Cultura

Ma Taylor fa ancora paura

La questione dell'ex dittatore. Parla Stephen Ellis pochi giorni dopo le elezioni in Liberia

di Pablo Trincia

A pochi giorni dalle elezioni in Liberia, un nodo fondamentale che nessuno sembra ancora poter (o voler) risolvere, tiene banco nel dibattito sul futuro del disastrato paese africano: il destino dell?ex dittatore liberiano Charles Taylor, rifugiatosi al termine della guerra civile, due anni fa, nello stato nigeriano di Calabar. Taylor ha alle spalle un curriculum di orrori e atrocità che ne fanno oggi uno dei principali criminali di guerra dell?Africa e del mondo. Il tribunale speciale di Freetown chiede di processarlo per aver armato e appoggiato i sanguinari ribelli del Ruf – Revolutionary United Front: quelli che, armati di machete, hanno mozzato avambracci a un?intera generazione di sierraleonesi. Alla sbarra Taylor ci potrà andare solo se il nuovo governo liberiano ne chiederà espressamente l?estradizione al presidente nigeriano Olosegun Obasanjo.

Stephen Ellis, direttore della sezione africana dell?International Crisis Group spiega la delicatezza della questione: «Nessun politico vuole parlare di Taylor perché l?ex presidente è ancora molto popolare in Liberia dove, oltre a numerosi nostalgici, ha ancora molto peso in termini politici ed economici. Tuttavia la sua ex alleata e ora acerrima nemica Ellen Sirleaf-Johnson è l?unica che lo potrebbe far processare. Ma anche lei sa di dover stare attenta. è una decisione che smuove delicati equilibri. E poi l?ex presidente gode e sotto certi versi dell?oscura protezione garantitagli da Obsanjo». Taylor finirà mai davanti al giudice? Ellis non ne è troppo convinto: «Oggi la sua estradizione può essere avviata solo attraverso forti pressioni da parte degli Usa».

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.