Cinquant?anni fa – due mesi prima della morte di Gandhi – la Dichiarazione universale dei diritti dell?uomo sanciva che ?il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo?. Oggi qualcuno potrebbe giudicarle buone intenzioni, utopistiche. Non a caso già alcuni decenni fa il sociologo Lewis Mumford definiva l?utopia ?il frutto di un pensiero totalitario?. Come opporsi al male che avanza? Anche la non violenza può essere utopia? Abbiamo posto la domanda a un pensatore contemporaneo, uno che di utopie e di integralismi se ne intende: Alain Finkielkraut, l?intellettuale famoso per i suoi giudizi ?fuori dal coro?, si tratti di giudicare l?opera di Charles Péguy, i massacri in Bosnia, o i danni dell?umanitarismo sentimentale.
«L?utopia è totalitaria quando vuole stabilire un modello di società in cui rinchiudere la vita degli individui. Non è invece utopia affermare il diritto degli uomini alla pari dignità, come non lo è la non violenza. Certo, può essere ci sia in ciò qualcosa di chimerico».
Ma la non violenza può essere un?ideologia, oppure un?utopia?«Non è certamente un?utopia visto che è un mezzo di lotta: l?utopia è un fine, la non violenza è un mezzo, un?arma da combattimento disarmata. Certo, possiamo chiederci se la non violenza possa essere impiegata in qualunque circostanza. Ma sicuramente non è un utopia».
Gandhi è stato accusato di essere troppo portato al compromesso, tant?è vero che nel suo movimento c?erano persone di tutti i tipi: ricchi, poveri, appartenenti a tutte le caste. Ma questo non può essere considerato un merito? Insomma un pacifista, un non violento, non deve essere necessariamente un integralista…
«Non violenza e pacifismo devono essere ben distinti. All?epoca di Gandhi il pacifismo ha avuto anche un altro senso: era il rifiuto di resistere a Hitler. Ora è evidente che di fronte a Hitler la non violenza non aveva senso, rappresentava scegliere la capitolazione. Gandhi non è stato pacifista: pensava che la lotta politica dovesse usare altre armi, come la non violenza».
Il Papa, Mandela, Madre Teresa, Rabin, Sacharov, Lady Di… C?è qualcuno tra questi personaggi che può essere considerato l?erede di Gandhi?
«Non credo proprio che si possano mettere tutte queste persone in un sacco e tirarne fuori l?erede di Gandhi. Rabin è stato un militare, più che citare il Mahatma ha richiamato la Bibbia, quando nella celebre cerimonia di Washington ha detto: ?C?è un tempo per la guerra e un tempo per la pace?. Per Rabin non si è trattato certo di contrapporre la non violenza alla guerra, ma di affermare che, oggi, è arrivato il momento della negoziazione e forse della riconciliazione con il nemico di ieri. Nemmeno il Papa credo sia l?erede di Gandhi, e comunque non c?è bisogno di Gandhi per sostenere la non violenza, al Papa dovrebbe bastare il messaggio di Cristo».
Si può dire che dopo la caduta del muro di Berlino non resti che il cristianesimo come ultima ideologia forte?«Il cristianesimo, fortunatamente, non è un?ideologia e tantomeno forte. È il processo di modernizzazione che mette in pericolo il messaggio cristiano; si tratta di un cambiamento sociale di un?ampiezza straordinaria, che lascia alla religione un posto sempre più ridotto, dove la spiritualità deve essere solo emozionale. Il cristianesimo, oggi, è messo in pericolo da questa nuova Religione del Cuore da cui tutti siamo toccati; la parola di Cristo rischia di diventare solo una variante particolare della ?religione generale dei diritti dell?uomo?, una parte di questo umanitarismo contemporaneo».
Da dove arriva questa Religione del Cuore, c?entra qualcosa con la non violenza?
«È questa religione emozionale, fatta di sentimenti di fratellanza generici, di umanitarismo specioso, che si diffonde grazie alla tv che propone tutta questa ?zuppa?, che ci confronta quotidianamente con tutte le immagini della miseria. Una religione compassionevole, dove la pietà è cieca, ed è la passione dominante. La non violenza, lo ripeto è un metodo di lotta politica, non una resa alla religione del Cuore».
Che fare allora?
«Penso che si debbano chiamare le cose con il loro nome. Credo che si debba denunciare apertamente una violenza barbara, fine a se stessa. Il fascismo non ha una sola faccia: c?è il fascismo del Fronte Nazionale e quello del ?rap?. Bisogna ricostruire la Repubblica all?interno di ogni democrazia, ricostruire un?azione, un pensiero, una solidarietà repubblicana. Con ostinazione. Bisogna restare lucidi e la speranza comincia quando si è lucidi. Restando fuori dalla ?zuppa? emozionale».
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