La giornata mondiale del 21 settembre

Ma quale invecchiamento, l’Alzheimer è una malattia

È una convinzione errata di troppe persone: quattro su cinque (e pure il 65% degli operatori sanitari e assistenziali) pensano che la demenza sia una parte normale dell'invecchiamento. Lo mostra il rapporto mondiale Alzheimer 2024, secondo il quale aumenta però la consapevolezza dell'importanza dello stile di vita

di Nicla Panciera

Il dato preoccupa per le sue molteplici conseguenze: lo stigma nei confronti dell’Alzheimer, considerata componente inevitabile del processo di invecchiamento, sta peggiorando tra il pubblico in generale e persino tra gli operatori sanitari. È quanto emerge dalla più grande indagine globale sugli atteggiamenti nei confronti della demenza presentata con il World Alzheimer Report 2024 “Cambiamenti globali negli atteggiamenti verso la demenza”, pubblicato da Alzheimer’s Disease International Adi. La survery, condotta dalla London School of Economics and Political Science su 40mila soggetti tra persone con demenza, caregiver, personale sanitario e assistenza e pubblico in generale provenienti da 166 Paesi, ha rilevato che addirittura l’80% dei rispondenti crede ancora erroneamente che la demenza sia una parte normale dell’invecchiamento piuttosto che una condizione medica, con un aumento del 14% dall’ultima indagine condotta nel 2019. Infatti, l’80% dell’opinione pubblica pensa che la demenza sia una componente normale dell’invecchiamento piuttosto che una condizione medica, con un drastico aumento rispetto al 66% del 2019. La percentuale è del 65% tra gli operatori sanitari e assistenziali (+3% rispetto al 2019).

A commentare i risultati della più vasta indagine mai condotta al mondo sulle convinzioni, i comportamenti e gli atteggiamenti nei confronti della demenza e i cambiamenti avvenuti rispetto alla prima ricerca di questo tipo, risalente al 2019, è Paola Barbarino, amministratrice delegata di Adi,presidente di Alzheimer’s Disease International, federazione mondiale delle associazioni della società civile, il cui membro italiano è Federazione Alzheimer Italia: «Questa visione imprecisa della demenza è una delle principali preoccupazioni, in particolare da parte degli operatori sanitari, poiché può ritardare la diagnosi e l’accesso al trattamento, all’assistenza e al supporto adeguati. Ciò avviene in un momento in cui sono emergenti nuovi trattamenti in fase di approvazione in tutto il mondo, insieme a scoperte nel campo della diagnostica».

I risultati del sondaggio rivelano come lo stigma che circonda la demenza stia peggiorando tra l’opinione pubblica e persino tra gli operatori sanitari. «Lo stigma porta con sé isolamento sociale, che è un comprovato fattore di rischio per la demenza e può contribuire a peggiorarne i sintomi e la salute mentale in generale, non solo della persona che ne è colpita, ma anche dei suoi familiari» afferma Katia Pinto, presidente della Federazione Alzheimer. Le conseguenze su chi convive con questa condizione emergono anche dal rapporto: l’88% dichiara infatti di aver sperimentato lo stigma in prima persona, con un aumento del 5% rispetto al 2019; il 31% evita le situazioni sociali e il 36% ha smesso di cercare lavoro per paura di essere discriminato. I risultati riguardanti i caregiver sono altrettanto preoccupanti, con il 47% che non accetta più gli inviti di amici e familiari e il 43% che non invita più ospiti a casa.

«Abbiamo bisogno che i nostri operatori sanitari comprendano che la demenza è una condizione medica causata da un insieme di cause. Solo così potranno offrire alle persone con demenza una vera presa in carico, che consenta loro di mantenere la miglior qualità di vita possibile il più a lungo possibile» afferma Paola Barbarino.

Emergono anche dati positivi: il 93% del pubblico crede che sia possibile fare qualcosa per migliorare la vita delle persone con demenza. Inoltre, sempre più persone sono consapevoli degli effetti del proprio stile di vita sul rischio di sviluppare la patologia, con oltre il 58% del pubblico in generale che ritiene che la demenza sia causata da abitudini non sane

È aumentata infine la consapevolezza a livello politico-sociale: l’80% dei comuni cittadini ritiene di poter cambiare il sostegno fornito alle persone con demenza attraverso il proprio voto, e oltre il 93% ritiene che ci siano cose che si possono fare per migliorare la vita delle persone con demenza. «Noi lo ribadiamo da sempre: la vita di una persona non finisce con la diagnosi di demenza, ed è confortante sapere che questa affermazione è sempre più condivisa» conclude Pinto. «La Federazione Alzheimer ha avviato il progetto Dementia Friendly Italia per combattere lo stigma e costruire una società in cui le persone con demenza e le loro famiglie possano sentirsi sempre accolte e comprese. Continueremo su questa strada, ma serve l’impegno di tutti: governi, istituzioni, professionisti sanitari, semplici cittadini. Solo così potremo abbattere il muro di vergogna ed errate conoscenze che ancora troppo spesso impedisce alle persone con demenza di ricevere un’assistenza adeguata e completa e di vivere una vita piena e dignitosa».

Foto: copertina del rapporto annuale Alzheimer 2024 di Adi

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