Non profit

Ma senza libertà la terza via non porta a nulla

Quale sara il nuovo modello di Stato sociale in Italia?

di Riccardo Bonacina

La discussione sul Dpef e le relative polemiche inerenti la spesa per le pensioni e le riforme della sanità e dell’assistenza, la discussione, cioè, su quale debba essere in definitiva il nuovo modello di Stato sociale in Italia hanno fatto rimbalzare anche da noi gli echi su quella che ormai universalmente viene indicata come “Terza via”. Un concetto politico riscoperto da Blair, che ha trovato sponde in Clinton, Schroeder, e da noi in Prodi e Veltroni, ma che sino ad oggi non è mai andato oltre le generalizzazioni e confusioni anche pratiche. I più hanno cercato di definirla come una combinazione di economia neoliberale con una politica sociale di stampo socialdemocratico. Ma tentare di strappare una definizione più precisa è per ora inutile. Anche perché all’atto pratico i governi socialdemocratici hanno annunciato più riforme di quelle che hanno poi voluto o potuto fare. Eppure la Terza via è certamente uno dei pochi progetti della politica su cui si discute, dunque dobbiamo capirla tanto più ch’essa fa capolino anche da noi.
Clinton definisce la Terza via come una concezione del governo non più fornitore di servizi, ma come qualcosa che «catalizza forze e offre opportunità, come un partner che non deve risolvere i problemi ma creare le condizioni per risolverli». Prodi parlò a suo tempo di “Stato leggero”. Ma non era questa la stessa concezione dei governi conservatori che gli uomini della nuova sinistra hanno mandato a casa? Margareth Thatcher o Silvio Berlusconi avevano una sola grande idea: limitare lo Stato per lasciare spazio all’iniziativa privata e all’impresa. Ecco la differenza: lo Stato per gli uomini della nuova sinistra deve continuare a svolgere un grande ruolo a patto che sia ben gestito. Il punto è allora come gestirlo meglio. Non con una concezione statalista tipica della vecchia sinistra, dicono. L’idea potrebbe essere di superare la coincidenza tra servizio statale e servizio pubblico. Perché allora continua, particolarmente in Italia ma non solo, l’abituale ostilità nei confronti di scuole e sanità privati?
Per fare delle riforme vere e per manovre più sostanziali che contabili, occorre forse qualcosa di più serio delle acrobazie contabili e anche linguistiche. Non basta scegliere come i propri interlocutori “i consumatori”, sostituendo quelli cui si rivolgeva la vecchia sinistra, “i lavoratori” o quelli della destra “i dirigenti”; non basta sostituire ai “deboli” per cui si batte la destra, e agli “oppressi” per cui si batteva la sinistra, gli “esclusi”, non basta sostituire alla “maggioranza silenziosa” della destra e alla “partecipazione democratica” della vecchia sinistra il “Focus group” prediletto dagli alfieri della Terza via. No, occorre una riflessione più seria, e un autorevole invito ad approfondire i contenuti della Terza via è arrivato in questi giorni da Ralf Dahrendorf che dalle pagine di La Repubblica ha lanciato un appello che val la pena non lasciare cadere, soprattutto nell’Italia di un centro sinistra che allinea i vari Bindi e Belillo, Diliberto e Visco. Lo statalismo non si guarisce con il dirigismo e l’autoritarismo tipico di ogni sistema astratto, tanto più se confuso, ammonisce il grande economista: «La terza via non mette a tema la libertà», scrive, «essa presenta un tratto curiosamente autoritario e non soltanto nell’applicazione pratica. (…) Sostenere che lo Stato non deve fare non significa sostenere che lo Stato debba dare ordini sul da farsi». In un momento storico in cui le tentazioni autoritarie sono già troppe, e Dahrendorf cita le decisioni del Consiglio Nato, quelle del Fondo monetario internazionale, le leggi europee, l’arena “privata” delle transazioni finanziarie: «i problemi non si risolvono con enti e organismi che sfuggono al controllo civico altrimenti la classe politica diventa una sorta di nomenklatura che non viene mai messa in discussione. Mi chiedo se il curioso silenzio sulla vecchia, antica libertà, non finirà involontariamente per fare della Terza via un ulteriore episodio al servizio di uno sviluppo pericoloso». Grazie Ralf.

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