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Ma la macchina umanitaria viaggia con il freno tirato

Nonostante lievi progressi, la situazione in Darfur rimane estremamente fragile. Quasi si ha la sensazione che le cose possano precipitare da un momento all’altro...

di Redazione

«Nonostante lievi progressi, la situazione in Darfur rimane estremamente fragile. Quasi si ha la sensazione che le cose possano precipitare da un momento all?altro». Umberto Ranieri, presidente della Commissione Esteri alla Camera, non va tanto per il sottile. La sua è stata una missione faticosa, piena di contraddizioni: i visi impauriti di profughi di El Fasher, gli sguardi sospettosi delle autorità governative sudanesi fino allo smarrimento della macchina umanitaria. La guerra, quella che oppone una ribellione sconquassata al regime militare di Khartoum, sembra essersi placata. L?emergenza umanitaria no. Ed è ciò che più preoccupa l?esponente dei Ds: «La comunità internazionale non può perdere tempo, i civili non possono più aspettare».

Vita: Che risultati politici ha portato a casa dalla sua missione in Sudan?
Umberto Ranieri: Avvertiamo che con grande fatica si sta facendo strada tra i protagonisti del conflitto la consapevolezza della drammaticità della situazione e della necessità di un intervento tale da scongiurare che si ripetano episodi di violenza contro le popolazioni civili raccolte nei campi profughi.

Vita: Che impressioni ha tratto dal suo duplice incontro con il ministero degli Esteri, Lam Akhol e il presidente dell?Assemblea nazionale?
Ranieri: Gli incontri ufficiali hanno confermato la disponibilità di Khartoum ad accogliere una missione di pace in Darfur per migliorare quanto meno le condizioni di sicurezza nella regione. Il punto è che occorre fare presto.

Vita: Intanto ci sono probabilità altissime che la forza ibrida Unione africana – Nazioni Unite non verrà dispiegata prima del 2008?
Ranieri: E questa rimane la più grande fonte di preoccupazione per la comunità internazionale. Bisognerebbe invece stringere i tempi delle decisioni circa l?invio della forza, la sua composizione e il dispiegamento sul territorio. Finora è stato raggiunto un compromesso su una presenza maggiore di forze africane con il supporto logistico delle Nazioni Unite. Pur di vedere la dislocazione di questa forza, il compromesso è da ritenersi utile.

Vita: Le truppe africane hanno sino ad ora dimostrato limiti evidenti nella loro capacità a difendere i civili?
Ranieri: L?appoggio delle forze Onu hanno proprio il compito di rafforzare le capacità logistiche dei caschi verdi dell?Unione africana. Purtroppo, i soldati africani non hanno i mezzi sufficienti e non ricevono la paga da ormai cinque mesi.

Vita: Durante la missione lei se l?è presa con l?Unione europea giudicando insufficienti i 72 milioni di euro promessi da Bruxelles a titolo di aiuti umanitari. Perché?
Ranieri: Gli annunci non bastano: è necessario assicurarsi che gli aiuti ai profughi del Darfur arrivino in tempo.

Vita: A quali ostacoli allude?
Ranieri: Il problema cruciale della macchina umanitaria è la lentezza con cui gli aiuti raggiungono i più bisognosi, malgrado i 13mila umanitari presenti. La cosa che più colpisce in Darfur è questo scarto tra le esigenze della popolazione e i tempi della macchina umanitaria. Questa crisi conferma un?inadeguatezza del sistema internazionale per prevenire i conflitti armati. Oggi le televisioni di tutto il mondo possono mandare in onda per anni le immagini di una tragedia umanitaria come quella che si sta consumando in Darfur senza che nessun intervento di peacekeeping possa essere avviato.

Vita: Quali le alternative?
Ranieri: Rendere più efficace le organizzazioni internazionali e la necessità primordiale di riconoscere un ruolo reale alle Nazioni Unite.

Vita: Dopo Khartoum la missione italiana si è recata a El Fasher. Che situazione avete trovato?
Ranieri: La priorità assoluta è la sicurezza, poi seguono i problemi di accesso all?acqua, l?assistenza sanitaria e la condizione dei bambini. è chiaro tuttavia che la fine dell?emergenza è vincolata alla necessità di rilanciare gli accordi di pace firmati ad Abuja in Nigeria nel 2006. La comunità internazionale è chiamata a fornire grandi sforzi per riunire intorno allo stesso tavolo tutte le componenti politiche del conflitto e tutti i gruppi armati che vi hanno partecipato.

Vita: Una fetta importante della ribellione, fra l?altro molto popolare fra i profughi, è contraria agli accordi di Abuja. Come superare un tale ostacolo?
Ranieri: Non c?è altra alternativa al dialogo. Bisogna discutere con queste componenti per verificare la possibilità di coglierne le richieste più motivate.

Vita: Lei ha avuto modo di visitare un campo profughi. Che impressioni ha avuto?
Ranieri: Per un certo verso è stato rassicurante osservare che, nonostante i gravissimi ritardi, gli aiuti comunque giungono a destinazione. Rispetto al 2005 ci sono stati dei lievi miglioramenti di cui la diminuzione degli attacchi è una testimonianza. Ad alleviare gli aspetti più drammatici di questa emergenza è stata sicuramente la pressione della comunità internazionale. Detto questo, il sentimento di insicurezza è onnipresente.

Vita: E l?Italia che fa?
Ranieri: Il nostro Paese si sta impegnando su tutti i fronti, in particolare esercitando forti pressioni affinché i protagonisti del conflitto si impegnino davvero per il dispiegamento della forza mista. Al di là dell?emergenza, la diplomazia sta riflettendo anche sulla sua fase post conflict. Oltre al problema delle compensazioni ai civili, all?origine dei dissensi in Darfur c?è la questione della terra. Il problema è tanto più cruciale e complesso che molti sfollati presenti nei campi vedono le loro proprietà terriere occupate da nuovi arrivati. Il loro ritorno nei villaggi si preannuncia quindi estremamente difficile. Presto o tardi questo scoglio andrà affrontato seriamente e la comunità internazionale non potrà permettersi di trovarsi impreparata ancora una volta.

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