Formazione

Made in Moore

Il caso Cannes. La Palma d’oro è andata a Fahrenheit 9/11, ma soprattutto alla filosofia del suo regista.

di Carlotta Jesi

Se non fosse così grosso, spettinato e barbuto, Michael Moore potrebbe soffiare il posto a Topolino. Come simbolo americano. E non solo perché è sovrappeso e fatica a trovare un negozio per taglie forti come il 61% dei suoi concittadini. Potrebbe farlo perché è un vero prodotto made in Usa e perché, come ha gridato a Cannes, è “l?americano più patriottico che ci sia al mondo”. Di certo l?unico che l?11 settembre 2001, invece di aggrapparsi alla bandiera e a George Bush per superare il lutto, s?è posto una domanda (“come mai l?Fbi e la Casa Bianca stanno autorizzando i familiari di Osama Bin Laden a lasciare il Paese?”) e ci ha fatto un documentario premiato con la Palma d?oro: Fahrenheit 9/11. Moore potrebbe soffiare il posto al topo disneyano perché incarna la faccia dell?America che non pretende di essere perfetta e di dare lezioni di etica al mondo. Dell?America che sfrutta le migliori tecniche di marketing studiate nei suoi atenei per criticare chi mette in pericolo i principi di libertà su cui è nata. Dell?America stufa dei radical chic alla Noam Chomsky, che prende in mano la telecamera e senza pudore va a chiedere ai parlamentari di destra: tuo figlio l?hai mandato a combattere in Iraq? Ecco la filosofia di vita e di lavoro del regista del momento. Armi di distruzione di massa Moore ne ha una e se ne vanta: lo humor. Quello che rende le gaffe di Bush filmate in Fahrenheit 911 più efficaci di un impeachment al presidente e che manca ai democratici. “A sinistra, dicono che l?ironia svaluta l?impegno sociale. Per me commedia e sarcasmo aiutano a diffondere il messaggio politico”. E se non bastano i 4 milioni di copie di Stupid White Men vendute nel 2002 a convincerli, che imparino da Burt Simpson? Obi-Wan Kenobi Secondo l?intellighenzia di sinistra, a chi l?accusa di dare notizie poco accurate, il regista risponde con la vaghezza del maestro Jedi di Guerre stellari: “I lettori aumentano, gli spettatori pure e voi vi rendete ridicoli”. Se c?è una lezione che Moore ha imparato da George Lucas, è quella del marketing. Pragmatismo Ovvero raggiungere la fama sparando a zero sulle multinazionali e poi quadruplicarla affidando i propri libri alla casa editrice di Ruper Murdoch e i suoi film alla Walt Disney. Roba da new global di facciata? “No, da americano”, spiega Edoardo Brugnatelli, l?editore della Mondadori che ha portato in Italia Stupid White Man (più di 100mila copie vendute) e Come hai ridotto questo Paese (60mila). “A Moore, quel che importa è il risultato: diffondere il suo messaggio e non essere censurato”. Manhattan, Upper West Side Moore ci vive con moglie e figlia da 14 anni. In un appartamento da 1,27 milioni di dollari circondato da negozi che vendono un cappuccino a quasi 4 dollari e da scuole (in cui ha iscritto la figlia) frequentate solo da bianchi. “Non c?è nulla da vergognarsi. Se vieni dalla working class e riesci a offrire un tetto decente alla tua famiglia, è una buona cosa. Quella sbagliata è se poi chiudi la porta dietro di te per evitare che nessun altro possa farlo”. Vergognarsi dei soldi, per Moore è roba da liberal. Un lusso, insomma. O peggio, un tradimento? del sogno americano! Liberal “Li odio. Sono i librai indipendenti che ti mandano una email scandalizzati perché sul sito ho un link ad Amazon o perché la Harper Collins, posseduta da Murdoch, pubblica i miei libri. Io vesto Levis e bevo Coca Cola”. Filantropia Dimenticate il filantropo perfettino, alla Bill Gates, e quello ad alto impatto mediatico come Bono Vox. Quando Moore dona, per esempio 25mila dollari all?associazione dei librai indipendenti che nel 2002 s?è battuta contro la censura di Stupid White Man, lo annuncia in poche righe sul suo sito web. Da cui partono pagine di link a organizzazioni non profit per cui vale la pena di impegnarsi. Ma sempre senza pontificare. Anche nell?attivismo, per Michael l?ironia è la migliore arma da indossare. Perfino in formato maglietta, come quella con la scritta “Non sono una balena, veramente” che ha scelto per denunciare la ripresa della caccia al grande cetaceo. Maestri Ne ha avuti due: Ralph Nader, l?avvocato dei consumatori che ha appoggiato nelle ultime elezioni e che stavolta ha pregato di non correre per la Casa Bianca, e il pop corn. Dal primo, ha imparato a denunciare grandi ingiustizie partendo da piccoli problemi pratici su cui raccoglie centinaia di informazioni. Dal secondo, a fare film che la gente voglia andare a vedere il venerdì sera. “A Flint, dove sono nato, non abbiamo musei e case d?arte. Andiamo al cinema e mangiano pop corn. Con Roger and Me, volevo fare un film che si potesse godere mangiando pop corn e che ti facesse riflettere”. E visto che la formula ha funzionato, perché cambiarla? Fahrenheit 911 Nel titolo del documentario premiato a Cannes, ispirato al film Fahrenheit 451 in cui François Truffaut descrive una società dispotica del futuro dove i libri sono destinati al rogo, Moore sintetizza la sua rabbia per un?America tre volte ferita. Dagli attentatori dell?11 settembre, dagli interessi di Bush e dalle misure con cui il presidente americano ha rinnegato uno dei valori base del Paese: la libertà d?espressione. Rivendicata con orgoglio anche di fronte ai francesi che gli hanno assegnato la Palma d?oro: “Non sono dovuto venire a Cannes per scoprire che il mio è un Paese libero”. Big Mac Per la stampa inglese, Moore è un “walking testament of american consumption”, nientemeno che il simbolo del consumismo americano. Etichetta in cui il regista sovrappeso, che dichiara di emozionarsi quando trova un negozio per taglie forti e di divorare doughnuts e hamburger, si riconosce appieno. Perché un prodotto come lui, che ha abbandonato il college e che s?è aggiudicato un Oscar e una Palma d?oro , poteva nascere solo in America. Ed essere laureato da un americano doc come Quentin Tarantino, il regista di Pulp Fiction, ha fatto del Big Mac una star del cinema.


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