Welfare

Mafia, beni finiti bene

La casa di Pippo Calò è una comunità di recupero. Le terre di Madonia diventano parco urbano.Con una legge innovativa il tesoro dei boss diventa sociale

di Mariateresa Marino

Operatori, volontari e qualche scout dell?Agesci, riconoscibile dalla divisa. Si muovono indaffarati tra le stanze di quello che a prima vista sembra soltanto un comodo appartamento. Stanno lì per aiutare un gruppo di giovani tossicodipendenti pronti al recupero che hanno scelto un nome bene augurante per la loro comunità: ?Il grido della speranza?. Chissà se Pippo Calò, il cassiere di Cosa Nostra, avrebbe mai immaginato un uso simile per una sua abitazione. E chissà se Vito Ciancimino rimpiange la perduta proprietà di 36 appartamenti a Palermo e sa che adesso sono destinati a famiglie di sfrattati. Periferia del capoluogo siciliano. Passando per le contrade – nomi antichi di quartieri nuovi della città – nella zona di san Lorenzo il Comune è pronto a metter mano a un vasto appezzamento di terreno appartenuto al boss Francesco Madonia, per trasformarlo in parco urbano. E ancora, in contrada Ciaculli, due grandi costruzioni ospiteranno un centro di recupero per minori a rischio. Ex proprietario, ai tempi d?oro degli appalti facili, Rosario Marino Mannoia. E il pozzo che il ?papa? Michele Greco si era scavato a uso personale, adesso distribuirà l?acqua a zone della città che soffrono l?atavica siccità siciliana. Sono i primi concreti risultati dell?applicazione della legge 109 del febbraio 1996, per la distribuzione a uso sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Un testo che, dopo un anno dall?emanazione e qualche prolungata lentezza burocratica, adesso sembra procedere più spedito, aggiungendo a quelli già raggiunti, altri traguardi importanti. Come il sequestro, avvenuto pochi giorni fa, di 500 milioni, patrimonio di un usuraio pisano, tornati nelle mani dello Stato. La prefettura di Pisa, a cui è affidata la gestione dei soldi, redigerà entro l?anno un bando rivolto a comuni e associazioni di volontariato che vorranno presentare progetti sociali. «Le emergenze delle città toscane sono quelle di qualsiasi altra città italiana», spiega Franceschelli, capo gabinetto della prefettura, «con un occhio particolare agli anziani e alle strutture di accoglienza per extracomunitari». Ma come applicare questa legge dribblando i soliti intoppi burocratici? Palermo ha dato l?esempio, assegnando all?assessore comunale allo sport e turismo Giovanni Ferro anche la delega speciale per la destinazione sociale dei beni confiscati. Solo nel capoluogo siciliano, in un anno, sono stati sequestrati beni per circa 15 miliardi. Ma il dato più recente (risalente all?agosto di quest?anno) è fornito da ?Libera?, associazioni, nomi e numeri contro le mafie: in tutta Italia i beni sequestrati alla mafia ed effettivamente destinati a scopi sociali, ammontano a oltre 56 miliardi. I beni della mafia, si sa, non sono concentrati tutti al Sud. I possessi emigrano e latitano come i possessori. Torniamo ancora in Toscana, dove, prima di Palermo, è toccata al gruppo Valdinievole di Pistoia la prima concessione di un bene confiscato alla ciminalità: una casa colonica di proprietà della famiglia camorrista Di Maro. Una concessione giunta dopo sette anni di attività della comunità, nata nel 1989 per iniziativa di un gruppo di famiglie coinvolte nel problema della tossicodipendenza. Genitori volontari che si sono rimboccati le maniche per aiutare i loro figli e i figli degli altri. A poco a poco il gruppo è cresciuto e sono state sempre le stesse famiglie, aumentate di numero, ad autotassarsi e a fondare poi una cooperativa per l?inserimento lavorativo dei giovani recuperati. Giovanni Moschini, 39 anni, un passato da tossicodipendente e un percorso di recupero a San Patrignano, parla con soddisfazione dei risultati raggiunti in questi anni. «Dall?89 a oggi abbiamo recuperato circa quattrocento ragazzi e aperto tre nuove case». Poi, nel luglio ?96 l?inaspettata concessione: una costruzione colonica nella campagna intorno a Massa e Cozzile, Comune in provincia di Pistoia, un fabbricato di due piani e di sei stanze in tutto, circondato da terreno agricolo e da bosco. Ci hanno pensato i ragazzi a ristrutturarla, a estirpare i rampicanti, a tagliare il prato davanti alla residenza estiva del camorrista. Ragazzi che hanno già superato il primo stadio del recupero e imparano a restaurare i mobili, a fare i giardinieri o gli imbianchini. Mestieri che, una volta usciti dalla comunità, daranno loro da vivere.


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