Welfare

Ma in Italia i leader dove sono?

di Redazione

di Paolo Branca
In questi articoli, pur interessanti e talvolta divertenti, comunque sempre critici e brillanti, c’è un grande assente, e non credo che tale carenza sia affatto casuale. Nessuno ha parlato di leadership o di leader nel contesto migratorio. Tutti si sono concentrati sui Paesi d’origine: cosa siano e come siano gestite l’autorità e il potere in Medio Oriente, in Nordafrica o nel Pakistan le ragazze e i ragazzi di «Yalla» sembra lo sappiano abbastanza bene. Meno chiaro è quello che succede qui? e del resto anche per un italiano sarebbe difficile districarsi tra incarichi, ruoli, carismi presunti o reali non solo di personaggi politici in senso stretto, ma anche più in generale di tutta la gente che conta in Italia.
So che pochi dei giovani di «Yalla» frequentano gruppi islamici organizzati, il che è già un dato di per sé significativo. Evidentemente non se ne sentono rappresentati.
Tra imam importati e paracadutati in Europa, maestri improvvisati senza vere qualifiche e italiani convertiti più realisti del re, c’è in effetti ben poco da stare allegri. Non mi pare, tuttavia, che ci si possa consolare pensando semplicemente: «Noi siamo diversi. Non abbiamo nulla a che fare con “loro”. Il nostro compito si riduce alla comunicazione», e così via? Se le comunità musulmane non hanno ancora saputo darsi rappresentanti che godano appieno della stima e della fiducia dei loro correligionari, il prezzo di questa incapacità finiamo per pagarlo un po’ tutti.
È probabilmente troppo presto, il relativo isolamento o l’autoreferenzialità di certi ambienti rende le cose difficili, le condizioni non sono ancora mature per affrontare in profondità la questione di una leadership islamica nel nostro Paese: ne prendiamo atto, ma non stiamo con le mani in mano. La società civile non è solo il luogo dove si incontrano realtà dinamiche e propositive, ma anche l’arena in cui alcuni stimoli possono essere immessi e determinati semi sparsi. Senza fretta, evitando ogni forzatura, ma anche con la consapevolezza della situazione, di quel che offre e di ciò che invece ancora manca.
«Yalla Italia» è uno specchio in cui molte immagini si riflettono, un luogo di confronto, ci auguriamo possa diventare anche un laboratorio da cui emergano proposte e iniziative su temi cruciali ma ancora trascurati, nello spirito di una sana maieutica socratica: “So di non sapere” è in fondo il primo passo che conduce a ogni nuova conoscenza.

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