Mi sono sottoposto a una lunga e impegnativa intervista con un consulente di una fondazione spagnola che sta lavorando a un progetto di ricerca sui processi di trasformazione e consolidamento del terzo settore in diversi paesi europei (oltre all’Italia mi sembra Francia e Gran Bretagna). Un tipo tosto, ma del resto ha un obiettivo impegnativo da raggiungere: riconoscere la presenza di tendenze comuni e specifiche nei vari stati, in modo che le organizzazioni di rappresentanza spagnole possano definire meglio le loro politiche di sviluppo. Non male vero? Pronostico un rapporto ricco di contenuti interessanti che potrà essere letto anche dalla dirigenza nostrana. Nel corso del colloquio abbiamo parlato soprattutto di cooperazione sociale. Mi ha chiesto, piuttosto a bruciapelo, le cinque cose più rilevanti successe nell’ultimo trienno e le cinque che invece caratterizzeranno il futuro prossimo. Non è stato agevole rispondere anche perché lui incalzava, invitandomi ad essere concreto e, appunto, a “non fare metafisica” (difetto che credo di condividere con molti nel settore, ma d’altro canto mi lasciano un pò scettico quelli che sventolano sempre e comunque la bandiera della concretezza). Comunque, ecco le mie risposte. Sul passato recente: 1) la crescita costante della cooperazione sociale soprattutto nelle aree centrali e meridionali e meno in quelle “storiche” del nord; 2) il tentativo di uscire dalla nicchia dei servizi sociali verso settori più o meno contigui come l’eduzione e la sanità caratterizzati comunque da strutture di mercato diverse (e comunque non certo grazie alla nuova legge); 3) l’investimento sulla qualità attraverso l’adozione di strumenti certificatori e di rendicontazione (rivelatisi utili più per l’organizzazione interna che per il posizionamento nei mercati); 4) la diaspora delle organizzazioni di rappresentanza e di coordinamento imprenditoriale; 5) l’esordio nei piani di zona della 328 come policy maker. Sul futuro invece (con qualche esitazione in più): 1) Il declino del contracting-out pubblico e l’affermazione di quasi mercati “voucherizzati”, piuttosto che dell’offerta diretta ai consumatori; 2) la crescita della dimensione finanziaria (più o meno specializzata) per sostenere investimenti per lo sviluppo di medio periodo; 3) l’integrazione in reti (locali e non) dal carattere più spiccatamente imprenditoriale e a composizione mista (non solo cooperative sociali); 4) l’affermazione di nuove tipologie di impresa sociale originate in contesti culturali e politico ideologici diversi; 5) il rinnovamento nel management (con un importante passaggio generazionale). Forse ha fatto bene a riprendermi.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.