldi là dove avrebbe potuto fare a meno di investire. Ma è il prezzo dell’autonomia e non si può certo dire che, in generale, le fondazioni si comportino come speculatori, anzi. Quindi non è il caso di pensare a modifiche delle regole. Almeno per ora. Il check-up sollecitato con insistenza dal presidente delle Generali Cesare Geronzi può aspettare. Delle fondazioni-azioniste probabilmente può fare a meno (e magari ne farebbe volentieri a meno) la società di assicurazioni triestina, non le grandi banche. Che dovranno fare affidamento su quelle anomale e discusse diramazioni della politica ancora a lungo».
SCUOLA
AVVENIRE – Al rischio dell’ennesimo salasso per le scuole paritarie è dedicato il Primo piano di pagina 9 intitolato “Genitori all’attacco: Operazione verità sui soldi alle statali”. La Commissione Cultura della Camera ha approvato un ulteriore taglio del 47% dei finanziamenti al sistema delle scuole pubbliche non statali che dal prossimo anno non potranno più contare su 253 dei 534 milioni di euro erogati dal 2000. A Montecitorio sono ore decisive per la legge di stabilità e sale la protesta. L’Agesc lancia un appello a tutti i genitori per chiedere a Tremonti una verifica sui fondi spesi per le scuole statali.
EMILIA ROMAGNA
ITALIA OGGI – “Nessuno tocchi il vitalizio regionale“. Il quotidiano dei professionisti dedica un pezzo al vitalizio che i consiglieri regionali percepiscono quando non sono più in carica. Una spesa che secondo ITALIA OGGI, sta diventando esorbitante e che sta mettendo a rischio l’intero bilancio regionale dell’Emilia Romagna. Gli ex consiglieri emiliani costano 5 milioni l’anno. Sempre in Emilia Romagna, si spendono 2 milioni di rimborsi spese per i consiglieri, 2,5 milioni per pagare il personale dei gruppi politici presenti in consiglio, 1,7 milioni per pagare il personale assegnato ai presidenti di commissione. La lista prosegue con altre voci di spesa e rimborsi. ITALIA OGGI fa anche notare che il presidente della giunta dell’Emilia Romagna Vasco Errani ha appena firmato un ordine di servizio in cui impone agli assessori un rimborso spese massimo giornaliero di 150 euro per pranzo e cena.
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