Politica

Ma qui i barboni adottano gli orfani

Quasi mezzo milione per aiutare i bimbi del Bangladesh e per tornare a sentirsi utili. Succede nel Centro fondato da Lia Varesio, la donna che a Torino fa miracoli. Da sola

di Redazione

“La verità è che i senza fissa dimora non interessano a nessuno”, sbotta Lia Varesio, fondatrice della Bartolomeo & C, una delle associazioni di volontariato torinesi più attive e originali nell?assistenza e nel recupero dei barboni. «E i nostri politici sono senza palle. Ogni anno in inverno, quando la gente comincia a morire per strada, promettono nuovi centri di accoglienza, maggiore interesse, poi passa l?emergenza e non succede niente. Sui giornali degli ultimi tre anni si trovano gli stessi articoli ogni Natale». Lia è una donnina mingherlina, ma le cose non le manda a dire. Nel suo piccolo ufficio di via Sacchi 5, a fianco della stazione Porta Nuova, accoglie ogni giorno oltre 50 persone tra i più disperati dei disperati. Ci spiega: «Come associazione non abbiamo mai voluto avere finanziamenti pubblici dal Comune o da altre istituzioni perché vogliamo essere liberi di fare e dire quello che pensiamo». E infatti è così. Non hanno entrate fisse, vivono grazie agli aiuti della gente e ogni mese i volontari dell?associazione (circa una trentina) si autotassano per sostenere le attività; e «c?è anche chi mette metà del suo stipendio».
La Bartolomeo & C prende il nome da un barbone, Bartolomeo appunto, trovato morto congelato in una casa diroccata del centro storico in una notte d?inverno del lontano 1980. Da allora Lia e i volontari che poco a poco si sono aggregati, hanno deciso di dedicare la loro vita ai tanti Bartolomeo della strada.
Tutto è iniziato così, sullo slancio dell?emozione, andando di notte a cercare chi dorme per strada, offrendo caffè caldo e cornetti, incominciando a parlare, a portare amicizia. Poi è nato il piccolo stanzino di Porta Nuova, dove chiunque può trovare rifugio e una parola di conforto. Da allora l?attività è cresciuta enormemente. E oggi non c?è senza fissa dimora o servizio sociale a Torino che non sappia dove sta Lia Varesio. «Quando c?è un caso disperato chiamano noi», dice Lia, «ma noi non vogliamo sostituirci alle istituzioni pubbliche perché il volontariato non è un tappabuchi».
E infatti alla Bartolomeo non si fa l?elemosina; non si distribuiscono coperte, viveri, abiti e basta. Anche questo, certo, nell?immediato momento del bisogno, ma poi si passa ai ragionamenti, ai consigli. Per ognuno viene studiato un progetto personalizzato per il recupero. Sono circa 250 le persone reinserite in questi anni, che in qualche caso sono diventate a loro volta volontari.
«Dicono che Torino è all?avanguardia nell?assistenza, ma non è vero», continua Lia. «I posti notte sono gravemente insufficienti e non ci sono case aperte a tutti. Ad esempio chi non ha la residenza in città non può stare nei dormitori più di sette giorni. E poi?». Per una ventina di fortunati la Bartolomeo & C è in grado di offrire accoglienza nella casa ?Il bivacco? aperta tre anni fa nel cuore del quartiere San Salvario: camere da letto, biancheria pulita, refettorio, bagni. E per un certo numero di persone in fase di recupero vengono invece affittate delle soffitte così che possano gestirsi autonomamente, uscendo dal giro delle mense e delle parrocchie. «Abbiamo casi di Aids, malati psichici, molti tubercolotici. E c?è il problema che con la privatizzazione delle Asl è sempre più difficile ottenere assistenza medica per i senza dimora. Se i documenti non sono in regola il Pronto soccorso non li ricovera. Oppure li tiene una notte e il giorno dopo ce li vediamo tornare. Non esiste il clochard per scelta», precisa, sfatando un vecchio mito. «La vita in strada è sempre una conseguenza di traumi profondi. Per questo non basta l?aiuto materiale, bisogna prima di tutto saper ascoltare e ridare dignità alle persone. E amicizia. Così organizziamo anche feste, gite. E in quelle occasioni tutti, anche i più poveri, danno un poco di quello che possono. Ad esempio, a Pasqua abbiamo raccolto tra i barboni 400 mila lire per una scuola di orfani in Bangladesh. È solo un gesto, un modo perché anche i disperati si sentano utili, perché possano dire ?anch?io ho aiutato qualcuno?».

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