Volontariato

Madri perché abbracciate da altre madri

Marina Casini, presidente del Movimento per la vita, racconta l'approccio dei Centri di aiuto che, dal 1975, hanno accompagnato e sostenuto circa 260mila donne in difficoltà nella scelta di portare a termine una gravidanza. Un grande lavoro di accoglienza e di ascolto da parte di migliaia di volontari. Spesso mamme a loro volta

di Antonietta Nembri

Molte donne sono diventate madri perché un giorno hanno varcato la soglia di un Centro aiuto alla vita – Cav, le strutture nate dall’esperienza del Movimento per la vita. Erano incerte sul portare a termine la gravidanza, spesso perché sole, con pochi mezzi, in grande difficoltà. L’incontro con i volontari, la loro accoglienza, spesso le hanno indotte a cambiare idea. «Dal 1975, anno in cui è nato a Firenze il primo Centro aiuto alla vita, sono stati oltre 260mila i bambini nati grazie a questo inconcontro». A parlare è Marina Casini, classe 1966, giurista e docente di Bioetica alla Cattolica di Roma. È lei che dal 2018 guida il Movimento. Una realtà che ha costruito una rete di 431 associazioni federate, con 62 case di accoglienza. Suo padre era Carlo Casini, il magistrato che quel movimento aveva creato.

Nel giorno della Festa della mamma, abbiamo voluto chiedere a lei quali madri incrociano ogni giorno i volontari dei tanti Cav.

Ogni donna arriva con la sua storia, con il suo vissuto, con la sua personalità, con la sua sensibilità, con le sue attese, le sue preoccupazioni, le sue ferite, i suoi affetti, le sue gioie, le sue soddisfazioni, i suoi fallimenti e i suoi successi, il suo “universo”, insomma. E anche i volontari sono diversi: ognuno è speciale a modo suo. E questa è una ricchezza in termini di umanità. In generale, posso dire che in 48 anni di collaudata esperienza ciò che più colpisce la donna è il clima di accoglienza e fiducia. Avverte di essere tra amici, come in una famiglia in cui ci si vuole bene. Nessun giudizio, nessuna intrusione nella vita privata, nessuna forzatura. Ascolto attivo e tanta condivisione. Quindi generalmente l’impatto è delicato, ma anche intenso perché abbraccia insieme alla donna anche il figlio che vive e cresce dentro di lei. Lo sguardo delle volontarie e dei volontari del Cav è rivolto a entrambi.

Quali sono le parole, le azioni che aiutano a creare un rapporto? È un dialogo tra madri?

L’inizio della gravidanza apre per la donna un periodo di grandi tensioni emozionali: si tratta, di una fase ricca di innumerevoli potenzialità evolutive, ma nel contempo è segnata da sentimenti ambivalenti, di compiacimento per l’esistenza del figlio, ma anche di timore perché la donna che si sente sola di fronte a una maternità sperimenta insicurezza circa le proprie capacità, insieme alla paura di non riuscire a gestire autonomamente la situazione. È fondamentale farsi “grembo del grembo”. Non è indispensabile che la volontaria sia una madre, anche se in gran parte dei casi è così. Ciò che conta è creare un clima positivo di simpatia ed empatia, di disponibilità e solidarietà nei confronti della nuova mamma, mobilitando un ampio impegno condiviso a suo sostegno.

Come avviene?

È fondamentale porsi “accanto” e non “contro”; armonizzare carità e verità; mettersi in sintonia e ispirare fiducia; mostrare disponibilità al sostegno volto a favorire la nascita del bambino perché madre e figlio stanno dalla stessa parte. È un “lavoro artigianale”, di “alta sartoria” che richiede un taglio su “misura”, perché ogni donna ha un suo cuore e una sua mente. E ogni donna, pur con alcuni elementi comuni a tutte, è un “pezzo unico” originale. E la consapevolezza che in gioco c’è la vita del proprio figlio, insieme alla consapevolezza di avere accanto qualcuno su cui poter contare fa emergere l’innato coraggio della donna a dire “sì” alla nascita del suo bimbo o della sua bimba, e poi scopre di avere risorse interiori – slancio, generosità, coraggio, speranza, autostima, forza interiore, fiducia – di cui forse neanche lei sospettava l’esistenza… Nessuna donna si è pentita di quel “sì”. Anzi, spesso rimane un legame con le volontarie del Cav che continua nel tempo ed è contrassegnato dalla gratitudine.

La foto di apertura è di Jordan Whitt su Unsplash

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