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Ma se cancellano Hezbollah cancellano il Libano

Da Gerusalemme il diario di un leader cristiano maronita. Testo raccolto da Riccardo Bagnato

di Redazione

L?intera Galilea è sotto assedio. E qui vivono molti cristiani maroniti, mentre gli altri, la maggior parte, abitano di là dal confine, in Libano. Lo sa bene Sobhy Makhoul, segretario generale del Patriarcato maronita a Gerusalemme, la cui famiglia è dovuta sfollare nel lontano 1948 dopo la distruzione per mano di Israele del proprio villaggio Bar?am. «Sono appena tornato da Haifa. Ospedali e farmacie restano aperte, per il resto c?è il coprifuoco. Si può girare in macchina, ma a proprio rischio e pericolo. La più grande comunità maronita di Israele si trova qui. Più a nord non si può andare, le strade sono chiuse, e il territorio pattugliato dall?esercito israeliano». Questa la situazione dalla prima volta che abbiamo sentito Sobhy, una settimana fa.

Giovedì 20 luglio
Giornata di calma apparente. ?Solo? una trentina i missili in direzione della Galilea. Effetto forse della risposta israeliana che sta massicciamente bombardando Beirut e le basi Hezbollah nel sud del Libano. Si sta però facendo largo l?ipotesi di un attacco di terra in territorio libanese. «Non credo lo faranno», dice Sobhy, «sarebbe avventato. Si esporrebbero a uno scontro che rischiano di perdere». è invece d?accordo con Michel Aoun, storico comandante dell?esercito libanese: «Hezbollah, Hamas o Bin Laden non c?entrano nulla uno con l?altro». Sobhy spera in un accordo: «Israele vuole più sicurezza e la restituzione dei soldati israeliani rapiti, bene, Hezbollah chiede il ritiro dai 35 chilometri quadrati dalla regione di Sheba, nel nord del Golan, al confine tra Siria, Libano e Israele, e la liberazione di tre prigionieri libanesi. Si può e si deve trovare una soluzione».

Venerdì 21 luglio
Le agenzie battono la notizia: richiamati alcuni battaglioni di riservisti, si parla di 6mila soldati circa, che rafforzeranno la presenza israeliana al confine col Libano. «Bisogna capire», dice Sobhy, «se vogliono solo mostrare i muscoli oppure hanno effettivamente intenzione di invadere il Libano. Intanto però il 40% della popolazione della Galilea sta fuggendo verso Gerusalemme e l?economia israeliana perde 120 milioni di dollari al giorno. Gli ultimi pellegrini stanno finendo il proprio giro e partiranno. La prossima settimana anche questo piccolo briciolo di normalità ci avrà abbandonato».

Sabato 22 luglio
«Ieri è tornato il Patriarca maronita, Nasrallah Boutros Sfeir», ci dice Sobhy, «era in visita proprio negli Stati Uniti. E oggi ha riunito un?assemblea speciale dei vescovi maroniti invitando tutte le parrocchie ad aprire le porte e accogliere chiunque avesse bisogno».

Domenica 23 luglio
Oggi il Sobhy cauto lascia il posto al segretario del Patriarcato: «Siamo molto preoccupati per la situazione in Libano, non solo perché è lì che si trovano le nostre radici, ma perché dal Libano dipende la presenza cristiana nel Medio Oriente».

Lunedì 24 luglio
Viaggio a sorpresa in Libano e poi in Israele della Rice. Commenta Sobhy: «La sensazione è quella di chi impone alla realtà un suo schema prefissato, e non tiene in considerazione la realtà stessa». Non si spinge a dire che Hezbollah non è un gruppo terroristico, ci tiene però a sottolineare che «suoi candidati partecipano alle elezioni legislative e alcuni suoi rappresentanti siedono nella compagine governativa attualmente guidata dal primo ministro Fouad Siniora». Come a dire, voler eliminare Hezbollah vuol dire cancellare il Libano di oggi, dove gli sciiti sono il 40% della popolazione.

Martedì 25 luglio
Il ministro della Difesa israeliano Amir Peretz ha detto oggi, a conclusione di un colloquio con la Rice, che le truppe impegnate nel sud del Libano stanno approntando una fascia di sicurezza che occuperanno fino all?arrivo di una forza multinazionale. Non è ancora chiaro quale sia il piano di pace proposto dagli Stati Uniti, ma i presentimenti di Sobhy, a questo punto, non sembrano più campati in aria. «La Rice», dice, «propone un ?nuovo Medio Oriente?. Sì, ma a deciderlo sembra che non sarà chi in Medio Oriente ci vive. Ti pare giusto?».

Testo raccolto da Riccardo Bagnato

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