Sostenibilità
Ma la vivacità non c’entra niente. L’Adhd è una vera malattia
L'esperto/ Parla Pietro Panei, dell'Istituto superiore di sanit
di Redazione
«La sindrome da iperattività e deficit di attenzione non è invenzione delle aziende farmaceutiche ma rappresenta una sindrome con caratteristiche proprie». Sgombra subito il campo dagli equivoci Pietro Panei, esperto del dipartimento di Ricerca e valutazione dei farmaci dell?Istituto superiore di sanità. «Anche l?Organizzazione mondiale della sanità», aggiunge, «la include tra le malattie classificate nell?ICD-10, che è il manuale che classifica tutte le malattie».
Consumers? Magazine: Ma la cosiddetta Adhd non può essere scambiata per la normale vivacità, a volte un po? estrema, di molti dei nostri bambini?
Pietro Panei: La vivacità è una condizione normale e, anzi, è auspicabile che i bambini siano vivaci. L?Adhd è invece una patologia che pregiudica la qualità di vita del bambino e della sua famiglia: difficoltà scolastica, perdita delle relazioni sociali, incapacità di applicarsi nelle normali attività, persino nel gioco.
CM: Una volta approvati i farmaci, c?è il rischio di abuso o di uso leggero da parte di medici e pediatri anche sulla spinta di genitori ansiosi ?
Panei: Il rischio di abuso o uso inappropriato c?è sempre per qualsiasi farmaco. Si tratta, quindi, di definire delle regole precise per stabilire chi, come e quando ha bisogno di associare la terapia farmacologica alla terapia psico-comportamentale. Per questo è stato istituito un registro nazionale che garantisca un uso corretto di questi psicofarmaci.
CM: Chi decide l?iscrizione nel registro?
Panei: È improprio parlare di iscrizione. Il registro si attiva quando viene formulata una diagnosi di Adhd. Posta la diagnosi, inizierà la terapia psico-comportamentale. Qualora non si ottenessero i risultati attesi, verrebbe posta l?ipotesi di integrare la psicoterapia con la terapia farmacologica. Si avvierebbe allora un percorso di conferma della diagnosi, presso un centro di riferimento accreditato in base ai requisiti indicati dall?Istituto superiore di sanità, e di valutazione dell?ipotesi di uso del farmaco. Se l?ipotesi venisse confermata, il centro predisporrebbe un piano terapeutico semestrale che permetterebbe l?erogazione del farmaco.
CM: Quanto può durare la terapia?
Panei: Sei mesi, dopo i quali il caso dovrà essere rivalutato per attivare, se necessario, un secondo piano terapeutico semestrale.
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