Non profit
Ma il piano casa abbatte le barriere?
Regione per regione, ecco come gli ampliamenti possono migliorare la vita dei disabili
Solo cinque regioni hanno introdotto misure per incentivare l’abbattimento degli ostacoli all’accesso degli edifici
Il bilancio è ancora provvisorio. Per tirare le somme del Piano casa servirà, infatti, tempo. Solo metà delle Regioni ha recepito al momento l’intesa che dà il via libera alla realizzazione di interventi di ampliamento delle volumetrie e di demolizione e ricostruzione degli immobili. È possibile, tuttavia, tracciare un primo resoconto. Poco incoraggiante per quanto riguarda le barriere architettoniche.
Su undici Regioni che finora hanno approvato le leggi di attuazione dell’accordo del primo aprile, soltanto cinque hanno introdotto misure per incentivare l’abbattimento degli ostacoli all’accesso di case e edifici. Cinque provvedimenti (Umbria, Lombardia, Valle d’Aosta, Basilicata e Provincia di Bolzano) non contengono riferimenti alla eliminazione di scale, porte o ascensori stretti. La legge 8/2009 della Toscana si limita invece a precisare che gli interventi dovranno essere realizzati nel rispetto delle disposizioni che tutelano la mobilità delle persone disabili. Occorre considerare, tuttavia, che nell’intesa Stato-Regioni non si fa cenno alle barriere, che alcune Regioni hanno già leggi in materia e che ciclicamente stanziano somme per migliorare l’accessibilità.
Le novità più interessanti sono contenute nella legge n. 14/2009 del Veneto. Il riferimento all’eliminazione delle barriere è già nel titolo della normativa. L’articolo 11, entriamo nel dettaglio, prevede che gli interventi edilizi in abitazioni di persone riconosciute invalide ai sensi della 104 (o con invalidità superiore al 75% ai sensi della 295/90) godono dell’esonero totale delle somme dovute a titolo di costo di costruzione. La normativa veneta, inoltre, aumenta da 120 a 150 metri cubi la misura massima di ampliamento della volumetria consentita dalla legge16/2007 per interventi su immobili, sempre abitati da persone disabili, posti in aree urbanistiche sottoposte a limiti inderogabili di densità, altezza, distanze.
Anche il Piemonte ha giocato la carta degli incentivi economici. La Regione guidata da Mercedes Bresso ha fissato una riduzione del 20% degli oneri di urbanizzazione per gli interventi sia di ampliamento che di demolizione-ricostruzione che prevedono l’abbattimento delle barriere architettoniche. L’Emilia Romagna ha previsto, invece, che la pianificazione urbanistica dovrà stabilire degli incentivi volumetrici e altre forme di premialità progressive per l’abbattimento delle barriere. Nel Lazio sarà possibile realizzare alloggi accessibili ai disabili utilizzando il piano terra delle case popolari. Inoltre, il 25% del fondo di garanzia per l’accesso ai mutui potrà essere utilizzato anche per eliminare le barriere.
La Puglia, infine, ha seguito un’altra strada. Ha stabilito, innanzitutto, che l’autorizzazione ai lavori è subordinata alla cessione delle aree a standard (e cioè per verde o servizi pubblici) in misura corrispondente all’aumento volumetrico previsto. Ha previsto, inoltre, che i Comuni utilizzino gli introiti derivanti dalla monetizzazione delle aree (qualora l’interessato non possa cederle) anche per l’abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici.
La politica degli incentivi, dunque, come leva per migliorare l’accesso dei disabili? Paola Bucciarelli, architetto e componente di Hbgroup (team di progettisti impegnati sul tema dell’accessibilità) è scettica. «Ben venga il sostegno economico. Mi chiedo, però, perché si debbano assegnare incentivi per l’applicazione di una legge che già c’è e che andrebbe solo messa in pratica. Si rischia, credo, di dare una risposta burocratica a un problema culturale».
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