Cultura

Ma Maometto stavadalla parte delle donne

l'islam al femminile quello che nessuno vi ha mai detto

di Redazione

Intanto, non ho voglia di stare a disquisire sull’equivalenza tra uomo e donna nella legge islamica e in generale nel Corano. C’è, punto. Chi non ci crede e sputa sentenze in tv, si vada a leggere il Corano, e lo faccia con criterio e spessore intellettuale, ovvero operando il necessario sforzo interpretativo che richiede la lettura di qualsiasi testo sacro, diffuso in epoca totalmente diversa dalla nostra.
Ora, appurato questo, è chiaro che esiste sempre un margine piuttosto ampio tra le prescrizioni coraniche e la società islamica ideale, e l’effettiva applicazione e declinazione di tali principi nelle società musulmane. Equivalenza, dicevamo.
Com’erano effettivamente le donne ai tempi del Profeta?
«La ricerca del sapere è un obbligo per ogni musulmano e musulmana», diceva lui. Equiparandoli nei loro diritti, cioè. (Verrebbe da dire, chiaramente, che l’ignoranza in cui, soprattutto negli ambienti meno evoluti culturalmente, vengono tenute le donne, rappresenta quindi il più grande tradimento del messaggio dell’Islam).
Ma è indubbio che l’Islam abbia migliorato la condizione che la donna viveva nel diritto patriarcale degli arabi: Maometto chiese alle donne di vivere un ruolo sociale attivo, uscendo dalla segregazione e dall’isolamento.
Agli albori dell’epoca islamica, le donne partecipavano alle preghiere congregazionali dei musulmani e frequentavano, per istruirsi, le assemblee nelle quali il Profeta insegnava. In tali assemblee, i musulmani e le musulmane partecipavano congiuntamente.
Talvolta vi furono incontri separati, ma ciò avvenne esclusivamente per motivi pratici, essendo gli uomini più numerosi. Le donne, infatti, un giorno si lamentarono con il Profeta: «Gli uomini che si assiepano intorno a te ci rendono impossibile l’ascolto!».
Il Profeta dedicò quindi un giorno all’istruzione delle sole donne. Esse erano incoraggiate ad esprimere il proprio parere sia in materia religiosa sia legale o economica. Omar, secondo Califfo dell’Islam, quando si trattò di nominare primo Califfo Abu Bakr, consultò tutta la popolazione, andando di casa in casa, a Medina, per raccogliere i pareri di tutte le musulmane. Le donne, nell’epoca islamica, discutevano i loro punti di vista alla presenza del Profeta e dei suoi successori, i Califfi.
Khadija, la prima moglie del profeta, mandava addirittura avanti da sola l’attività mercantile ereditata.

E dove inciampammo?
Ecco, si può dire che una delle prime grandi distorsioni della religione islamica iniziò con la nascita dell’ideologia purista del wahhabismo, predicata dal teologo Wahab nel diciottesimo secolo. Ideologia che sanciva la discriminazione della donna (in tempi moderni si riproduce nell’Arabia Saudita che impedisce alle donne di guidare…).
Col passare dei secoli, si è poi prodotta una doppia tendenza: da una parte la nascita di regimi più o meno dittatoriali ed integralisti che hanno creato società che io definirei assolutamente “antislamiche”. La situazione afghana ne è un chiaro esempio. Il regime talebano ha un sapore amaro, fastidioso. È la soppressione della ragione, è la negazione della Verità. Il burqa esalta il nulla, il vuoto di contenuti che esprime il loro “islam”. Un nulla che però uccide il diritto alla vita della donna, perché il burqa è chiaramente una non-vita.
E dopo il passaggio degli Stati Uniti la situazione delle donne afghane non è cambiata.
Anche in Iran la rivoluzione islamica ha fatto la sua parte, ma occorre aggiungere che è un Paese progredito sotto molti aspetti, dove la donna esercita la sua socialità, fa sport, partecipa alla politica, ma dove permangono contraddizioni amarissime. E così applicare ad ogni costo la sharia in modo letterale porta a orrori come le lapidazioni di donne adultere.
L’altra tendenza, invece, è quella dell’occidentalizzazione feroce. Questo è il tassello che, paradossalmente, manca a molti occidentali. Quelli che identificano le donne musulmane come tutte uguali, tutte sottomesse.
Ebbene, costoro non sanno che in molte società musulmane si è fatto strada il concetto che «maggiore libertà significa maggiore occidentalizzazione», e di ciò ne fanno le spese proprio le donne, che finiscono per essere strumentalizzate da dittature sanguinarie ma «liberali perché laiche» e perdono così la maggior parte dei diritti che Dio ha loro concesso.
Non a caso, le condizioni più critiche riguardano proprio le donne appartenenti a tali società “occidentalizzate”, come Tunisia, Marocco, Algeria. In Tunisia, addirittura, si vieta il velo nei luoghi pubblici. Ma non è sicuramente questo, credo, a rendere una donna musulmana libera.

Un tripudio di contraddizioni
Si combatte una lotta contro il velo pensando che questo possa regalare nuovi diritti.
Ma dimenticano che il velo può essere invece manifestazione di libertà. La libertà di scelta. Di non essere, a volte, donne-oggetto, ma anzi donne-soggetto. Alcune femministe, come l’egiziana Nawal Al Saadawi, giocano la chiave della provocazione perenne. Propone, come ultima esagerazione, di dare ai figli il cognome delle madri. Non capendo che la lotta per i diritti delle donne non si gioca in chiave di competizione con l’universo maschile.
Io penso che le storture del femminismo occidentale debbano insegnarci qualcosa, ed essere per noi un prezioso sostegno. Per non prendere la strada sbagliata.
Come sono le donne musulmane di oggi? Non si può rispondere facilmente.
Io so che ce ne sono tante che ci possono rendere orgogliose.
Ci sono state Tancu Ciller e Benazir Bhutto. Due donne che hanno ricoperto la carica di primo ministro, l’una in Turchia e l’altra in Pakistan. Laddove, in Italia e in Spagna, ad esempio, non si sono mai avute donne premier.
C’è stata anche Suzanne Al-Houby, palestinese originaria di Jaffa, che è stata la prima donna araba ad aver scalato il monte Elbrus, la cima più alta d’Europa. Ha dichiarato che scala montagne per dimostrare al mondo che i palestinesi amano la vita.
C’è stata Shada Hassoun, cantante irachena che ha vinto un festival arabo con una canzone che ha raccolto i voti sia di sunniti che di sciiti. Uniti per una volta. A vittoria conclamata sono scesi insieme a festeggiare per le strade di Bagdad.
Ci sono attiviste come Zainah Anwar, direttrice a Barcellona di Sisters in Islam, una delle più importanti organizzazioni di donne musulmane.
Oggi le donne dell’Islam sono ad un tempo vittime e padrone del proprio destino.
Sono vittime, come la ventitreenne curda Hatun Surucu, uccisa dal fratello diciottenne perché aveva divorziato dal cugino sposato forzatamente a 16 anni, e perché usciva con un ragazzo tedesco.
O come Hina, ragazza pakistana che viveva nel bresciano, uccisa dal padre perché viveva “alla occidentale”.
O come numerosi altri casi raccapriccianti, vedi la ragazza saudita stuprata da sei uomini e condannata a sei mesi e a duecento frustate per la colpa di essersi fatta trovare dagli stupratori “appartata con un uomo”, vedi l’iraniana Nasrin Afzali, condannata a sei mesi di reclusione e a dieci frustate per essere stata presente ad un raduno di protesta di femministe davanti alla Corte rivoluzionaria di Teheran, eccetera eccetera.
Ma sono anche libere, e determinate.
Non tutto il mondo musulmano è uguale, non è un blocco monolitico: in numerosi Paesi, come l’Egitto, la Tunisia, il Libano, godono di grandi libertà e protezione, ricoprono ruoli importanti.
Ed è da lì, e dalle donne di seconde generazioni cresciute in Paesi non musulmani, che viene il carburante necessario ad avviare una stagione riformista nelle società musulmane.
Le donne avranno un ruolo da protagonista, per il semplice fatto che sono le più arrabbiate, sono le più vituperate, quelle a cui sono stati calpestati più diritti.
I governi occidentali non li aiutano, continuando ad appoggiare a scelta e a intermittenza leader che si fingono grandi liberali in politica estera, per poi lavare i loro panni sporchi in casa.
E gli uomini sono spesso avversari, considerato che l’obiettivo è proprio svecchiare società patriarcali e maschiliste.
Ed è questa consapevolezza di dover fare se non tutto, comunque molto, con le proprie forze, che le renderà più determinate, audaci, e infallibili.

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