Formazione

Ma la nazione non sia dogma

Il rischio è l’immobilismo. E non capire che ci si deve affacciare su dimensioni istituzionali nuove. L’Europa prima di tutto. «La questione settentrionale?

di Maurizio Regosa

Questa volta i numeri hanno parlato chiaro. Come eloquenti sono stati i volti dei sostenitori del Sì chiamati a commentare i risultati del referendum che non ha confermato la riforma della Cdl. Viso tirato quello di Alemanno, un po? fissamente rancoroso quello Calderoli. In ogni caso contratti e sofferenti, specie se confrontati ai gran sorrisi e alle fronti spianate dei vincitori, quelli del No. Lo sappiamo: le competizioni sono fatte così ed è facile lasciarsi andare al compiacimento per la vittoria e magari dimenticarsi il come e il perché?
In fondo però la fine era nota, come conferma il sociologo Aldo Bonomi: «L?esito era piuttosto prevedibile e previsto. Devo dire che quel che mi ha colpito non è stato tanto il risultato quanto la partecipazione. Pensavo che questo tipo di ?contenzioso? non fosse così sentito».
Vita: Un voto netto che però pone alcuni problemi.
Aldo Bonomi: La prima questione che vedo è interna alla Casa delle libertà. Il referendum aveva tenuto insieme le tre anime, la devolution della Lega, lo Stato-nazione di An e il premierato di Forza Italia. Adesso occorre capire cosa succederà. La seconda nasce dall?andamento del voto in Lombardia e Veneto: ne emerge una questione lombardo-veneta, una polarizzazione che può preludere a una nuova ?questione settentrionale? e che non si può risolvere semplicemente con un no. L?esigenza di una modernizzazione istituzionale del paese continua a essere viva. Va riproposto un progetto, delineata una visione che non rimandi solo alla dimensione nazionale ma anche al modo di stare in Europa. Guai se il No significasse immobilismo.
Vita: Alla luce del referendum, chi sono oggi gli innovatori? E i conservatori?
Bonomi: Per leggere i processi non bastano più le categorie precedenti per le quali ad esempio la sinistra era innovatrice e la destra conservatrice. Il soggetto dell?innovazione nel cambiamento che aveva portato al referendum era la Cdl. Analogo discorso andrebbe fatto per le parti sociali. Questo piccolo episodio, se sarà presto dimenticato dalla politica, è destinato a riprodurre forme di malessere.
Vita: Sembra che ora il confronto fra i Poli possa riprendere dal numero dei parlamentari. Non è semplicistico?
Bonomi: Sono cambiati i modelli produttivi, le nozioni di spazio e tempo, è intervenuta la globalizzazione e la costruzione della dimensione europea: tutto ciò ha inevitabilmente depotenziato i parlamenti nazionali. Il problema all?ordine del giorno è quello di adeguare i meccanismi formali e istituzionali (certo un adeguamento che non va fatto né a colpi di referendum né a botte di maggioranza). Stabilita questa esigenza, il numero dei deputati viene dopo. Spero che si abbia la consapevolezza che occorre inquadrare la transizione italiana in quella europea e che quindi si elabori una riforma che tenga conto dello spazio politico continentale. Dialogare tenendo conto anche di questa prospettiva potrebbe agevolare il confronto, renderlo meno provinciale e più utile. Vorrebbe dire tener conto che al tradizionale spazio di posizione, relativo alla nazione, oggi si accompagna quello di rappresentazione, relativo appunto all?Europa.

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